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The Entertainers - Hellzapoppin’

Argomento: Cinema

Articolo di Giorgio Mancinelli (Biografia)

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Pubblicato il 22/07/2012 17:40:27

HELLZAPOPPIN ? – di Giorgio Mancinelli (AudioReview 17 Maggio 1983)

C’ero anch’ io.
Sì, adesso ricordo, alla TV c’era il telegiornale, quello delle nove in punto. No, è stato molto tempo prima, la TV ancora non c’era. Dev’essere stato al cinema, prima ancora che il cinema diventasse quello che è diventato, cioè un delirio di effetti speciali in 3D che ha già stancato il pubblico dei più giovani. Il mio (nostro) cinema era fatto di gag esilaranti, una specie del sideshow, circo, burlesque, freak, e di tutto quanto in futuro non sarebbe usato in uno show televisivo. Peccato la TV ha perso quel treno fin da allora e non si è più ripresa. I nostri sideshow sarebbero stati solo brutte copie di quella che è possibile definire una ‘genialata’ degli anni ’40 intitolata Hellzapoppin’, un film comico, innovativo per l'epoca di produzione, entrato nell'immaginario collettivo internazionale ormai considerato "di culto". Un susseguirsi di situazioni al limite dell'assurdo e del non-sense: il tutto causato dall'improvvisa passione dell'operatore di sala per una donna e la conseguente confusione nelle ‘pizze’ da proiettare. Dicevo, c’era il Telegiornale, quando entra un fattorino con un pianta tra le braccia, un tecnico accende alcune luci di scena, arriva una barella. Subito pensi a un incidente, macché! Intanto la segretaria di produzione parla ad alta voce col regista, quando arriva la madre di Oscar, Oscar, Oscar! Il montatore, addetto alla pellicola, sforbicia un’intera scena di revolverate, che pensi non serva più, ma forse devo aver cambiato canale, mi dico che dev’essere accaduto inavvertitamente, altrimenti? Nel frattempo entrano due donne delle pulizie, carine, mentre una manicure attraversa la scena rincorrendo Gretagarbo, è in quel momento che si sente il primo ‘ciack’ seguito dal megafono ‘si gira!’. Dietro le quinte, no, davanti, insomma sulla scena il fotografo s’abbraccia con ballerino, un certo Alexander Alxandrovic principe russo, rosso di capelli (nella versione a colori, ovviamente).

Penso a una sequenza precedente dove Betty se l’intendeva con Woody, no era con Jeff e suo padre aveva sguinzagliato Jeremy Cheese-Cake, un investigatore. Devo ammettere che la figura dell’investigatore al cinema mi è sempre piaciuta e questo, ce le ha tutte, da Holmes a 007, è comico quanto basta. Intanto c’è un’altra sparatoria, arrivano gli infermieri con la barella e portano via la Betty che si è rotta come una bambola (che fosse una bambola?). Ecco torna la madre di Oscar, Oscar, Oscar!, che si sgola chiamandolo. Tra gli intervenuti c’è un critico del Daily News, e per un momento m’è sembrato d’esserci anch’io (tale era il coinvolgimento). Istantaneamente il macchinista alla camera sposta l’inquadratura sul produttore che blocca la signora Jones proprio quando il regista interrompe la scena. Lo dico un errore. Ma accipicchia, devo essermi distratto, in un primo momento ricordo d’aver visto un uomo con una pianta, che fine avrà fatto? Quando credo di dare un’occhiata alle previsioni del tempo, affatto buone, ecco uno spezzone di un telefilm d’avventure dove Robin Hood incalza gli armigeri dello sceriffo di Nottingham e.. e.. è una parola, come ve lo racconto? Le parole, per dire le gag sono tante che non riesco ad afferrarle in tempo per trascriverle, quando dai titoli di testa apprendo che: «Qualsiasi somiglianza tra Hellzapoppin’ ed un film è puramente casuale». Beh, mi dico, potevano anche dirmelo prima, o no? Ricominciamo daccapo: ci sono due comici di quelli che sanno far ridere (oggigiorno non è poi così facile trovare due comici che sanno far ridere); loro entrano e escono dalla scena, la attraversano, la bucano, aprono una infinità di porte, no in verità è una sola ma sembrano tante, che s’aprono e si chiudono.

Ragazzi che gag, che versatilità, quasi che da soli potrebbero... beh, non lo so cosa potrebbero inventarsi d’altro, fatto è che squassano la scena in ogni fotogramma. In realtà non sono mai da soli, con loro c’è sempre un sacco di gente che va e che viene, che appare e scompare, come ad esempio un fotografo che entra e dice: «Posso prendere un ritratto? Certo, dicono i presenti, e quello si porta via un quadro d’autore dalla parete». La Betty è una stronza, una finta tonta che sa d’essere cretina e la fa di un bene che uno quasi la crede. Quand’ecco torna la madre di Oscar, Oscar, Oscar! Il cameraman la insegue, lei lancia un’occhiataccia che scatena un putiferio: diavoli con tanto di forcone che saltano su avvolti dalle fiamme. Dov’è finita Gretagarbo? –mi chiedo. Che sia alla festa organizzata in casa della Betty? Accipicchia che eleganza di costumi di Ferdinando e le scenografie di Thalia, degne di una tragicommedia all’arancia. Qualche riserva alle coreografie. Però che efficienza quei servitori di scena... Un dialogo tratto dal film riporta la seguente frase: «È proprio roba da matti...in quindici anni che proietto film uno come questo non mi era mai capitato...Questo è un film pazzo!
Eccome! È Hellzapoppin'».


