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Spartaco

di Andrea Guidi
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Pubblicato il 27/05/2015 11:56:18


A volte le parole non servono; oppure ne servono davvero poche. Guardi negli occhi una persona e cogli tutta una vita.

Qualche anno fa decisi di percorrere la Via Tosco Romagnola dall’inizio (Pisa) alla fine (Forlì) e fare poi una puntata nell’entroterra romagnolo. A scanso di equivoci: no trekking, no mountain bike. Non sono mai stato attratto da avventure di questo tipo!

Auto, cartine del Touring Club (i navigatori satellitari all’epoca erano forse nel pensiero di chi poi li avrebbe inventati), e via, attraversando città, borghi di interesse storico ed artistico, e natura ancora poco sfruttata dal punto di vista turistico commerciale.

A metà del guado, cioè in piena attraversata dell’Appennino tosco-emiliano, arriva l’ora di pranzo. E il destino volle che proprio su un impegnativo tornante campeggiasse l’insegna “Trattoria da Spartaco”.

Ci fermammo; locale bruttino, scarsa igiene, pochissimi avventori. E lui, Spartaco, il proprietario: spiccatissimo accento romano, che non avrebbe perso neppure vivendo cent’anni altrove; capelli bianchi, lunghi, raccolti in una coda sulla nuca; età indefinibile, e due occhi chiarissimi in un viso scavato, segnato da rughe, da pieghe amare, che lasciavano trasparire un vissuto non allegrissimo.

“Abbiate pazienza se dovete aspettare un po’, ma oggi lo chef è svogliato… adesso lo richiamo all’ordine … Marco, dai, mettiti ai fornelli!”

Andando in bagno, passai vicino alla cucina: ai fornelli c’era lui, Spartaco. Era chiaro che lì c’era solo lui: proprietario, cameriere, cuoco… Ma non dissi niente, anche se guardandoci capimmo che io avevo capito che lui aveva capito.

Pagando (pochissimo, per la verità) gli chiesi: “A Spartaco, ma che ce fai qui?” Rispose con tre sole parole: “E’ la vita”. Tre parole che mi hanno accompagnato, incuriosito, commosso, insieme ai suoi occhi tristi e alla sua vita travagliata e dignitosa, racchiusa nel suo sguardo. Una vita della quale non sapevo niente, ma della quale intuivo tutto.

E’ la vita; tornando quest’anno in quel luogo speravo di ritrovarlo. Niente da fare: non c’è più l’insegna, non c’è più il locale pieno di fumo e povero di clienti. Chiedo a una signora che abita nelle vicinanze: “No, se n’è andato tre anni fa”. E’ la vita; è la vita anche quando la vita non c’è più!

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