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Sipario sulla videocrazia

Argomento: Politica

Articolo di Filippo Ceccarelli (repubblica.it) 

Proposta di Roberto Maggiani »

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Pubblicato il 13/11/2011 14:09:13

[ Leggi l'articolo originale su repubblica.it ]

LA STORIA

Dopo diciassette anni
sipario sulla videocrazia

La staffetta del potere tra due stili agli antipodi: dal Cavaliere imperial-trash al professore con il trolley. E in mezzo un lascito pesante, non solo di crisi economica ma anche di degenerazione culturale

di FILIPPO CECCARELLI

IN FONDO è tutto un problema di forme e quindi, al giorno d'oggi, di sostanza. Per cui nel pomeriggio fatale dell'addio di Berlusconi, sic transit gloria mundi, il pensiero va al piccolo trolley del professor Monti, che l'altro giorno è arrivato a Roma con l'aereo di linea e poi è andato a prendere la moglie alla stazione Termini; e c'è una foto di loro due al binario, gente nei pressi, ma per gli affari suoi, e si capisce che nessuno o quasi l'ha riconosciuto; e viene anche da chiedersi se l'Italia non abbia bisogno di semplicità.

Quando si muoveva il presidente Berlusconi era come la partenza di un circo: macchine blu e macchinette argento, camioncini neri dai vetri oscurati, e registi, producer, sirene e sirenette, guardie di ogni ordine e tipo che giravano con una sorta di borsa antiproiettile con la quale schermavano il corpo del Capo eseguendo una bizzarra e silenziosa coreografia.

E colpisce che ieri il Cavaliere abbia ricevuto il professor Monti a Palazzo Chigi, sede ufficiale della presidenza del Consiglio, e non a Palazzo Grazioli, vero cuore del tardo-berlusconismo in uscita. Questi oltretutto è ubicato a un indirizzo piuttosto impegnativo: via del Plebiscito. Prima Berlusconi abitava a via dell'Anima e all'ora di pranzo gli alleati si presentavano per sperimentare la cucina del cuoco Michele; il padrone di casa era prodigo di cioccolatini, "Prendetene, prendetene - incoraggiava gli ospiti - anche per dopo!". C'era lì anche un magnifico bagno con un oblò che si affacciava su piazza Navona e così i maggiorenti del centrodestra, con i relativi imbucati, non mancavano di fare una passatina anche lì dentro per poterlo poi raccontare in famiglia.
Ma sotto la strada era davvero stretta, mentre da anni la spazio antistante Palazzo Grazioli, oggi transennato e militarizzato, ospita spesso manifestanti e volentieri una specie di corte dei miracoli con personaggi eccentrici in vena autopromozionale, uno pure vestito da Superman. Però i giornalisti non si possono più sedere sulle fioriere sul retro e sul davanti hanno tolto anche la fermata dei bus (si spera da domani ripristinata). Lì dentro, come noto, è accaduto di tutto: il lettone, le trattative, le farfalline, il gatto Miele, le coppe del Milan, la redazione del Mattinale, il "parlamentino", il va e vieni di notturne Smart, Mini e tante altre simpatiche usanze.
Monti invece a Roma scende in albergo che come assicurano i depliant ha una magnifica vista sui fori, ed è vero. Ma è pure vero, da altro più metaforico punto di vista, e specialmente adatto all'attuale passaggio, che quei fori sono in realtà muri sgretolati, colonne a terra, frantumi, rovine, macerie.

Dopo "anni di regno" ha scritto ieri Le Monde Berlusconi "lascia l'Italia come l'ha trovata", e la sintesi suona brillante, ma il sospetto è che l'Italia sia molto peggio, dopo di lui, e soprattutto che stia ancora peggio che nel 1994. Oltre che nei numeri della crisi la degenerazione si rispecchia nelle forme espressive e perfino smaglianti di un potere configuratosi al tempo stesso evoluto e arcaico, non solo perché esercitato da un magnate dei media con tecniche avanzatissime, ma come sospeso nel tempo dei regimi pre-democratici, indifferente alle altrui opinioni, prossimo a un astuto e morbido assolutismo. Condizione inedita e complicata.

