Mamma, sai cosa voglio fare da grande? - irruppe il piccolo Sandro mentre giocherellava con le posate per non concludere la cena.
Cosa Sandro? Oh si: il medico come tuo padre, non è vero?
No, non voglio fare il medico: voglio afferrare le nuvole e metterle in grossi barattoli colorati. Sì, sì, voglio afferrare le nuvole!
La signora Desartis sorrise imbarazzata. Rivolgendosi ai commensali disse - Vi prego di scusarlo : è solo un bambino. Anche se, presto, dovrà imparare a pensare in maniera più concreta. E dico presto, per evitare che gli insegnamenti e la disciplina familiare precipitino nel vuoto, dando vita a una personalità squilibrata e priva di solidi ancoraggi. Soprattutto in questi tempi così difficili…
Certo Katia, sono perfettamente d’accordo - rispose la professoressa Sileni.
L’educazione deve avere, come dire, la massima presa. Deve inserirsi in un contesto spazio-temporale ben definito. La famiglia e la tenera età del fanciullo sono, diciamo, le coordinate essenziali affinchè il processo possa giungere… Scusate, volevo dire giungere ad una sua attuazione in maniera fecon…
Mamma, hai sentito ciò che ho detto?!!! - gridò questa volta Sandro. - Da grande voglio fare… L’acchiappanuvole! Si dice così non è vero? Non è vero?!!!
Smettila adesso, Sandro! Finisci la tua cena senza inutili chiacchiere. Sono già le diciannove e trenta, quindi tra mezz’ora dovrai lavarti i denti e infilarti il pigiama. Alle venti devi essere a letto! Potrai farlo nei sogni l’acchiappanuvole, se proprio ci tieni. E fa le tue scuse alla signora Lucrezia per averla interrotta: lo sai che è segno di cattiva educazione. Su, avanti: fa’ le tue scuse.
Il piccolo Sandro ammutolì, fissando la brodaglia rimasta nel piatto sulla quale galleggiavano pezzettini di carne simili a relitti preistorici. Il padre, di solito, non interveniva quando la madre lo riprendeva, nonostante non condividesse i bruschi atteggiamenti: era arrendevole.
Sandro, dopo aver levato lo sguardo dal piatto, osservò i commensali che sollevavano ostentatamente i calici. Notò che le donne avevano la curiosa abitudine di trattenere le risate, portandosi le dita alle labbra. Qualche parola sconosciuta attirava la sua attenzione: concretezza, stabilità, ripristino, riequilibrio.
Osvaldo, direttore amministrativo di una nota azienda, gli faceva un’impressione particolare per via della voce roca e delle sopracciglia nere perennemente aggrottate. E, soprattutto, non capiva perché sua moglie continuasse a mangiare con quel colore rosso sulle labbra. In realtà, le picchiettava soltando, riproducendo la comica scena di un film muto. La persona più loquace e sorridente del gruppo era sua madre, sempre pronta a prodigarsi per assecondare le richieste e assicurarsi che le pietanze fossero gradite.
Tesoro, devi andare adesso. Se vuoi, magari, per addormentarti tuo padre potrà terminare di raccontarti la favola di Pinocchio. La parte più interessante, quella in cui il burattino si trasforma in bambino e…
Odio Pinocchio che diventa bambino, è più simpatico il burattino!
E, così dicendo, si alzò mandando giù la sedia con uno scossone, e corse per le scale.
Entrò nella sua stanzetta illuminata da stelline fluorescenti sulla tappezzeria. Chiuse con due mandate la porta, aprì l’enorme finestra frontale e, riprendendo fiato con tutta la capacità dei suoi piccoli polmoni, disse a gran voce:
Luna, te lo prometto: da grande farò l’acchiappanuvole, l’acchiappanuvole, l’acchiappanuvole!
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