Non c’è altro che luca nel cielo
come il suo nome per terra..
In mezzo ci siamo noialtre
e giovani piedi le orecchie / un velo del corpo
in un luogo che sembra fermarsi
a una cena segreta,
e come in un altra lingua pregare
lo spazio di gioia nella risata
senza alfabeto, che lo innalzi protetto
per farlo addormentare almeno l'erba,
dove piega i lembi della veste
quasi con le palpebre
nei pozzi intraducibili di chi muore
a kurskaya kosà. si racconta
della foresta che danza
lungo le piste di sogni, e di un albero
come un violino, il dentro di un uomo
che viene che va tra gli anelli e ogni volta
aggiunge alla vita un anno di vita
cantando all’indietro, fin dentro il sorriso
liberando il singhiozzo dalla paura
delle sere senza latte sui balcani
di quando ti lavavi, con la paglia
e il fiume, alla conca dei rumori,
era la tua vasca del passato. La ricchezza
ha un luogo in una ciotola, l' orecchio
delle uccelle che siamo diventate
nella somma di ciò che tace,
scorrendo il sangue forte, dentro il fiato
alla conca dei rumori,
nella più piccola dell’appennino di sasso,
può tornare la durata di ogni voce
e nessuna mente, illuminata e più minuta,
tra il silenzio e l’ombra che attraversa
davanti e intorno a sé, senza ossessione,
a un passo dai confini ancora canta
per offrire sulla lingua il taglio della luce
sotto i piedi, nella fessura più divina che si mostra,
di quando abbiamo visto il diavolomortale
di come, in quella pausa, dopo il volo basso
il trauma nominava l’elegia, danzando,
tra gli animali aperti come noi,
sotto il respiro delle rondini
nel cielo occidentale c’è la pace, ora,
scesa a terra, sul pavimento della casa,
delle voci, mentre mangio i semi delle acacie
e nel latte di altre terre lo stupore,
tra l'una e l'altra vibrazione
non c'è altro-
di una piccola gioia che viene per riempirsi
in fondo all’estasi, e non ha misura
il luccicare in una parte della mente,
per non ferirsi - per volare ancora,
con gli occhi d’acqua delle uccelle,
nell’acqua umana di ogni sogno,
come il suo nome qui per terra
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