Nel 1994 Berlusconi si affermò come il messia del dominio spettacolare che da allora ha cominciato a cambiare l'arte di governo in Italia. Fin dal primo comizio, sulla spinta dell'ideologia pubblicitaria e del marketing introdusse il calore delle emozioni a scapito del ragionamento e l'energia della seduzione contro i motivi e i tempi della persuasione; passeggiava su e giù per i palchi, faceva lo spiritoso, strizzava l'occhietto alle signore come da giovane sulle navi. Ricevuto l'incarico, ritornando dal Quirinale raccolse i baci della folla e promise di fare "cose buone". E a chiunque, sotto le feste, augurava "un mare di coccole".

Un tecnocrate come il rettore della Bocconi può capire fino a un certo punto l'odierna dittatura dell'intimità. Ma Berlusconi ha sempre improvvisato, per lo più colpi di genio, aiutato dalla più incredibile faccia di bronzo. Gli tolsero l'Italia, e se la riprese nel 2001. E qui la faccenda dello stile di comando cominciò a farsi insieme delicata e complicata. Il presidente governava dai suoi palazzi e dalle sue ville. C'era una autentica famiglia reale, e al posto del partito una corte con i dovuti cortigiani, cappellani, maggiordomi, scalchi, giardinieri, guardie, servi, in seguito anche ruffiani e prostitute. Nella cornice tecnologica dei media, che meglio di chiunque lui sapeva controllare, con il pretesto del carisma, presero a riemergere troni, corone, investiture, ordalie, messianismi (Baget Bozzo e la Provvidenza), miracolismi (un milione di posti), culto della personalità (il sole, la luce). Il sovrano intratteneva il pubblico sul suo prezioso corpo, l'ennesima prova che si trattava, come scrisse Franco Cordero, di una "Signoria fiorita fuori stagione". A un dato momento riscappò fuori dal medioevo televisivo addirittura la taumaturgia: a Porta a porta, per risvegliarlo dal coma, Vespa fece ascoltare a un ragazzo, tifoso del Milan, un nastro con la voce del Cavaliere che lo incoraggiava a uscire dalla sua condizione.

Jean Baudrillard fece in tempo a designare tutto questo: "Una specie di pornografia accelerata". In quegli anni il professor Monti tornava in Italia da Bruxelles, s'immagina perplesso. Quando il Cavaliere riguadagnò l'Italia per la terza volta, quello che appariva come paternalismo - soldi brevi manu, assunzioni in diretta, donazioni di massa, opuscoli recapitati a casa - acquistò le tinte cupe di un ostentato populismo con tratti narcisisti e di megalomania. E insieme a un'etica e a un'estetica che Dagospia fa coincidere con il "barocco brianzolo" (però a occhio corretta da un certo gusto imperial-trash), si fissarono nell'immaginario i nuovi tele-rituali del potere: il bagno di folla, lo shopping, la telefonata in diretta, la barzelletta volgare, l'incontro con la scolaresca.
Il bunga bunga, liturgia esclusiva, sarebbe emerso di lì a poco. Un giorno il Cavaliere ordinò di ricostruire il pene che mancava a una statua di Marte presa in prestito dal museo delle Terme. Era un altro segno che il regime personale virava verso la satrapia. A quel punto Tarantini, Lele, Fede, la Minetti e l'Ape Regina erano insostituibili nel suo cuore triste. Impressiona che proprio oggi l'amico Putin, per difenderlo, abbia detto che Berlusconi "ha fatto quelle cose solo per attrarre l'attenzione". In qualche modo può anche essere così. Però, viene da pensare: eh, Dio ci protegga quel trolley e l'anonima compostezza del professore che va a prendere la moglie alla stazione Termini. 



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