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Il nostro Segreto

di Glauco Ballantini
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Pubblicato il 17/02/2015 17:14:05

Eravamo arrivati alla stazione ferroviaria di Antignano da via della Salute, proprio di fronte ad essa dopo aver fatto un giro fino al Miramare, dove finiva il paese.

Attraversai il piccolo spiazzo prospiciente alla stazione di corsa per essere il primo ad attraversare i binari, lasciandomi alle spalle la scuola elementare, la casetta di servizio delle ferrovie, mio nonno e mio fratello.

Passata la piccolissima sala di attesa, attraversai i binari; ero già oltre il primo, quando, girandomi alla mia destra, scorsi il treno, d’improvviso che arrivava dalla curva del Miramare per oltrepassare la stazione.

 

Non si sarebbe fermato, né avrebbe rallentato, non era un treno accelerato, come si diceva al tempo dei treni che fermavano a ogni stazione, ma procedeva speditamente. Inclinato, nell’affrontare la curva, sembrava ancora più veloce; le canne che costeggiavano la ferrovia erano sconvolte da suo transito più di quanto non lo fossero per il libeccio che picchiava forte.

Ero là in mezzo ai binari senza sapere se tornare indietro o superare anche il secondo binario e scappare verso il marciapiede di fronte.

Mio nonno e mio fratello erano appena usciti dalla piccola porta di accesso ai binari, basiti, atterriti, ma soprattutto sorpresi.

Perché non avevamo sentito il campanello che annunciava l’arrivo del treno?

Il treno fischiò forte, togliendomi dalla piccola trance in cui ero caduto. Scelsi di superare velocemente anche il secondo binario per raggiungere il marciapiede lato terra.

Il treno argento e verde passò fischiando ancora e portandosi dietro il vento odoroso di ferro, il sussulto e il rumore, dileguandosi verso la via dell’Uliveta e i campi del Casini.

 

Attraversò i binari anche mio nonno con mio fratello, spaventato e scosso.

Non un rimprovero, non una parola per lunghi minuti. Ci mettemmo a sedere, silenziosi, sulla nostra solita panchina a listelli di legno colorati di verde, sotto la pianta di pitosforo.

Non dicemmo nulla a casa, né a mia nonna, né a mamma, per evitare “storie”. Promisi a mio nonno, anzi promettemmo con mio fratello, che da allora in poi, avremmo sempre aspettato lui per traversare i binari.

 

Fu il nostro segreto che mantenemmo per sempre.


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