Osservando il mondo ti si scioglie il cervello.
E sempre quel cervello che torna.
Vedevo ieri sera un’intervista all’appena morto Franco Zeffirelli.
Diceva qualcosa del tipo: “L’Artista è la persona più vicina a Dio”...
Mi trova d'accordo.
A lui spetta raccontare ciò che vede e come lo vede, per far comprendere certe sfumature instabili che può vedere solo chi dentro ad una farfalla ci vede un uragano di latte.
Solo che non è una fortuna, non è un lavoro, è una disgraziatamente fottuta meraviglia che TI IMPONE di doverlo fare. Sei stato creato per quello.
Sei costantemente incinta e abortisci di continuo perché non hai tempo di mettere fuori le tue creature.
Quelle che arrivano, appena fuori dalle tue viscere non sono più tue, sono “OPERE” a disposizione delle coccinelle e degli illuminati, delle madri e dei figli, dei cretini e dei geni.
Parole che restano, che non chiedono fama, che devono correre come i pensieri e come foglie in balia della corrente che scende a valle.
Arterie reticolate di un pianeta liquido che appoggia le sue vene vicino ad uno specchio di acqua che ti lambisce i piedi se ti siedi sulla riva di un ruscello.
Il sangue della terra scorre più o meno color traslucido.
I colori sono i tuoi. Prendili.
A me spetta solo cercare di farteli vedere, annusare, mangiare, trasformarli o solo farti capire che c’è qualcosa da vedere. Servo a questo.
Non è questione di saperlo fare, è questione che qualcuno ti sussurra nelle orecchie qualcosa di un colore che tu devi decifrare e usare una biro per scriverlo.
Quello che esce è quello che tu sei.
Quello che gli altri leggeranno.
Alla fine del sorriso, quando metti il punto, sei daccapo.
Qualcuno sussurra ora... DEVO ANDARE A SCRIVERE.
©Martin Palmadessa - 18.07.2019
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