Pubblicato il 27/04/2010 22:11:00
La poesia di Dimitry Rufolo si distende sul mare della vita, sui fatti e le alterazioni dell’esistere, cercando di raccogliere ciò che ancora ondeggia di buono nella propria e nella altrui esistenza: “[…] / Ci sfioriamo nella ressa della strada / A volte tocchiamo gli stessi oggetti / nei supermercati / ci incrociamo in automobili / […] / Poi dormiamo / negli stessi letti / a volte insieme / negli stessi pensieri / […] Per tutta la vita / Per tutto l’inchiostro di una penna / Per tutto il nostro cammino incerto / […]”, pagina 39, “Le strade della vita”. La poesia è un luogo da cui osservare la compostezza o il dinamismo della natura, intesa sia come esistenza fisica della materia, sia interiore movimento di sensazioni, di immaginazioni e di attese. Il poeta Rufolo investe sull’amore, sulla relazione con un altro da sé, che nel suo caso è appartenente al genere femminile, e nelle dinamiche del vissuto-presente o del vissuto-ricordo trova la parola per agevolare, nel cerchio delle sue esperienze, le sinapsi tra le parti di un mondo che tende alla disgregazione, all’allontanamento, al dia-ballo. Tuttavia Rufolo non perde una sorta di ottimismo che attinge linfa ancora da un terreno d’infanzia, dal quale è scaturita la venuta al mondo del suo albero delle idee, egli è uomo, ma con la giusta dose di puer aeternum, il bambino eterno che mantiene viva la potente gioia di vincere e crescere giocando senza mai accontentarsi del livello esistenziale raggiunto, a tratti permaloso per ciò che non ottiene. Esistere significa scegliere e scegliere significa, lentamente, imprigionarsi dall’altra parte di un mondo che al poeta pare essere quello reale, anche se in realtà si tratta del mondo sognato nei desideri dell’infanzia, quello reale è purtroppo quello in cui realmente si trova e da cui osserva, è il lato del senex, il mondo adulto: “[…] / Sono qui / dall’altra parte del mondo reale / e più che descrivere / le mie passioni / ho l’impressione di scrivere / le mie memorie.”, pagina 41, “Le mie prigioni”. La scrittura di Rufolo sa essere interessante e offrire spunti anche di divertita musicalità e composizione, penso alle poesie “Numbers” o “Posto in prima fila”, ma per onestà di lettura non posso non segnalare una certa sovrabbondanza di lessico che rende il dettato a tratti eccessivamente discorsivo, smorzando, qua e là, l’impeto poetico, tanto evidente in Rufolo. Penso che un maggior rigore nella composizione del verso, porterebbe a Rufolo un più appropriato riconoscimento. Consiglio la lettura di Valerio Magrelli e Patrizia Cavalli.
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