Pubblicato il 15/06/2010 12:00:00
Dalla mitica terra di Norrland, nelle Sette Terre, ci arrivano le avventure di Eothian, un fanciullo cui la malasorte, unita a cattiveria e voglia di sopraffazione di oscuri nemici della sua famiglia, hanno tolto quello che appariva come un avvenire tranquillo ed agiato. Al ragazzo non resta che cercare di costruire da sé il proprio destino, tentando dapprima con il percorso dello spirito, che si rivela inadeguato alla sua indole libera, anche perché Eothian vi trova un ambiente assai poco spirituale, venato di egoismo ed arrivismo che poco si addicono alla fede. Quando la sorte pone sulla strada del ragazzo una compagnia di soldati di ventura, quasi senza indugio, vi si unisce e capisce ben presto la sua vera vocazione. Presso le Aquile di Bohun, questo il nome dell’esercito che lo accoglie, Eothian trova ampia soddisfazione alla sua voglia di avventura e di ricerca della giustizia e riesce a dimostrare la sua astuzia e il suo valore in svariate occasioni. Un romanzo, questo, destinato ai lettori più giovani e sognatori, appartiene al genere fantasy ma la storia è tutta solidamente ancorata alla realtà, non avendovi nessuna parte il soprannaturale o il magico, che in genere si riversa a piene mani in questo genere di narrazioni. Al contrario, l’autore pone le avventure del protagonista in un contesto realistico, il romanzo infatti gode di una veridicità che lo rende solido, e, senza essere prevedibile, porta il lettore a legarsi con Eothian e a proseguire la lettura con partecipazione e con il sottile dubbio se quanto letto è frutto di fantasia o di cronaca. L’altro elemento che suscita questa sensazione di realtà è la precisa meticolosità con cui Nebbia, l’autore, ha costruito le Sette terre, territorio che ricorda l’Europa centrale, (o, se vogliamo, la Terra di Mezzo di Tolkien) coi suoi abitanti, le sue leggi, religioni e fatti, collocando il tutto in una sorta di Medio Evo - ancora Pagano - con una sua Storia e un suo divenire dotati di una verosimiglianza degna di un trattato storico. In effetti sarebbe stato assai semplice situare la vicenda in un periodo ed un luogo tratti dalla realtà e confondere il tutto con un po’ di magia e qualche forzatura, invece Nebbia, prima costruisce un ambiente, strutturato in maniera esemplare e poi vi colloca il suo racconto e lo fa con esemplare bravura e senza facili scorciatoie. Certo, in alcuni tratti la struttura ricalca fatti storicamente noti, come gli attacchi dei saraceni, o le scorribande piratesche, ma l’abilità del narratore riesce a dare al tutto una notevole coesione e rende intatta l’impressione di leggere di un mondo fantastico, perché frutto di fantasia, ma non stucchevolmente o palesemente falso. Il fluire della vicenda è narrato con fare delicato ed elegante, con un periodare snello e semplice, in cui le descrizioni di Norrland, la sua storia e i suoi usi sono armonizzati perfettamente nel contesto. Anche quando Nebbia si sofferma a descrivere le armi in uso, le tattiche guerresche o le fortificazioni lo fa in maniera armonica col racconto senza dare l’impressione di fare una lezione al lettore, ma in maniera tale da aggiungere alla storia coloriture che la rendono anche istruttiva. Il romanzo procede con garbo e ottima tenuta sino al finale, aperto, – cui fa seguito una secondo romanzo (Ritorno a Norrland) – che non lascia la situazione in sospeso, ma coagula alcuni elementi raccolti nel corso della narrazione e perché tutta la costruzione così esemplare di un mondo non si può certo esaurire nelle 237, leggerissime, pagine di questo romanzo. La lettura pare rivolta ad un pubblico giovane, che potrà trovare di che svagarsi senza bagni inusitati di violenza o senza ricorrere a saghe di importazione, traendo spunto per fantasticare da qualcosa che ha le stesse nostre radici e le cui vestigia sono tuttora sotto i nostri occhi. Tuttavia anche il lettore più adulto e disincantato potrà trarre qualche ora di svago in un romanzo che vanta una storia perfettamente ideata, esposta con serietà e bravura.
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