Pubblicato il 05/12/2010 20:38:06
CREDERE NELLA BONTA’ DELL’UOMO
Oramai viviamo in un mondo dominato dalla falsa politica e dalla falsa informazione. Questo non solo in Italia, ma nel mondo, ed in particolare modo nei paesi più evoluti. Sia ben chiaro che l’evoluzione economica non porta sempre una evoluzione del vivere civile. Nei paesi ricchi ci sta chi compera la droga e bottiglie di vino d’annata che costano diecine e diecine di euro. Nei paesi poveri, invece, ci sta ancora chi muore di fame, chi va a raccogliere radici commestibili per cibarsi, chi fatica a trovare una fonte di acqua pura, priva di melma, non contaminata da varie cause, che fornisce il prezioso quanto umile liquido anche nella stagione calda. In questi paesi non esiste una equa ripartizione del reddito pubblico. Fanno uscire i soldi per la guerra, ma non quelli per l’alimentazione, dell’istruzione, della sanità, del vivere civile. Molte persone, addirittura, malvagi sciacalli, speculano sulla povertà e sull’ignoranza di questi poveri disgraziati, solo per trarne un profitto per soddisfare i loro vizi ed i loro eccessi. Molte le associazione per il cosiddetto “terzo mondo”. Ma quanti soldi arrivano veramente a destinazione? Quanti soldi vengono veramente investiti per migliorare lo stato miserabile di queste persone. Ed allora si verifica un altro fenomeno terribile e cristianamente non accettabile da un popolo che si dice civile. L’emigrazione. Intere masse si spostano nei paesi industrializzati perché non ce la fanno più a vivere nel loro. Leggevo tempo addietro che alcuni arrivano in Europa dopo un lunghissimo viaggio in camion o a piedi nel deserto. Molti soccombono durante il tragitto a causa della stanchezza, delle malattie contratte, della fame, della sete. Arrivati nei paesi cosiddetti “evoluti” – in che cosa? – si accontentano del minimo salario e del massimo dell’orario di lavoro, anche pericoloso. Avete mi sentito parlare di “caporalato”? Gente a dir poco disonesta che faceva (e fa) lavorare immigrati al limite della schiavitù. Quello stesso caporalato che sfruttava i braccianti agricoli italiani fino al periodo delle cosiddette rivolte contadine. Per non parlare poi delle donne. Ragazze anche minorenni che vengono avviate alla prostituzione da personaggi senza scrupoli che compiono questi terribili misfatti per comperarsi l’abito firmato, l’auto di grossa cilindrata e la villa con varie camere. Accanto a queste associazioni a delinquere, fortunatamente, sono sorte molti centri di solidarietà che non fanno differenza del colore della pelle, della provenienza geografica, della religione professata, dell’ideologia politica. Con facile filosofia si potrebbe dire che i buoni ed i cattivi si trovano dovunque. Ma sovente è l’elemento di substrato sociale preesistente che può condizionare la vita di questi esseri umani che, a mio avviso, ne farebbero veramente a meno di lasciare le loro capanne, abbandonare le proprie radici per venire non solo in Italia, ma nei paesi industrializzati, cosiddetti pure, erroneamente, civili. Un altro esempio molto vicino ed accessibile. Se una ragazza del terzo mondo viene paracadutata nei giardini del Getsemani, probabilmente andrà a fare la suora, ma se viene paracadutata nei campi vicino alla pineta, molto probabilmente farà la prostituta. Si tratta di sociologia semplice ed accessibile anche al lettore meno preparato e restìo all’immigrazione. In un mio recente articolo dal titolo “Immigrazione e substrato sociale” affermavo proprio questo. Oggi, che stiamo per entrare nel secondo decennio del terzo millennio, non dobbiamo più parlare di solidarietà umana, ma piuttosto di “pari opportunità e di tranquillità sociale.” Quando questi due elementi procedono di pari passo il miglioramento della società multietnica e multirazziale evolve a vantaggio di tutti. E se oggi ad Agropoli, nel Cilento e nell’Europa tutta aumentano i matrimoni tra due persone i sesso diverso, di razza diversa e di colore della pelle diversa, non è certamente un impoverimento della nostra società, ma addirittura un arricchimento. Per inciso, mi sia consentito ricordare al lettore, che quando lo scrivente, nel lontano 1968 andò ad insegnare in Piemonte e cercava casa a Torino, trovava ancora dei cartelli con al margine scritto “non si fitta ai meridionali!” Quindi, una volta combattuta la discriminazione razziale in casa nostra, tra di noi, combatterla anche a livello internazionale non può fare altro che migliorare la società loro e nostra. E se si riuscisse a creare i presupposti per un vivere civile in tutto il mondo, eliminando il concetto di “faccetta nera” di fascista memoria,i risultati sarebbero, a mio avviso, ottimali. Ognuno ha il diritto di vivere nella terra dove è nato. Ha anche il diritto di emigrare, come dovettero fare i nostri connazionali nella prima metà del secolo sorso. Ma vivere tutti con dignità, col sudore della propria fronte, collaborando per una società migliore e non usufruendo della solidarietà intesa come carità, ma delle pari opportunità. Perché solo in tale maniera si possono gettare le basi per una tranquillità sociale cosmica, che non vedrà eroi morti sul campo di battaglia, ma persone di ogni razza, ogni provenienza geografica, ogni cultura, lavorare per il grande progetto universale del vivere in pace.
Catello Nastro
« indietro |
stampa |
invia ad un amico »
# 0 commenti: Leggi |
Commenta » |
commenta con il testo a fronte »
I testi, le immagini o i video pubblicati in questa pagina, laddove non facciano parte dei contenuti o del layout grafico gestiti direttamente da LaRecherche.it, sono da considerarsi pubblicati direttamente dall'autore Catello Nastro, dunque senza un filtro diretto della Redazione, che comunque esercita un controllo, ma qualcosa può sfuggire, pertanto, qualora si ravvisassero attribuzioni non corrette di Opere o violazioni del diritto d'autore si invita a contattare direttamente la Redazione a questa e-mail: redazione@larecherche.it, indicando chiaramente la questione e riportando il collegamento a questa medesima pagina. Si ringrazia per la collaborazione.
|