C'era una volta, ora non c'è più, un musicista. Era piuttosto in gamba ma non sapeva né leggere né scrivere la sua musica. Usciva di casa tutte le mattine e si sedeva vicino alla sua osteria preferita, ordinava la colazione. Ad una certa ora cominciava a suonare il suo strumento e con il cappello raccoglieva le monetine per il pranzo, più tardi per la cena.
Passava il tempo ed il musicista diventava sempre più bravo, suonava tutto il giorno, tutti i giorni, nota dopo nota, monetina dopo monetina. Un giorno un ragazzo gli chiese se gli avrebbe potuto insegnare a suonare, ma lui gli disse che non ne era in grado perché non sapeva né scrivere né leggere la musica e il ragazzo se ne andò via triste.
Al musicista andava bene così, non aveva voglia di impegnarsi con allievi o far comunella con altri artisti. Non voleva suonare per compagnie, a lui bastava avere quanto di che sfamarsi e di suonare il suo amato strumento fino a che, come diceva sempre all'amico dell'osteria dove si fermava, non gli si fossero consumate le dita.
Un giorno questo suo amico gli porse la ciotola come di consuetudine, prese dal cappello il dovuto e cominciò a fissarlo in modo pensieroso. L'oste disse al musicista, che non sapeva né leggere né scrivere, che una volta morto nessuno avrebbe più udito la sua musica e nonché fosse oramai sublime, tutti i suoi sforzi per migliorarsi e tutto il tempo dedicato sarebbero andati vani, lui e la sua musica non sarebbero mai esistiti.
Il musicista smise per un momento e guardò il suo amico con aria triste, non seppe come rispondergli e si rimise a suonare.
Quella notte il musico non riuscì a prendere sonno, ripensando a quello che gli aveva detto l'amico, aveva il terrore di ciò che sarebbe successo. I giorni che seguirono lui non suonò e non mangiò, non scese più in strada e non volle vedere nemmeno il suo amico che gli bussava alla porta per regalargli del cibo. Ossessionato dall'idea dell'imminente fine della sua vita e della sua musica, lo trovarono morto di fame nella sua stanzetta da solo aggrappato al suo strumento. Non aveva parenti e aveva un solo amico, il quale addolorato, prese lo strumento e lo incastonò nell'insegna del suo locale che aveva rinominato : L'anonimo musicista.
Molti si fermarono a chiedere come mai il locale si chiamasse così e lui ogni volta spiegava la storia del suo amico, del tempo che aveva trascorso suonando e racimolando i soldi per mangiare e delle infinite melodie che suonava seduto al tavolino. Ma come diceva sempre il locandiere agli avventori incuriositi, non abbandonatevi mai a ciò che vi riesce bene, imparate a fare anche quello che vi costa fatica.
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