Pubblicato il 06/04/2010 12:00:00
Un’estate qui, ovvero coi piedi ben piantati per terra, nella propria vita, ma la mente, quella, è libera di volare alta nel cielo e proiettare la propria ombra sul futuro. Una scrittura fresca ed inappuntabile per questo libro di formazione che sembra scritto di getto, rincorrendo i pensieri e le riflessioni, nella speranza che quell’innocenza propria dell’età più verde non vada perduta con il passare degli anni. Saccinto ci conduce lungo la narrazione nei meandri della sua mente, fa vivere al lettore, in diretta, gli spasmi di un animo racchiuso dentro un corpo in crescita, che non sa se abbandonare o no la dimensione della gioventù per gettarsi a capofitto nell’età matura. L’io narrante del libro trascorre l’estate in questione nel fuoco delle torride giornate pugliesi, a bordo di una Panda, da solo o con gli amici o a fianco dell’amata Mia, tra giri a vuoto o letture che non riescono – più – a risollevare il senso delle giornate. E’ il peso della propria vita che si fa sentire sempre di più, è il doversi decidere a crescere quello che angustia l’autore-protagonista, crescere e trovare un mondo già pronto, senza poterlo modificare, senza potervi apportare qualcosa di personale, qualcosa di scaturito dalla propria mente e dal proprio cuore. Le riflessioni e i pensieri si susseguono a cascata, sottolineate dalla musica amata, e volano alte libere verso i confini della propria esistenza a crearne una inventata ma ben più reale, perché veramente cresciuta dal di dentro e non imposta dall’esterno. Talvolta il mondo è visto come uno sfondo di fronte al quale muoversi, inventando passo per passo il proprio copione, talaltra lo si sente sopraffare la vita del protagonista, come nelle pagine delle belle riflessioni sulla guerra israelo-palestinese. Da un realismo disincantato, a tratti il libro volge verso una certa colorazione psichedelica, dove i pensieri creano un vortice via via più veloce e, mulinando, conducono con sé ogni cosa che circonda la vita dell’io narrante, sino a creare uno spazio vuoto su cui tessere i propri pensieri più reconditi e le proprie ambizioni. Una lettura assai affascinante questo “Un’estate qui”, non un vero e proprio romanzo ma una sorta di diario interiore, dove le riflessioni ed i pensieri si intrecciano ad episodi di vita quotidiana facendo sembrare questi ultimi una specie di fondale, un po’ sfocato, su cui l’autore ricama pensieri ed ambizioni. La paura della perdita dell’innocenza sembra essere la cosa da evitare maggiormente, insieme alla paura di finire triturato nell’anonimato della vita dei più, e allora meglio affidarsi ad una tastiera con la quale edificare un mondo capace di proteggere ciò che esso racchiude ed influenzare ciò che lo circonda. Nella narrazione si intrecciano citazioni dai “classici” con reminiscenza della musica contemporanea, creando una miscela molto attuale e godibile; il libro è da leggere tutto d’un fiato per mantenere intatta quella sensazione di immediatezza insita nella scrittura, quasi una urgenza di dire, che si traduce in una scrittura agile e semplice ma non per questo meno preziosa. L’autore conduce il suo racconto sino alla fine con notevole abilità, senza cadere nel vezzo – comune ad opere di questo genere – di abbandonarsi a linguaggi finto-giovanili sboccati e quasi privi di senso, anzi dà prova di una buona capacità di scrittura, chiara ma non semplicistica, abbastanza colta ma non saccente. Un libro sicuramente da leggere, sia per chi vive le stesse ansie e slanci del protagonista sia per chi, ormai lontano con l’età, vuole dare uno sguardo alla galassia giovanile attuale (per poi accorgersi che non è cambiato poi molto in vent’anni).
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