Quanto narrato è solo una parte minima del film, inframmezzato con scene del ‘musical’ portato in scena al Majestic Theatre di Broadway con grande successo il 22 settembre del 1938, e continuò ad essere messo in scena fino al 17 dicembre 1941, per un numero complessivo di 1404 volte, record per l'epoca. La sceneggiatura venne scritta da John "Ole" Olsen e Harold "Chic" Johnson, le musiche e i testi delle canzoni da Sammy Fain e Charles Tobias. estratto dal titolo di un libro degli anni '70 "Il pianeta Hellzapoppin". Poi arrivò il film diretto da H.C. Potter e con attori gli stessi Ole Olsen e Chic Johnson, protagonisti del musical, ma anche Martha Raye e Shemp Howard, divenuto in seguito una pietra miliare della filmografia comica. Il film usa una sorta di campionario di tutti gli errori e le trasgressioni possibili alle regole base del cinema narrativo classico: fermo immagine, spezzoni proiettati a marcia indietro e capovolti, sguardi in camera, attori che parlano con gli spettatori e addirittura l'ombra di un ragazzino nell'ipotetica sala cinematografica che si alza perché viene richiamato a casa, sua madre lo cerca, è Stinky Miller. Innovativo sia nell'uso della pellicola sia negli effetti speciali, il film si caratterizzava per il largo uso di non-sense e ricco di colpi di scena, comicità che rasenta l'assurdo, interventi del pubblico e molta ironia, da rendere l'espressione Hellzapoppin' proverbiale. Il film comparve nelle nomination degli Oscar 1943 per la miglior canzone con Pig Foot Pete (musica di Gene de Paul, testo di Don Raye) ma non si aggiudicò il premio. Nonostante apparisse attribuita al film sia fra le nomination che nel programma dell'Academy, la canzone apparteneva in realtà a Razzi volanti (Keep 'Em Flying) di Gianni e Pinotto, prodotto e distribuito dallo stesso studio di Hellzapoppin', uscito nel 1941 e pertanto fuori regolamento.

Ma qualcuno di voi sa cos’è l’Helzapoppin? All’inizio era il titolo di un film, poi è diventato il nome con cui identificare un intero genere cinematografico che nei Monty Python ed in Mel Brooks trova i suoi massimi esponenti. Il genere mescola le carte della comicità in maniera tale da far perdere qualsivoglia importanza alla trama in quanto tale per focalizzarsi interamente sulle gag e sulle singole situazioni; in generale i film ad esso appartenenti sono degli incredibili minestroni, dei circhi confusi e confusionari in cui alla fin fine sembra quasi impossibile trovare alcun significato che vada oltre il divertimento fine a se stesso!La parola Hellzapoppin' è un misto di significati tra i quali Hell (inferno); zap (esplosione) e pop (o 'popular', ovvero la società). Nella prefazione del libro 'Il pianeta Hellzapoppin' si dava alla parola il significato di "destabilizzazione dell'ordine costituito". Bene lo hanno re-interpretato nel 1982 gli artisti del Teatro dell’Elfo, allora al primo posto nel futuro della commedia musicale (musical) in Italia, dopo il debutto trionfale nel 1981 con “Sogno di una notte di mezza estate” dall’omonima piece di W. Shakespeare, con sovrapposizioni di Gabriele Salvatores e Mauro Pagani in veste oltre che di compositore di interprete delle musiche di scena.

Lo spettacolo, di cui esiste almeno un documento sonoro (*), conteneva più di un motivo d’interesse: dalle trovate comiche più conosciute, come ad esempio, quella dell’indigeno americano a cavallo che chiede dove fossero andati gli "altri" (citata anche da Umberto Eco ne “Il pendolo di Foucault” e da Luciano De Crescenzo nel suo libro “Ordine e disordine”, ascrivendolo ovviamente tra le forze del disordine); al coinvolgimento del pubblico, dall’equivoco ostentato all’azione realizzata con l’ausilio dello schermo. Il gioco era comunque quello del remake sull’idea del musical andato in scena a Broadway e l’irresistibile macchina comica creata ad Hollywood per il film, qualche anno dopo. Su questo background il Teatro dell’Elfo realizzò la propria messinscena puntando, seconda la moda dell’ultima generazione (anni ‘80), al kitsch e il punk-style, nonché alla rivalutazione di un certo teatro leggero italiano scomparso anzitempo che andrebbe ripresa ancor oggi, inquanto invenzione stimolante quanto eclettica, che gli conferisce un carattere ora surreale ora folle, tra la finzione e la precarietà spettacolare che solo Hellzapoppin’ ha saputo creare. Ma il gioco non finisce qui, i brani contenuti nel film “Hellzapoppin'” (1941) “Ending Conga Sequence "Conga Beso" – “Jane Frazee, Martha Raye, & The Six Hits”, “Helzapoppin Hip hop ballet”,“Hellzapoppin' Swing Dance Scene” sono tutti rintracciabili e godibili su YoyTube; mentre le numerose canzoni create da Mauro Pagani e incise dagli Anyway Blues su disco (CGD 20337), completano il divertissement originale quanto eccentrico di Hellzapoppin’. La storia? Sì, c’è una storia di fondo, se così si può chiamare ...beh, che succede? Due giovani si amano, ma lei è promessa ad un altro... quando ecco proprio sul più bello appaiono i titoli di coda ...e dire che ricordo stavo guardando solo il Telegiornale.

(*) Il film inoltre ha dato il titolo ad una nota rubrica radiofonica trasmessa a diffusione nazionale dall'emittente Radio24. Inoltre ha ispirato Dylan Dog in un numero extracollana: Dylan Dog presenta Groucho: ‘Horrorpoppin’, la cui trama è del tutto simile a quella del film, sia per la storia che per il montaggio originale.








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