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Prese

di Piero Passaro
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Pubblicato il 08/03/2015 18:17:12

 

 

L' impulso nervoso arriva al pilota e si dimostra con un movimento non spontaneo e flebile,

non può che esser così : egli non si muove, non parla, è intubato e disteso. E' debole.

Questo spasmo che giunge annuncia : è ancora vivo, può ancora correre.

Sorride.

 

Per tutta la vita il predatore inseguì la sua preda , cacciava per sopravvivenza e correva forte.

Azzanna e non spera , perchè quest'ultima -la speranza- non rendeva vita ma solo morte.

La caccia tra sassi e alberi finisce : il carnivoro può sopravvivere.

Sopravvive.

 

Bloccato sulla spiaggia con i pensieri-proiettili che fischiano sopra di lui ; non può arrendersi il soldato.

Vuole vivere, vuole uscirne, sente l'emozione di giocare a scacchi con la morte. E' arrivato.

Questo paradiso esterno di emozioni lo rende vivo : o uccide o rimane ucciso.

Ansima.

 

Il pilota : "Presto ritornerò in forze e potrò continuare con il campionato. La mia vettura è andata in fiamme, e pensavo di non cavarmela quando ho sbattuto contro un muro a 240 km/h...ma è successo qualcosa di strano. Nel momento più buio, tra le fiamme , ho sentito qualcosa : tra il dolore e la paura ho sentito la vita. E' strano, lo so..ma credo di essermi sentito veramente vivo in quel momento. Volevo sempre vincere ma...non la gara, volevo vincere le fiamme. Uscirne ferito ma vincente. La mia follia mi creò un ring infuocato e rovente, in cui potevo contare solo sull'essere più folgorante e forte per vincere. In cui potevo contare solo sull'essere così vivo."

 

Il predatore : "Quella bestia mi stava braccando in realtà...non sono predatore più di quanto non lo sia lui. Ero nascosto nel cespuglio più grande attendendo il momento giusto. La bestia si stava cibando, o almeno ci provava, con quello che rimaneva di un altro animale attaccato poco prima da un branco di sciacalli. Sarei morto di fame su quell'isola senza cibo, e così dovetti attaccare la bestia. Appena mi vide non credette, sembrava sapesse che era una follia. Quando si scagliò verso di me, me ne resi conto anche io che lo era. Nel momento in cui ci "graffiavamo" a vicenda sentivo la vita scorrere in me. Volevo continuare a vivere, e farlo significava agitare la mia pietra appuntita nel fianco della bestia, continuamente."

 

Il soldato : "Sapevo di essere spacciato. L'intera spiaggia era marchiata da una linea umana di soldati, tutti a circa 10 metri l'uno dall'altro. Passare oltre quella linea, verso il rendez-vous, sarebbe stato per me impossibile. Rimasi calmo e osservai la situazione con il binocolo: finchè non mi sporgevo, loro non avrebbero sparato all'impazzata. La visibilità era scarsa e optai per "strisciare". L'erba era alta, la palude lì attorno mi avrebbe mimetizzato. Erano molto vicini, camminavano avanti indietro per essere sicuri di localizzarmi. Sentivo i loro passi, pesanti come meteore, a tempo con il respiro . Io ero immobile ed ero fango, il mio cuore impazzava. Potevo strisciare pianissimo, stare a contatto con terra,foglie e fango. Probabilmente mi avrebbero visto, probabilmente sarei morto, ma non accadde. Finchè strisciavo , vivevo. Sentì esplodere la gioia dentro di me, tra la tranquillità e il caos che imperavano.

 

Nessuno di loro poteva non provare quelle sensazioni ancora. Nessuno di loro poteva non sentirsi ancora vivo. Quelle emozioni rappresentavano il sentirsi vivo , davano un senso al corpo e alla materia. Le loro personali maniglie alla vita. Sapevano bene di non poter fare a meno di quelle "prese." 

 


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