Pubblicato il 13/02/2021 12:28:20
Di Pasquale D'Aiuto, Avvocato. Tredici febbraio ventiventuno Voglio usare, per una volta, poche parole. Perché la voce è finita, a furia di predicare. Ora o mai più. Siamo passati da un avvocato incapace ad un magistrato. Competentissimo ma pur sempre magistrato. L'idea di base era giusta: affidare il Ministero a qualcuno che conoscesse (in teoria) i problemi del settore per averli patiti da una posizione ben precisa: quella di chi DOMANDA Giustizia. Poteva essere la svolta. Infelice, però, si è rivelata la scelta dell'avvocato: una imperdonabile culpa in eligendo. Ora abbiamo una straordinaria Giurista. Che è, però, l'espressione dell'opposta angolazione. Sarà dura per lei ma sono fiducioso. Spero con tutto il cuore ella ricordi, a differenza di qualche suo collega che non fa onore alla categoria, che la Giustizia vede tanti protagonisti: giudici, avvocati, parti, personale. Tutti uguali. Nessun questuante, nessun arbitro, nessun plebeo, nessun patrizio. Nessun artigiano. Oppure tutti artigiani, cesellatori del Diritto, che è l'immagine che preferisco! E TUTTI sulla stessa barca, che trasporta drammi umani, storie irripetibili, persone, famiglie ed imprese in attesa del futuro: esistenze, in una parola. Nelle NOSTRE mani. Nelle mani di un intero settore, non del solo Decidente o del solo Procuratore. Quindi: in bocca al lupo, Giudice. Bisogna rendere telematica, rapida, inclusiva ma soprattutto UMANA questa Giustizia. Sennò continuerà a non meritare la lettera maiuscola.
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