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Il figlio

di Stefano Colombo
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Pubblicato il 27/12/2015 11:50:31

La calda aria d’estate era più soffocante del normale, Luglio metteva a dura prova la resistenza di qualsiasi persona vivesse nella piccola cittadina di Lienbrj.

Una torrida cappa di calore muoveva i propri tentacoli in ogni anfratto, senza nessuna eccezione: i quaranta gradi che si depositavano sulla pelle rendevano pesante ogni movimento.

Il giovane Rember, oltre a sopportare questa temperatura arsa, era sottoposto a critiche e rimproveri dei propri genitori: “perché non esci a giocare?” “Trovati qualche amico, non puoi restare sempre in casa” “non hai nessun gioco, perché non sei come gli altri”.

Un giorno sua madre gli si avvicinò e dopo averlo guardato negli occhi disse “Oggi andiamo a fare un giro insieme, ti porto da un mio amico”. Suo figlio non la degnò di una risposta e continuò a far roteare una piccola penna tra le mani, osservandola animatamente e perdendosi nei suoi movimenti.

La madre infastidita dal comportamento di Rember, poco rispettoso a suo avviso, lo strattonò per il braccio e contro la sua volontà lo fece salire sulla macchina. Lo sguardo del giovane perse ogni sprizzo di energia e vitalità, mentre scrutava svogliatamente il paesaggio dal finestrino della macchina.


Il pomeriggio precedente i suoi genitori avevano avuto un’ardua discussione sui comportamenti tenuti da Rember: “è il diverso e a scuola non ha alcun amico, è il peggiore della classe” affermò la madre rivolgendosi al marito.

“Magari è solo un periodo di passaggio, una cosa momentanea” cercò di rassicurarla l’uomo, sebbene la voce tremolante e insicura tradisse il suo reale pensiero sulla questione.

“Dobbiamo fare assolutamente qualcosa” la donna era categorica “ne va della salute di nostro figlio, sono certa che non può vivere bene così” scoppiò in lacrime per la disperazione e per l’enorme stress che aveva accumulato fino a quel momento. “Frequenta la quarta elementare e in questi anni non è riuscito a farsi un amico, le maestre dicono che è al di sotto della media. Va bene avere un figlio un po’ stupido, ma almeno che possa vivere felice e insieme agli altri” si sfogò la donna, buttandosi tra le braccia del marito.

“Posso chiedere ad un mio conoscente il numero di uno psicologo, mi ha riferito che di questi tempi sono molto ricercati e preparati” l’uomo guardò la moglie negli occhi “andrà tutto bene” con queste parole i due si rasserenarono, un professionista li avrebbe di certo aiutati.


“Prego si accomodi signora” madre e figlio avevano raggiunto l’ufficio di uno psicologo del paese vicino a Lienbrj “sono il dottor Andt” si presentò con una stretta di mano decisa. “Lei deve essere…” Andt sfogliò alcuni plichi sul proprio tavolo e dopo qualche minuto estrasse un foglio “la signora Rotten, ci siamo sentiti per telefono”.

La donna annuì “si dottore, è proprio una caso urgente della massima importanza!” comunicò ansiosamente, muovendo il corpo in maniera convulsa per l’agitazione.

“Mi ricordo, infatti mi ha riferito” i verdi occhi dello psicologo iniziarono a viaggiare velocemente tra le righe del documento “… che è proprio urgente, ma non ha voluto accennarmi nulla per telefono e ha detto che la questione necessitava di un’alta priorità” il suo sguardo si spostò dal foglio alla donna “ora può spiegarmi?”

“Mio figlio, mio figlio è strano” iniziò il discorso con queste parole, mentre il ragazzino era nella stanza affianco con la segretaria del dottore “non ha amici, non vuole giocattoli normali, va male a scuola ed è stupido” lacrime iniziarono a sgorgare sul volto della donna “io e mio marito facciamo di tutto per lui, deve curarlo dottore, la scongiuro, deve curarlo!” pregò la donna per un intervento tempestivo sul suo amato figlio prima che la situazione diventasse irrecuperabile.

“Quindi il problema è vostro figlio” il dottore iniziò a scrivere su un pezzo di carta “io non sono un esperto dell’infanzia, potrei indirizzarla verso una mia collega molto esperta e competente” si spiegò con chiarezza.

“Deve aiutarlo adesso, immediatamente, se poi è troppo tardi sarà per sempre escluso dalla società” singhiozzò mentre il suo viso era ancora rigato dal pianto.

La donna non voleva sentire ragioni e non ascoltava le parole dello psicologo: voleva solo il bene del proprio figlio e assicurargli un ottimo futuro.

“Va bene, la prego di aspettare un attimo fuori” il dottore fece spostare la donna fuori dal suo ufficio e al suo posto prese in seduta il piccolo Rember.

Dopo circa un’ora il dottore richiamò la madre “Signora, suo figlio è molto acuto e non è per nulla stupido. La posso rassicurare che è completamente in salute” queste parole e lo sguardo sincero del dottore non convinsero la madre “magari possiamo trovarci una volta anche con suo marito se vuole, così ne posso discutere con entrambi” affermò Andt.

“Cosa centriamo io e mio marito, deve concentrarsi su mio figlio. Lei è un incapace” urlò infuriata la donna “ci serve un vero dottore, uno che sia realmente capace di curare!” Le voce altisonante della donna risuonò in tutto l’ufficio e, prendendo con forza il figlio per il braccio, uscì sbattendo la porta alle proprie spalle.

