Pubblicato il 20/03/2015 22:53:27
Limbo
«Una cosa terribile.» Dice. Siamo sdraiati sul manico di una teiera. «Ma lei che dice?» Chiedo. Una teiera arancio scuro, per essere precisi. Guardiamo il cielo. Lui fuma, a tiri di pipa, una coda di gatto. Io faccio bolle di legno cogli occhi, che a una a una rotolano via. Schiocca le dita. «Scudisciate di Vienna.» Dice. Che bello che è. E' innamorato di una fioraia. Io di un vecchio molo, ma ogni volta che c'è in giro odore di vernice, mi prendo una cotta anche per lui. Un tasso suona il violino. «Che giorno era?» Chiedo. Produce note strofinandosi l'archetto sui baffi, per essere precisi. In realtà voleva mangiarselo, ma non riesce a infilarselo in bocca tutto intero. «Coi calzini bucati sulla punta delle dita.» Dice. Un altro frigorifero precipita dal cielo schiantandosi sotto di noi con un fracasso assordante, che sento a stento la musica. Sdrasbraaam. Sulla pianura. Lui è biondo, quasi arrabbiato. Morde la pipa, che indispettita prende fuoco, annerendolo tutto. Annuisce serio, le chiede scusa. Ma niente, starnazza e saltella via. Lui mi prende la mano, se la porta alle labbra; mordicchia nervosamente il polso. «Ti hanno venduto della neve?» Chiedo. Il mio polso, per essere precisi. «Soltan- nnnto a passo di m- Mmh.Arcia.» Dice. «Di che colore?» «Marm- Mmh. O di seta.» «Hai mai visto l'India?» «La radio s'è rotta.» «Posso sfiorarti il collo?» «Ho il n- nnnaso chiuso.» Ho la pelle scura, ma c'è una donna in lingerie dentro di me che è pazza di lui. Mi cresce un diario sotto la giacca, lo prendo con l'altra mano, dò un'occhiata. E' imbarazzantissimo, lo getto via, e colpisco per sbaglio lo zio Luigi [che era giù a far incetta di motori di frigo]. Lo colpisco sulla testa, per essere precisi (Zio Luigi). E lui si strappa una manciata di barba (Zio Luigi). Scoppia a ridere, ricoprendosi di lussuria fritta (Zio Luigi). E fiorisce come un cactus (Zio Luigi). Sdrasbraaam. Altro frigorifero, pieno di ratti a pois. (Lui sta tornando bambino, decrescono anche i denti ancora conficcati nel mio polso sanguinante) «Ma tua madre ha pianto?» Chiedo. «Balbuzie della n- nnnotte.» Dice. (Lentamente. Ora avrà sì e no sedici anni.) D'improvviso si alza a sedere. Portandosi in bocca la mia mano staccata. Si stiracchia. Lui è cieco, ma da quando avrà tre anni gli guariranno gli occhi. Ooh, sarà ancora più bello! Io non ci sarò. Lo amo troppo, mi sto trasformando in una pozza di sedimento scuro, di panna calda. «Potresti implodere quando diventa maggio?» Chiedo. Silenzio. Silenzio. «Una cosa terribile.» Dice. Sono scarnificato fino al vetro. Scarnificato fino al vetro delle costole, per essere precisi.
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