Il bel libro dello storico Focardi parte col titolo ammiccante, furbesco, che pare promettere un rovesciamento del giudizio comune, anziché col più pertinente sottotitolo.
L’analisi, alquanto approfondita, inizia ovviamente con “l’infame tradimento monarchico” dell’otto settembre 1943 e la conseguente slealtà verso il camerata tedesco.
Il rovesciamento dell’alleanza trovò concordi sia l'élite militare italiana sconfitta che il variegato mondo dell’antifascismo e persino degli anti-antifascisti, supportati dalla storica antipatia italica verso i germanici.
L'autore sottolinea continuamente le colpe Re e di Badoglio per la loro connivenza ventennale con Mussolini ed il fascismo
sua creatura.
Già poco prima dell’armistizio, sia Churchill che Roosevelt in messaggi radio, ampiamente ascoltati dagli italiani, avevano sottolineato le colpe del vergognoso governo mussoliniano, satellite di Hitler.
Addossando conseguentemente alla responsabilità tedesca ogni crimine commesso.
Implicitamente quest'analisi tendeva ad assolvere tutto il popolo italiano perché aveva subito il fascismo, dato che la vera Italia era stata vittima e non complice di Mussolini.
Tra l'altro gli Stati Uniti dovettero digerire la monarchia italiana su pressione inglese.
Tutto questo ha contribuito alla creazione dello stereotipo, tuttora vivo, del bravo italiano e, assieme al valore della Resistenza, a fianco degli alleati è servito a De Gasperi a rivendicare ad una nazione sconfitta una pace non punitiva, evitando tragiche condanne all'Italia.
Al contrario della Germania che pagò con il suo smembramento anche la colpa d'essere rimasta compatta con Hitler sino all’epilogo.
Non fu mai fatta nessuna analisi critica neppure sul comportamento italiano nelle colonie come a Debrà Libanòs (Graziani) o all’isola di Raab dove fu installato un campo di prigionia antislavo.
Nessuna condanna sul comportamento dei generali Ambrosio e Roatta, responsabili delle forze armate italiane in Jugoslavia, per la loro attività di repressione delle attività partigiane e di guerra ai civili.
Nessuna parola neppure sulla persecuzione antisemita attuata dal 1938.
Secondo Focardi non ci furono colpe tedesche per le ritirate ad El Alamein nel novembre 1942 e sul Don nel dicembre 42 e gennaio 43 ma solo alcuni episodi negativi, senza alcun tradimento, però da li iniziò il disincanto verso i camerati tedeschi.
In mancanza di una Norimberga italiana, inutilmente richiesta dall'infoibatore Tito, si chiuse qualunque attività giudiziaria.
Senza processi, inevitabilmente, trionfò il mito del bravo italiano e, conseguentemente quello del cattivo tedesco.
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