Pubblicato il 29/12/2009 20:09:00
Carlo, detto Carletto, nasce e cresce in una piccola città della provincia italiana, quando è il momento, considerato “giusto” dalla società, convola a nozze con Vittoria, sposa subìta più che cercata. Ma in realtà il cuore di Carletto è molto più tumultuoso di quel che traspare, e di quel che la società perbenista è disposta a supporre, già, perché il Carletto è sempre stato un po’ irrequieto, e seguendo i passi del suo istinto si è trovato coinvolto in piacevoli giochi con un anziano nobile. Carlo sa che i giochi che fa con l’anziano nobile non sono cosa di cui parlare, non ne può essere fiero come di una conquista femminile, ma gli danno comunque tanto piacere, ed è con grande rammarico che li interrompe a causa di una grave malattia del nobile. In questo agile racconto vi è intrisa tutta la tristezza della vita immersa nell’ipocrisia della provincia, è molto meglio sposare una donna che non si ama, piuttosto che vivere l’amore che si vorrebbe. Il protagonista del libro, è un ragazzo un po’ schivo, rimasto forse ragazzo dentro di sé, piuttosto che l’uomo che desidera essere, anche la moglie durante la loro prima notte lo schernisce dicendogli che “è ancora un ragazzo”, e questo essere ancora un ragazzo è il fardello che Carlo porta nel petto, egli vorrebbe essere considerato un uomo, ma il carattere remissivo e l’eccessiva magrezza lo rendono sempre simile ad un fanciullo un po’ cresciuto. Paradossalmente, quando invece incontra un altro uomo nell’intimità la sua virilità viene salutata con entusiasmo dal partner, in quei momenti Carlo appare come un vero uomo, è chiaro che il poter vivere liberamente i suo istinti, il suo modo di intendere l’amore è l’unico modo affinché egli possa diventare effettivamente un uomo. Non sposando la grassa Vittoria, non passando da apprendista sarto ad operaio, ma semplice manto liberando i suoi istinti, vivendo appieno ciò per cui è nato. Il libro è narrato dal Severini con grande garbo e notevole capacità narrativa, tra le sue pagine si sente il profumo di quell’Italia del dopoguerra che abbiamo perso da un po’, ma che comunque stenta a scrollarsi di dosso quell’aria tetra di bigotto perbenismo che, soprattutto in provincia, tarpa le ali di chi non è conforme alle aspettative. L’autore narra con l’eleganza ed il piglio delle grandi penne del secondo Novecento italiano, la sua scrittura è solida e non ricorre a fronzoli e sotterfugi per tenere attento il lettore, gli basta dispiegare la sua bella voce ed è bello lasciarsi andare alla narrazione, che si sposta agevolmente su piani temporali diversi, sino a mostrarci un Carletto a tutto tondo,con i suoi pensieri le sue pure ma con, forse,una sicurezza, quella dei suoi istinti, repressi ma assolutamente precisi e vivaci. Il libro si chiude la notte di Natale, quando Carlo ha la quasi certezza dell’infedeltà della moglie ma riesce a gettare una vivida e sincera luce dentro sé stesso, e dopo questa presa di coscienza, l’indomani, Carlo riceve la triste notizia che l’anziano nobile con cui tanto piacevolmente si era intrattenuto è spirato, il lettore si immagina che a questo punto Carletto ha tutti gli elementi tra le mani per incominciare a vivere davvero, terminare il suo praticantato e diventare un uomo a tutti gli effetti.
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