Il dottore rimase amareggiato da quel comportamento: primo perché la donna se ne era andata senza pagare e poi perché aveva visto in Rember un piccolo genio. Andt sollevò un foglio da terra e sospirò meramente “un’opera fantastica per un bambino di quell’età!”


“Oggi andiamo da un bravo dottore” disse la madre di Rember al figlio, che a queste parole iniziò a piangere disperatamente. “Non preoccuparti” la donna cercò di rassicurarlo “questo è molto meglio dell’altra volta, questo dottore è il migliore!” esclamò con forza e determinazione, quasi volesse contagiarlo del proprio entusiasmo.

Rember, tuttavia, continuò a gemere preoccupato e iniziò a scuotere la testa in segno di dissenso; con tutta la forza in corpo si ancorò alla gamba del proprio letto e con decisone non volle abbandonare la presa.

“Smettila di fare i capricci” ordinò imperativa la madre “e ora vieni con me senza fare tante storie” i suoi occhi si tinsero di rabbia e con la stessa ferocia strappò il bambino dal suo appiglio “lo faccio per il tuo bene” sentenziò aspramente.


Un’ampia sala con le pareti bianche immacolate accolse Rember e la madre, che fu subito soddisfatta dell’ambiente in cui si trovavano. Una dolce infermiera li ricevette e invitò loro a sedersi durante l’attesa, in quella sala d’aspetto così professionale.

Da una porta in fondo alla stanza apparve un uomo dalla statura possente, avvolto nel suo candido camice. Il suo aspetto era così elegante e autoritario, che conquistò immediatamente la donna. “Signora Rotten, la prego si accomodi” la voce del dottore riverberò con vigore nell’aria.

La donna spiegò la situazione al medico in ogni minimo dettaglio “dottor Zepam c’è qualche speranza?” chiese non vedendo un barlume di speranza in fondo a quel tunnel oscuro.

“Signora c’è sempre una soluzione” rispose orgoglioso “in fin dei conti dobbiamo solamente portare suo figlio da uno stato A negativo ad uno B positivo” il medico estrasse una cartellina da un cassetto e la porse alla signora “ci sono molti modi per giungere al nostro obiettivo. Legga il contenuto di quel fascicolo: è una cura sperimentale e innovativa, diciamo pioneristica nell’ambito medico, creata da me con alcuni colleghi”.

La signora ispezionò velocemente il contenuto del plico “Ma funziona?” in realtà non aveva capito quasi nulla, ma non importava dato che il medico le aveva assicurato una soluzione efficace.

“Questa cura è stata sottoposta a cinque soggetti e tutti i risultati sono stati soddisfacenti: le garantisco che suo figlio non avrà più problemi”.

Il viso della donna si fece raggiante, si illuminò per la felicità e non riuscì a contenere la propria gioia “Bene, sì… è proprio quello che cercavo” strepitò appagata “quando si può iniziare?”

“Prima dovrò visitare il piccolo Rember e in uno o due giorni possiamo iniziare” si alzò e aprì un armadietto, prelevando un piccolo flaconcino bianco sulla cui etichetta spiccava una piccola faccia gialla e sorridente “con queste pillole andiamo ad intervenire su alcune zone del cervello, in questo modo vedrà cambiamenti in suo figlio. Dopo aver visitato il bambino, le spiegherò la dose giornaliera e la modalità d’assunzione della medicina”.


“Prendi la tua caramellina Rember” la donna porse una pastiglia dalla forma ellittica al bambino “ti vengo a prendere io quando finisci la scuola, a pranzo viene da noi quel tuo amichetto a mangiare?” chiese conoscendo già la risposta, ma godendo nel sentirsela dare da suo figlio.

Rember annuì senza pronunciare altre parole, ma rallegrò la madre per la risposta affermativa.

Il bambino uscì da casa e si diresse verso il pulmino della scuola, che in tutta la sua ingombrante eleganza aspettava alla fermata prestabilita di fronte all’abitazione.

“Ora prende anche il pulmino, prima dovevamo portarlo noi a scuola” disse con occhi pieni di speranza al marito “e poi dopo arriva anche un suo amico a mangiare, non vedo l’ora” esaltata scambiava queste parole con il proprio consorte, che gioiva anch’esso ma in maniera più contenuta.


Il dottor Andt nel suo giorno libero passò davanti ad una scuola e casualmente vide dei bambini divertirsi in cortile durante la ricreazione; con la coda dell’occhio gli sembrò di scrutare il piccolo Rember che giocava spensierato con i suoi coetanei. Non era del tutto sicuro che fosse Rember, ma non poteva nemmeno escluderlo a priori poiché lo aveva visto solo una volta e i tratti del suo viso erano abbastanza generici.

Le tristi parole del bambino gli riaffiorarono nella mente “non gioco con gli altri, non mi capiscono, a loro piace fare altre cose” “non mi piace parlare nemmeno con i miei genitori, urlano sempre e mi sgridano” “a me piace disegnare, da grande diventerò un artista; si come quello che ho visto nei libri di nonna, aveva fatto un’opera bellissima c’erano due tigri ed un pesce, uno usciva dalla bocca dell’altro”.


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