Aprì gli occhi e fissò il soffitto. Rimase così qualche minuto, mentre lei dormiva. Poi si voltò, la vide aprire gli occhi, il suo volto si liberava da deboli righe di luce.
«È un po’ che ci penso» disse lui.
«A cosa?»
«Che un giorno non ci saremo più.»
«Un giorno… non oggi» disse lei.
«È che ho la sensazione di non poter cambiare direzione.»
«Possiamo cambiare direzione quando vogliamo.»
Lui chiuse gli occhi, e così continuò a parlare: «Andiamo al mare? Dove morì Diomede.»
«Sì.»
«E domani andremo ancora?»
«Sì.»
«Non lì. Da un’altra parte.»
«Certo.»
«Sono contento.»
«Ora dormiamo ancora un po’?»
«Sì. Chiudo le tende.»
Lui riaprì gli occhi, si alzò, chiuse le tende e si distese di nuovo sul letto. Lei pareva già dormire.
«Posso chiederti un’altra cosa?»
«Sì.»
«Se non ci fossi, che faresti?»
«Ti verrei a cercare.»
«Se non ci fossi più intendo.»
«Ti verrei a cercare, per stare assieme.»
Le accarezzò la guancia e lei riaprì gli occhi un istante. Si addormentarono pensando all’acqua salata che scorre sugli scogli alla morte di un’onda. Immaginavano a modo loro l’odore del sale, invisibile, trasportato dal vento, che sparisce sostenuto da chissà che cosa. Erano la causa di una forza millenaria cui non riuscivano a dare un nome.
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