Pubblicato il 01/05/2022 12:36:08
Primo maggio ventiventidue. Di Pasquale D’Aiuto, avvocato. Conosco avvocati che non riescono a reperire clientela, che devono contentarsi di multe ed incarichi ambigui, che si fanno carico delle sempre più alte spese di causa e non chiedono acconti ai clienti perché quelli non cambino parrocchia; che gestiscono una separazione per trecento euro; che domandano a terzi il denaro per poter pagare la propria previdenza obbligatoria, vissuta come una gabella ingiusta, in funzione di un futuro che non esiste. Che non si sentono rappresentati dai propri delegati e, forse, non lo sono per davvero. Ma anche avvocati che hanno goduto delle prebende covid perché non dichiarano che pochi euro all’erario, fregandosene se, così facendo, siano sleali nei confronti dei propri colleghi. (Io stesso, sulla mia pelle, percepisco con dolore e preoccupazione un’avvocatura che esiste soltanto sul vocabolario. Sarò tra i fortunati che riusciranno a versare tasse e contributi? Resisterò? Esisterò?) Conosco medici che non possono godere che di un solo fine settimana libero ogni mese se va bene. Che trascorrono nove notti ogni trenta in ospedale. Che ricevono telefonate anche quando sono a casa – e certo non da pazienti privati. Che non staccano mai, non riposano mai. Che non sanno se potranno godere delle ferie estive. Che non possono organizzare gite coi figli e si sentono in colpa. Che non hanno tempo per la formazione professionale. Questi medici, che salvano vite umane, spesso lavorano in condizioni disagiate, con apparecchiature e strumenti obsoleti; hanno a che fare con un’utenza maleducata, disperata, sospettosa. Sono stanchi, sfiduciati. Sottopagati rispetto agli omologhi francesi, tedeschi, inglesi, americani. Conosco artigiani che lavorano tantissimo ed anche bene. Alcuni disonesti, inaffidabili; molti altri seri e degni di fede. I secondi non riescono a tener dietro ai clienti, lavorano anche il sabato, a cinquant’anni sono fisicamente compromessi e ne dimostrano quindici in più. Questi imprenditori di se stessi lamentano di non riuscire a trovare collaboratori e pupilli perché questi ultimi preferiscono chiedere la paghetta ai familiari e guardarsi le partite sul divano, sazi delle pensioni d’invalidità di qualche anziano e del reddito di cittadinanza – per cui s’ingegnano a dimostrare requisiti inesistenti od a crearli ad arte. Sospetto che più di qualcuno che conosco percepisca l’aiuto di Stato, salvo poi guadagnare migliaia di euro al mese di lavoretti in nero. Vedo caste, in Italia. Non solo nella politica. Inattaccabili, intangibili, fortissime: caste, appunto. Prodigiosamente, pervicacemente attaccate ai propri privilegi. Rappresentate con determinazione feroce nelle istituzioni. Vedo moltissimi giovani parcheggiati all’università sino a trent’anni ed oltre. Spesso, senza nessuna giustificazione. Spesso, iscritti ad atenei lontani da casa, pesando sul bilancio familiare con affitti e spese quotidiane ben più elevati di un qualsiasi mutuo. Spesso, senza risultati tangibili, senza voglia, senza ambizione. Il futuro dell’Italia. Vedo imprenditori alla canna del gas. Vedo fallimenti continui, nel silenzio generale. Di questi, molti sono autentiche truffe, congegnate soltanto per poter lasciare a bocca asciutta i creditori, riaprendo poi con un altro nome e le stesse persone. Vedo lavoratori mandati a casa. Vedo riders di cinquant’anni in bicicletta sotto la pioggia, senza tutele. Vedo i prezzi delle utenze primarie alle stelle e nessuna, NESSUNA politica, da trent’anni, atta a superare il tremendo problema della dipendenza da altri Paesi. Vedo aziende missilistiche e farmaceutiche prosperare. E miliardari divenire ancor più miliardari. Vedo ribollire tensione sociale, depressione, scetticismo, indifferenza. Ciascuno si sveglia al mattino con l’unico desiderio di reperire denaro per campare. In qualsiasi modo. Non ci credo più, alla buona fede ed all’incompetenza. Buon primo maggio.
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