Nel giorno della Memoria
ricordiamo
PRIMO LEVI (1919-1987)
MEDITATE CHE QUESTO E’ STATO
di Nicola Lo Bianco
Liberato nel gennaio del ’45 all’arrivo delle truppe sovietiche, sopravvissuto più per circostanze fortuite che per “virtù” propria , perché nel Lager-sopravvivevano di preferenza i peggiori, gli egoisti, i violenti, gli insensibili, i collaboratori della “zona grigia”, le spie-, ci ha lasciato, con la memoria di quella tragica esperienza, frammenti di storia viva, personaggi, pensieri, sui quali siamo chiamati a riflettere.
Primo Levi, nel tentativo di capire la “logica” del Nazismo, i meccanismi organizzativi, mentali e comportamentali, che rendevano possibile il “sistema Auschwitz”, ci pone di fronte ad una serie di interrogativi inquietanti, che ci riguardano come singoli uomini e come membri di questa società.
Perché il sospetto è che “l’ombra di Auschwitz” non s’è affatto diradata e che permane l’ammonimento di chi ha sperimentato l’umore maligno del nostro secolo:l’impensabile, progettare e scientificamente attuare lo sterminio di un intero popolo e gruppi sociali “indegni di vivere” -è avvenuto, quindi può accadere di nuovo…può accadere dappertutto…perché la deportazione politica di massa, associata alla volontà della strage ed al ripristino dell’economia schiavistica, è centrale nell’economia del nostro secolo-.
Invero, gli scritti di questo strenuo difensore della dignità umana si leggono sussultando, perché i sintomi di quell’ assurda vicenda sembrano riaffiorare come elementi sparsi nella storia e nella cronaca di questi ultimi decenni in tutto il mondo:il potere che ricorre alla tirannia e al terrore, le vittime innocenti, l’esclusione, la diffusa “violenza inutile”, il fanatismo, l’intolleranza…
E’ perciò impegno quotidiano riaffermare la fiducia nell’uomo, perseguire instancabilmente l’impegno -contro l’inquinamento del senso etico e l’assuefazione alla degradazione dell’individuo-.
E propriamente alla perdita del profilo umano, al sentire animalesco è costretto il deportato in un mondo concentrazionario che sussiste alla rovescia:-…i professori lavorano di pala, gli assassini sono caposquadra e nell’ospedale si uccide-.
In tali condizioni il comune senso morale è travolto:“bene” e “male”, “giusto” e “ingiusto” sono parole ridicole, spazzate via dal conflitto permanente anche tra le stesse vittime per non perdere il “privilegio”, ad esempio, di una razione di zuppa in più.
I carnefici -non erano mostri…erano esseri umani medi…avevano un viso come il nostro-,il che equivale a dire che a ciascuno di noi, posto in condizioni estreme, può capitare di ritrovarsi dalla parte dell’aguzzino.
Non ci sono uomini buoni o cattivi in assoluto, il nostro comportamento dipende in gran parte dalle condizioni nelle quali siamo costretti ad agire.
Il che ovviamente non esclude, anzi accentua la responsabilità individuale come base della convivenza civile, la vigilante cura da porre riguardo alle strutture sociali che creiamo, al tipo di potere al quale deleghiamo il nostro destino, perché, anche nelle situazioni estreme-una facoltà ci è rimasta e dobbiamo difenderla con più vigore perché è l’ultima:la facoltà di negare il nostro consenso-.
I Lager furono l’applicazione in forma concentrata dell’ideologia nazista, della dissacrazione della vita, della riduzione in schiavitù, -della diffusa violenza inutile, fine a se stessa, volta unicamente alla creazione del dolore-.
Auschwitz è stato il luogo, direbbe il Poeta, della “matta bestialità”.
Ora, chi conosce gli avvenimenti raccontati da un protagonista e testimone oculare come Levi, legge e ascolta con un brivido di paura quanto accade in giro per il mondo, nelle città in preda a violente convulsioni, negli atti del potere, nel comportamento di tanta “gente normale”.
Dobbiamo rimetterci in discussione, rimettere in discussione l’ambiente che abbiamo creato.
Dice Primo Levi a proposito di Rumkoskj, un ebreo infettato dalla sete di potere, complice e vittima dei nazisti, che all’ombra delle SS si elesse “re” del desolante ghetto ebraico di Lodz:-…la sua ambiguità è la nostra di ibridi impastati di argilla e di spirito;la sua febbre(del potere)è la nostra, quella della nostra civiltà occidentale che “scende all’inferno con trombe e tamburi”, e i suoi orpelli miserabili sono l’immagine distorta dei nostri simboli di prestigio sociale-.
Potremmo cominciare col sottoscrivere le parole dello scrittore Pier Vincenzo Mengaldo:-Da Primo Levi ho imparato che non devi mai schernire nessuno, che non devi mai travisare nessuno, che non devi mai ingannare nessuno-.
Nicola Lo Bianco
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