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Alluvione in città

di Rosa Maria Melchionda
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Pubblicato il 27/02/2015 22:48:29

Alluvione in città

Rosy si alzò presto per studiare,si preparò la colazione e scostando le tendine della finestra della cucina osservò quel cielo ancor più scuro e minaccioso dei giorni precedenti. Lavò la tazza dopo aver mangiato i biscotti con il latte,si posizionò come al solito sull’angolo del tavolo più vicino alla finestra,legò la tendina su un lato per avere più luce ed iniziò a studiare mentre sua madre trafficava ai fornelli ed i suoi fratelli chiacchieravano in camera nei loro letti a castello. Cominciò a piovere.
Ogni volta che distoglieva lo sguardo dai libri,la pioggia era più abbondante,allora si soffermava ad osservare la strada,i giardini,i vasi di ciclamini sui davanzali e tutto si riempiva d’acqua,sempre di più; poi la pioggia diventò un muro grigio che si abbatteva con troppa forza su ogni cosa,Rosy chiamò sua madre che si era spostata nel soggiorno e poi la raggiunse intimandole di guardare fuori. Anna sgranò gli occhi e subito realizzò che dovevano chiudere bene tutte le controfinestre e le tapparelle,sollecitò la figlia di aiutarla,per far presto; andò a cercare degli stracci per chiudere meglio gli infissi ed a quel punto i ragazzi che ancora poltrivano saltarono giù dal letto per dare il loro contributo. Quando anche il mare era così in burrasca da gonfiarsi e sembrare di essere sul punto di entrare dalle finestre infrangendone i vetri, c’era poco da fare: era in atto un’alluvione!
Per fortuna non ci fu bisogno di serrare anche la cucina,lì l’acqua non sferzava le finestre e quelli di casa potevano così controllare l’evolversi della situazione.
Intanto il livello dell’acqua saliva,Rosy e gli altri si preoccuparono molto quando videro lo stradino,che divideva il loro condominio dalla casa colonica di fronte,sommerso da un torrente di acqua e fango che arrivava alle ginocchia! Incredibile! In casa si iniziò a parlare di alluvione e gli speacker alla radio locale confermarono ben presto la notizia.
Nel pomeriggio la bufera di pioggia si attenuò,tornò a livelli accettabili e nel grande silenzio che seguì la fine del terribile nubifragio,si udirono scrosci di scope e scoponi che gettavano l’acqua lontano,voci alterate che imprecavano,sibilo di pale che iniziavano a ripulire.
Arrivarono le notizie su ciò che era accaduto in tutta la città quella domenica e furono notizie dolorose: il fiume Metauro era straripato rendendo impraticabile le vie di comunicazione e nascondendo sotto di sé campi,orti,giardini,piani inferiori delle abitazioni;i sottopassaggi di accesso alla zona mare e alla zona porto erano stati chiusi,trasformati alla stregua di tinozze dall’acqua che non aveva spazi per defluire; ovunque invasione di fango e detriti;garage,rimesse,capannoni,cantine piene di melma fino ai soffitti,con automobili,motorini, biciclette,tricicli,arnesi da lavoro,provviste,ecc. completamente sommerse. Era andato tutto in malora.
Il torrente che scorreva non lontano dal quartiere,l’Arzilla,e che in un certo modo delimitava la zona più centrale della città da quella via via più periferica a nord,si era ingrossato a tal punto da inondare le case fino ai piani alti,costringendo le famiglie a rifugiarsi sui tetti,da dove elicotteri e gommoni dei soccorsi li trassero in salvo.
Pianti,imprecazioni e maniche rimboccate,per riemergere il prima possibile: ecco la fotografia della gente nei giorni a seguire.
Lunedì fu una splendida giornata di sole. Quel sole splendeva lucente nel cielo azzurro come a rendere più visibili i guai in cui ci si trovava. Si lavorò sodo, ininterrottamente,per pulire il fango e liberare le strade, i ponti,i giardini dai detriti, buttare fuori dalle case gli oggetti contaminati e rovinati, piangere per la situazione assurda che ci si trovava ad affrontare, senza mai fermarsi e senza disperarsi.
