Incerto confine.
Albertina Bollati, Illustrazioni. Stefano Vitale, Poesie.
Edizioni disegnodiverso, 2019.
La poesia di Stefano Vitale si è sempre mossa su una linea di confine: quella dove l’occasione poetica che possiamo chiamare sensoriale o del mondo incontra la volontà poietica, ri-creativa dell’autore e dove, per opposto vettore, il pensiero, con la sua necessità di com-prendere, di collocarsi, porta il poeta a scandagliare gli orizzonti, i moti, i fatti che gli si offrono. Un cogito ergo video, dove non basta più, astrattamente essere.
Nell’ultima prova di scrittura poetica, dal titolo chirurgico: Incerto confine, Stefano Vitale aggiunge un significativo ampliamento del concetto di limes.
È da dire, innanzitutto, che il volume è una preziosa edizione pubblicata lo scorso novembre 2019 per le Edizioni disegnodiverso curata di Paola Gribaudo che unisce i versi di Vitale ai disegni di Albertina Bollati (in senso anche materico, dove alcuni versi si ripresentano, come aeree didascalie, nel corpo dell’illustrato). Simbiosi già collaudata, con fortunato esito, per un precedente volume di versi del poeta, Angeli, del 2014, ma che qui sembra ancora più stretta e paritetica, come se parole e versi fossero sorti contemporaneamente attorno all’idea che sottende il volume.
Il confine sul quale si muove l’opera è certamente simbolico e polisemico, come nelle corde di Vitale (tra verità e pensiero, tra ombra e luce, tra corpo e il suo riflesso, tra un tempo e un altro tempo ecc.), ma assume qui anche una forte connotazione realistica e concreta, che si rivela fin dalla copertina, magnetica e lieve, dove un’esile figura umana sta aggrappata a un mare capovolto sopra un cielo sbiancato e stellato.
E già dai primi testi Chiudere i porti (p. 8) e Il linguaggio dei muri (p. 12) si fa chiaro il tema che, coraggiosamente, viene affrontato. I rispettivi incipit:
Chiudere i porti e lasciar riposare
le nere coscienze marce di rabbia
merce di scambio di triste rancore
mentre grasse risate dilagano
nelle sudice piazze deragliate ragioni
Non muore
il linguaggio dei muri
messaggi a distanza
di grafiti dispersi
tra coltelli e martelli
Perché “coraggiosamente”? Non certo per la valenza civile dei testi, per il nitore del proprio sentire (ancor prima che del proprio pensare), per i riflessi politici (che, per una distorta e degradata accezione, odorano di ruvidi termini quali divisivi, conflittuali, bellicosi). Questo aspetto può richiedere altri aggettivi, ma il coraggio di dire per un poeta, per un artista è essenzialmente altro, già che il semplice darsi all’arte, a una qualsiasi arte, elogio dell’In-utile, è gesto civile e politico. Il coraggio di dire di argomenti chiari e forti è essenzialmente, a mio modo di vedere, quello di lanciare la parola, «àncora/ che ci viene dal bene», senza deragliare, di condurre il verso sulla fune in equilibrio tra forma e contenuto. Per fortuna questo è capitato frequentemente ed è in virtù di questa capacità di timoniere che Stefano può permettersi di convocare nel dicibile ogni cosa, o almeno anche questa cosa. Esplorare l’impoetico, rendendone chiara voce, è grande merito, è strumento necessario per il poeta. Affrontare l’iper-poetico senza sfiorare la retorica lo è ancor di più. E l’intera raccolta ci dice questo, che l’Autore ha inserito nella sua poetica, ormai riconoscibile e consolidata, anche il tema civile (non è la prima volta, ma qui si fa titolo, emblema, copertina), inserendolo armonicamente, traducendolo, per poterne dare testimonianza, in esperienza di parola:
La chiave è nella Parola
Suono che resta accanto
Colore della pazienza
Distesa sul paesaggio delle ore
Passione e destino senza nome
(p.63).
Nei testi riconosciamo la cifra stilistica di Stefano Vitale, bilanciata tra fluidità e soste, diretta, ma riflessiva, attenta al ritmo nella sua libertà metrica. Alcuni testi a struttura anaforica danno al componimento una qualche valenza canora.
Si notano, in quanto a lessemi e figure, ricorrenti richiami al tempo: unitamente ad un certo numero di richiami negativi o di resa (di limite dell’umano) alcune presenze di bambini pare forniscano il controcanto, l’antidoto, l'alito di vento che spazza, in parte, le nuvole del dubbio e dell’impotenza della ragione. Quasi una figura semanticamente sorella di quella degli ubriachi saggi della penultima raccolta del poeta?
Alfredo Rienzi
gennaio 2020
CHIUDERE I PORTI
Chiudere i porti e lasciar riposare
le nere coscienze marce di rabbia
merce di scambio di stolto rancore
mentre grasse risate dilagano
nelle sudice piazze, deragliate ragioni.
Chiudere i porti e non dover incontrare
l’orrore di occhi naufraghi in mare
di corpi salvati piagati dal sole
stremati da guerre monete sonanti
del nostro silenzio di barbari stolti.
Chiudere i porti alla fuga smarrita
sul mare-sepolcro di cenere e sangue
le ombre dei morti sono gelate
scure radici senza più storia
deserto di muri e orecchie mozzate.
Chiudere i porti del mare che un tempo
fu Nostro, libera onda di luce
ora muro che cresce abisso di sale
specchio scheggiato dal pianto di pietre
posate sul fondo del cielo d’estate.
ALFABETO MUTO
Cerchiamo la parola esatta, àncora
che ci viene dal bene
che ci afferri come un destino.
Cerchiamo la parola esatta, luce
nella piega delle labbra
nel gesto lieve delle dita.
Cerchiamo la parola esatta, argine
che ci renda lo splendore del silenzio
senza vergogna né rassegnazione.
Ma quel che abbiamo è
un alfabeto muto
passo senza cognizione
pieno d’errori
distrazioni, omissioni.
(NON C’E' OROLOGIO)
Non c’è orologio
che batta il tempo in modo esatto
avanzano le lancette seguendo
un ritmo dissonante
lontano dalla giusta cognizione
d’una palpabile certezza
il tempo è altro tempo, fuori dal calcolo
della presunta precisione,
passo sbilenco sull’orlo di un cornicione
sentiamo che qualcosa sfugge
e s’apre una ferita da dove sgorga
il sangue d’una domanda:
“sono io il mio tempo?”
I testi, le immagini o i video pubblicati in questa pagina, laddove non facciano parte dei contenuti o del layout grafico gestiti direttamente da LaRecherche.it, sono da considerarsi pubblicati direttamente dall'autore Alfredo Rienzi, dunque senza un filtro diretto della Redazione, che comunque esercita un controllo, ma qualcosa può sfuggire, pertanto, qualora si ravvisassero attribuzioni non corrette di Opere o violazioni del diritto d'autore si invita a contattare direttamente la Redazione a questa e-mail: redazione@larecherche.it, indicando chiaramente la questione e riportando il collegamento a questa medesima pagina. Si ringrazia per la collaborazione.