Mirco davanti alla psicologa, cercava di descrivere il suo disagio mentale, ma lei non capiva o percepiva solo frammenti di ciò che il ragazzo cercava di descrivere accuratamente. Seduta dopo seduta Mirco rielaborava assieme a lei momenti della sua vita dei suoi traumi e di come avrebbe potuto convivere con il suo problema. Il disagio di Mirco, da quello che aveva capito la psicologa era un malessere collegato probabilmente all'infanzia, al modo in cui era cresciuto il ragazzo, e di ciò che aveva combinato. Erano già a buon punto, visto che erano passate solo poche settimane da quando era stato ricoverato in psichiatria. Ma Mirco stava davvero male e a volte guardando gli altri ragazzi che gli sembravano stare peggio di lui, si chiedeva, come mai nonostante quel poco che aveva scoperto su di loro, stavano così male. Secondo lui non ne avevano il motivo e più non capiva più si arrabbiava e stava ancora peggio. Alla psicologa che lo seguiva, disse che aveva perso la speranza di riuscire ad uscire da quello stato e che gli faceva più male assai la fragilità altrui, dei suoi stessi problemi. La psicologa gli diceva di non preoccuparsi degli altri ma di concentrarsi su se stesso e di trovare la fonte del suo malessere. Mirco le aveva spiegato secondo lui più di quanto potesse ricordare dei fatti che lo avevano portato a questo misterioso male, ma non riuscendo a convivere con quest'ultimo cercava man mano di spostare la sua attenzione sui problemi degli altri e di capire come mai questi stavano peggio di lui, questa distrazione gli alleviava la sofferenza, per modo di dire, dal suo inestricabile problema.
Mirco passava la giornata tra la stanza della ricreazione, dove fumava sigarette, alla sua cameretta in fondo al corridoio. Ogni giorno dopo aver preso quei medicinali, che secondo lui non funzionavano affatto, faceva la sua seduta con la psicologa per mettere in ordine un pezzo del puzzle alla volta. Un puzzle che mostrava una figura incomprensibile. La psicologa gli fece notare che se a lui sembrava che gli altri non avessero motivo di stare male, neanche lui aveva un alibi così forte per definire il suo dolore così persistente e profondo. Ma a Mirco sembrava di non farcela più, aveva un fiume di pensieri nella sua testa, una confusione della quale il ragazzo sembrava percepire a tratti un filo logico ma di cui non riusciva a trarre una conclusione e giorno dopo giorno risveglio dopo risveglio il caos vorticoso nella sua mente riappariva colmandolo di disorientamento e di dubbi su ciò che lo circondava e su ciò che percepiva dal mondo esterno. Come se qualcuno lo volesse tenere sempre in inganno, come se una forza di cui lui non conosceva l'origine ce l'avesse con lui. O almeno queste erano le conclusioni a cui era arrivato il povero Mirco.
La psicologa continuava a ripetergli che il problema era un problema interno e che non sussisteva nessun motivo per il quale ci dovesse essere qualche forza “maligna” a tendere così tanti tranelli alla sua mente, secondo lei era solo una forma di psicosi. Ma al povero Mirco non piaceva questa versione, non riusciva a credere di aver perso la testa per colpa sua, lui era cocciuto ed orgoglioso e non voleva considerare questo orribile fatto personale.
Mentre cercava dopo attente riflessioni, tra un turbinio e l'altro, di venirne a capo con l'aiuto delle riflessioni che gli aveva proposto la psicologa, cercò di trovare un compromesso al suo modo di pensare, prima di prendere le redini della sua colpa; cosa di cui difficilmente riusciva a farsene una ragione. La durezza della sua mente, che aveva creato per proteggersi dal malessere, lo aveva reso debole a cambiare punto di vista; a fare quel passo indietro che lo avrebbe tanto aiutato a guarire, come una postura scorretta dà vita a innumerevoli problemi a tutto il corpo, così il minor male aveva alimentato tutto ciò che di negativo poteva esserci nella sua mente.
Mirco man mano se ne rendeva conto, sempre con l'aiuto della psicologa che instancabilmente cercava di riportarlo indietro dal mondo immateriale e innaturale che il ragazzo aveva creato nella sua mente e nel quale viveva ogni giorno dall'esordio psicotico.
La vita, diceva teneramente la psicologa, ci mette davanti problemi apparentemente insormontabili, ma che in realtà andavano affrontati uno alla volta per sbrogliare la matassa e vivere più serenamente. Mirco finalmente decise di affrontare i suoi problemi uno alla volta, con rigore logico, di catalogare le sue esperienze e di trovare un nesso tra un problema e l'altro, trovando il filo conduttore che lo aveva legato al suo malessere, lasciando perdere l'istinto di preoccuparsi dei problemi degli altri e concentrandosi solo su se stesso. Così pian piano il malessere diminuì, lasciando solo una leggera delusione, come se dovesse sfoggiare una cicatrice di cui non andava molto fiero e questo fu solo l'inizio della sua guarigione.
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