Pubblicato il 08/05/2015 17:16:32
Padre “piance”, diceva la badante polacca raccontandoci di come mio padre piangesse di fronte a una fiction in televisione. Pareva che fosse per lui un appuntamento irrinunciabile, posizionandosi sul letto con le orecchie ben tese. Così lo lasciammo vedere la sua fiction dopo aver terminato il pranzo. Fino a quel momento lo avevo visto ancora più distante, lontano dai discorsi, dal capire e dal partecipare. Io non compresi bene se apparve così per colpa della sua malattia, oppure per aver deciso di proposito di non parlare quasi per niente. Di fronte alla fiction piangeva di lacrime indotte, non prodotte da sentimenti suoi, da ricordi suoi, come di solito accadeva, ma da qualcosa di fittizio. Fu tutto un po’ surreale, trovarsi poi a conversare con la badante e la compagna, essersi fatti tutti quei chilometri per andarlo a trovare, riandare via con la sensazione che qualcosa fosse andato storto. Come quegli esperimenti non riusciti, in cui l’impegno era stato messo da parte di tutti ma senza tanta convinzione. Un presagio già avvertito prima di partire, un dolore sordo al bordo del cuore, tra nuvole gonfie di pioggia e la distanza da colmare di anni di assenza. Ma ormai è tardi papà..
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