Il giorno successivo splendeva di nuovo il sole,e si vedeva uno spiraglio di luce anche nel lavoro di tutti per tornare alla normalità;Rosy era avida di notizie riguardo alla sorte toccata alle abitazioni dei suoi amici su nel quartiere; l’unica fonte era per lei Simo,ovviamente,la sua amica del cuore. Seppe che dalla collina alle spalle del centro abitato era scivolato molto fango,si era riversato lungo le vie,scendendo nei garage e nelle cantine. Non aveva risparmiato nessuno di coloro che abitavano a ridosso della collina.
Rosy era dispiaciuta e dopo tanti giorni senza concedersi un’uscita,visto che era piovuto anche nei giorni precedenti all’alluvione,propose all’amica di fare un giro. Voleva vedere qualcosa oltre i confini del suo giardino e della strada nazionale, così,in sella al motorino,le due amiche girovagarono nei luoghi soliti,resi irriconoscibili dalla calamità.
A casa di Simo i danni erano contenuti, fango ed acqua l’avevano poco più che sfiorata, come se avessero trovato un impedimento nell’invadere quell’abitazione. Identica situazione a casa di Rosy … Fortunate in quei giorni terribili.
“ Ho sentito che al torrente se la sono vista proprio brutta. Lì abita Letizia … andiamo a vedere come sta?” propose. Simo fu d’accordo.
Lasciarono il quartiere, seguirono la nazionale per circa un chilometro e imboccarono un viottolo che costeggiava l’argine del torrente. Vi si affacciava una manciata di case, tra le quali quella di Letizia.
La situazione era caotica:gli uomini e le donne erano impegnati,stanchi e fradici,indossavano tutti stivaloni di gomma che affondavano nella melma quasi completamente.
“ Dove andate voi due, di grazia? “ si sentirono chiedere più volte.
“ A trovare Letizia … “ rispondevano, con tono sempre più preoccupato mentre avanzavano con cautela. Ma nel momento in cui realizzarono la pericolosità dell’associazione melma -stivalone-che-affonda, era troppo tardi. Avevano fatto una stupidaggine.
Rosy sentì ribollire il fango vicino al pedalino della motorella, e la motorella si spense. D’istinto ebbe il riflesso di appoggiare i piedi in terra,ma non poteva,si sarebbe sporcata piedi e gambe! Ma se fosse caduta con il mezzo sarebbe stato peggio … si accorse però che non stava cadendo affatto,era in posizione eretta,la stessa che aveva mantenuto arrivando fin lì e nulla faceva presagire un cambiamento. Stupita si girò verso Simo che le urlò,a causa del frastuono,che la sua motorella non andava.
“ Anche a me s’è spento. Ma ti sei accorta che siamo in piedi,bloccate dal fango? Come facciamo ad andar via? Dobbiamo per forza scendere nel fango per spingere via le motorelle! E che Dio ci salvi dalle mamme! “ le urlò di rimando Rosy.
“ Ferme,ferme,ferme! “ udirono entrambe. “Non vi muovete,vi spingiamo noi fuori da qui e vi auguriamo che i motorini rombino di nuovo,altrimenti vi toccherà una bella scarpinata,a piedi fino a casa.“
Le ragazze furono accompagnate fuori da quel luogo e ringraziarono di cuore i signori che si erano offerti di aiutarle e con i piedi sulla terra solida perlustrarono i loro mezzi motorizzati, presero dei bastoni di legno, che trovarono abbandonati a poca distanza da loro,e li usarono per ripulire telaio,pedalino,ruote, ecc. ecc.,nella speranza che poi tutto funzionasse come prima dell’impantanamento. Un paio di colpi all’accensione a vuoto, un po’ di riposo,un altro tentativo e gorgogliando e borbottando i motori si fecero sentire attivi dopo una lunga girata di gas che li spingeva a tutta forza.
Tornando a casa,le due ragazze risero per quella situazione singolare in cui si erano cacciate,risero per sdrammatizzare sulla desolazione che le circondava,risero perché per fortuna davanti ad ognuno di noi c’è sempre il sole che torna a sorgere,c’è sempre il futuro che ci apre la strada per continuare …


11 Novembre 1979 Domenica

(2014)


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