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Un’attestazione di esistenza

Argomento: Danza

di Anna Laura Longo
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Pubblicato il 08/03/2022 17:22:40

Un’attestazione di esistenza nelle apparizioni corporali di Lia Rodrigues

di Anna Laura Longo

Undici performer formati a Rio de Janeiro, nel Complexo da Maré, celebrano la speranza e una gioia di natura combattiva, liberando vigore e intensità. Questo il sunto di Encantado, il nuovo lavoro coreografico di Lia Rodrigues, artista brasiliana nota a livello internazionale per il suo attivismo attraverso la danza. Costantemente toccata dalle disuguaglianze di carattere socio-economico la Rodrigues, volta per volta, porta alla ribalta alcune delle principali incongruenze sociali e politiche, provando con forza a denunciare quelle che sono le scelte improprie, restrittive e il più delle volte inadeguate dei governi, arrivando ad affermare come a tutt’oggi i valori democratici siano distrutti o decisamente in pericolo. Lo spettacolo ha esordito a Parigi, nella Salle Jean Vilar del Théâtre National de Chaillot, durante il festival d’Automne, dall’1 all’8 dicembre 2021 ed è stato riproposto a Poitiers il 10 febbraio 2022 nel Théâtre Auditorium. Il presupposto in sala è offerto da un tripudio di colorazioni adagiate in terra, pronte a dare accoglienza a una varietà di apparizioni corporali che si ammantano di un forte senso celebrativo del vivere e del resistere. Il titolo fa esplicitamente riferimento ad alcune entità tratte dalla cosmogonia afro-amerinda, che vivono tra cielo e terra e al contempo risultano essere intimamente legate alla natura. A prescindere dal valore puramente scenografico, le innumerevoli coperte dispiegate in terra raggiungono immediatamente un alone di dignità ulteriore, trasformandosi in vere e proprie presenze, soprattutto quando apprendiamo che esse stanno a ricordare a tutti gli effetti le coperture offerte ai poveri in strada come protezione. Proprio attraverso tali riquadri di stoffe i corpi si sostanziano e acquistano magnificenza e libertà, privilegiando continue forme di emersione o riemersione.  Tra vestizioni e ritmi incombenti si sviluppa in modo suadente il dettato coreografico, che agevola un’intensificazione espressiva graduale, in cui la prossimità è certamente parte integrante del discorso. Accensione e connessione (tra corpi e spazio) sono due termini che potrebbero descrivere e sintetizzare il messaggio implicito sottostante. La copiosità dei colori conduce a tratti verso un’invenzione di forme anche animali, in cui i corpi nuovamente rispondono a un imperativo saldo di aggregazione. Tutto acquista potenza e fierezza. Si avverte quasi un “odore “di fierezza incombente. Anche i copricapi si immettono nei flussi danzanti, a mo’ di raccoglitori di energia. Quell’energia si dirama dagli arti inferiori, che manifestano un forte ancoraggio al suolo. Le anche rappresentano invece una magica zona di spartizione per il realizzarsi di libere fluttuazioni, mentre le braccia in alcuni momenti cruciali si sollevano nell’atto di lanciare i tessuti e gli abiti sparsi, con estrema propensione a un rilascio di forze liberatorie. Un’apparente polarità sembra disgiungere i corpi in zone distinte. In realtà non si prospetta mai un dualismo ma, al contrario, una vera unificazione nell’impostazione costruttiva: un unicum in vista della creazione di un’insolita area paesaggistica emotivamente impattante. Elaborato nel contesto della crisi sanitaria lo spettacolo promuove e rilancia una prospettiva audace, vale a dire un’aspirazione a una dinamica collettiva, con riflessioni evidenti sul nostro avvenire. Le musiche sono degli estratti di canti di scena dei componenti del Peuple Guarani Mbya, elaborate durante le manifestazioni avvenute a Brasilia nell’agosto del 2021 per il riconoscimento delle loro terre. Ogni istante nel lavoro di Lia Rodrigues è sostanzialmente un’attestazione di esistenza. La sensazione è che il disegno coreografico possa sfuggire a un flusso regolativo stringente, spingendosi invece verso un segno oltremodo aperto e a dir poco ondoso.  Spicca accanto ai colori la dignità degli sguardi che contribuiscono di gran lunga a generare sostanziosità contenutistica. Essi riescono anzi a lasciar scorrere un’indubitabile verità, che si proietta facilmente nelle movenze. Si potrebbe parlare di una lingua naturale corporea che conduce in direzione di una trasparenza e di una “traspirazione” originaria. Quasi una possibilità di conoscenza riassuntiva del mondo, in virtù della quale il movimento diviene pronuncia. Una pronuncia estesa e persuasiva. Non riscontriamo solo un mantenimento, ma uno scorrimento di vita. In tutto ciò la spaziosità ricreata garantisce compattezza e fluidità, caratteristiche queste che possono appartenere evidentemente al nostro esistere, al nostro essere al mondo. Le stratificazioni simboliche divengono dunque una vicenda culturale unitaria. E così si fa strada la possibilità di costruire uno sfondo ideale per delle relazioni possibili e - perché no-  auspicabili. La questione dello spazio si pone qui in termini di “vibrazione” dello spazio stesso e, come già accennato, necessariamente va a generare e incrementare connessioni fluide, trasudanti, esplosive. Encantado è in sintesi uno spettacolo animato da un’urgenza di umanità, per questa ragione il tempo in cui esso va a inscriversi non può essere tenue o insapore. La costruzione architettonica non è altro che una generosa risposta all’esigenza di trasmissione del valore dell’amabilità. Una richiesta di premura per gli individui e per il loro esistere. Si avvertirà un’eco di ciò che si agita e si respira nella favela. In concomitanza con lo spettacolo portato a Parigi si è svolta la presentazione del libro intitolato La passion des possibles (éditions de l’Attribut), disponibile in lingua francese e curato da Isabelle Launay e Silvia Soter. Il volume celebra i trenta anni di carriera della coreografa e della compagnia, muovendosi tra le frontiere della creazione e dell’improvvisazione, descrivendo con dovizia di particolari un quotidiano creativo e tumultuoso, intessuto di relazioni tra le arti (danza, letteratura, arti plastiche), mai disconnesse da un possibile ruolo sociale più o meno sotteso. Si tratterà quindi di affacciarsi sul crinale di una danza che sembra in realtà non avere un compimento, ma un’impronta evolutiva toccante.

 

 

 


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