Pubblicato il 12/09/2014 08:26:43
Metto sul fuoco l'acqua finché quasi non bolle. Getto a poco a poco la farina gialla. Giro col mestolo finché la farina gialla non assorba tutta l'acqua. Aggiungo poi un pizzico di sale. Giro ancora - piano. Aspetto.
Sei qui, da una distanza che non colmano i miei occhi. È mia la mano o tua? Mi arriva la tua voce. Rimani. Ricordi il nostro riso, il cinema di pomeriggio con i dobus adocchiati già da una distanza dietro il vetro della pasticceria e i film vietati ai minori (dicevamo che avevo già quattordicianni ) e quegli inverni tuoi feroci e struggenti? È mia o tua la voce? Ancora ridi, sorridi come un'imperatrice e piangi - di quel tuo pianto ironico e assoluto che ancora mi spaventa.
E sei, ma nello stesso tempo un'altra - quella degli autori americani e del barone di Charlus - intanto l'eterna sigaretta in bocca - a girare la polenta. Sì, anche il mio cucinino è troppo stretto, e sì, anch'io sognavo di essere la castellana di un irraggiungibile castello. Ne sorrido adesso. Non sono più arrabbiata. Sei stata molto amata e non te n'eri accorta. Nench'io. Stiamo bene qui noi due, in questo spazio angusto da dove ti parlo e tu non mi rispondi. Che tepore, lo senti, tra gli armadietti rossi e questo fumo che piano piano sale? Non so più, in questo spazio non segnato sulle carte - sei tu a essertene andata o io ad averti abbandonata? Rimani. C'è tanto amore ancora. Qui.
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