Pubblicato il 15/05/2015 17:19:32
Quando avevo tra gli otto e i dodici anni – e me ne rendo conto adesso – penso di aver vissuto uno dei periodi più fantastici della mia esistenza. A quel tempo stavamo tutti nella palazzina del mio bisnonno, noto pittore palermitano, vissuto a cavallo fra ottocento e novecento. Quel palazzo era abitato e frequentato da svariati personaggi che erano, rappresentavano, o avrebbero in seguito rappresentato, “qualcosa”, specie in campo artistico e letterario. Ma oggi voglio parlare di quello zio “un po’ svitato” che trascorreva il suo tempo, tra un corso per corrispondenza di radiotecnico e le sue trovate da “archimede pitagorico”. Ricordo che quando ero libero dallo studio gli stavo quasi sempre appresso e cosi assistevo alla sua opera di assemblaggio della radio a galena, che ogni tanto (persino!) funzionava. Allo stesso modo vidi la nascita e lo sviluppo di tanti altri marchingegni che mai funzionarono, se non nella mente del suo ideatore. Tuttavia Emilio o “Ingegnaccio” – cosi lo chiamavamo noi bambini che gravitavamo intorno alla sua ”orbita”- spaziava per” quasi tutto lo scibile umano” e aveva inventato, tra l’altro, una candela ad elettrodo mobile per motori a benzina, che per ovvie ragioni non ebbe alcuna fortuna. Ma il vero “capolavoro”di Ingegnaccio fu la costruzione di un aereo nel giardinetto interno al palazzo. Ricordo che partì dalla progettazione e, dopo aver consultato qualche rara pubblicazione di aeromodellismo e aver fatto degli schizzi di come doveva “essere” l’aereo, ne iniziò senza indugio la costruzione. Io ed altri bambini seguivamo i “lavori” con vorace interesse. Interessantissima la piegatura dei correnti di legno, tenuti in acqua con un peso per facilitarne la curvatura. La costruzione dell’aereo durò, tra varie interruzioni, quasi un anno e ad un certo momento il suo scheletro con le sue centine apparve come d’incanto, non aveva le ali, ma aveva il timone di coda e la carlinga era provvista di sedile, complessivamente l’aereo aveva l’aspetto di un tozzo siluro lungo circa due metri. Un giorno “Ingegnaccio”, montò anche due ruote di passeggino sotto la carlinga e l’aereo sembrò allora proprio pronto a decollare. Ovviamente non mi era sfuggito che un aereo senza ali e senza motore non può volare, senza contare che in giardino c’era appena lo spazio per girarci attorno. Ma Emilio senza saperlo mi aveva fatto un grande regalo, mi aveva fatto volare molto in alto, facendo dispiegare le mie “ali” in quel mondo infinito che è il regno della fantasia. “Ingegnaccio” mi aveva insegnato che l’entusiasmo è un motore potentissimo che riesce a muovere qualunque idea e che nella vita occorre molta fantasia, perché è lei la vera fucina delle idee. Emilio, poi, stette male e non lo rividi per lunghi anni. Penso che, ogni tanto, tutti dovremmo avere una “vite un po’ lenta”, perché sono le “viti allentate” che ci consentono di superare le inibizioni e i pregiudizi culturali, conducendoci per quelle vie in grado di cambiare in meglio i destini dell’uomo.
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