Accadde che a Piacenza in un lunedì dopo il ritorno dalla licenza mi senta male ed abbia uno svenimento. Solo una febbre alta (influenza) e un abbassamento di pressione ma, cadendo nel corridoio della camerata, mi rompo i denti.
Ecco accorrere prontamente il (sotto) tenente Caudarini, detto il “Caudillo”, un imboscato con la fissa di fare il “Rambo” che vede finalmente uno scenario di guerra: io disteso in una piccola pozzetta di sangue.
La prima domanda che mi fece una volta rinvenuto fu:
“Ti sei drogato?”.
“No grazie!” gli risposi.
Ambulanza? Macché! Facciamo tutto da soli, siamo militari, cazzo!”
Non vedeva l’ora di essere finalmente operativo, e con un’emergenza per dimostrare il suo mal sopito spirito guerriero. Si organizza e passa all’azione il Caudillo!
La tristissima camerata era al primo piano di un ex convento cadente, adattato in maniera posticcia a caserma. Così sono trasportato al piano di sotto, come si farebbe con un grosso pacco voluminoso. O un cadavere da occultare.
Viene presa una coperta di quelle militari grigio marrone con bande finali bianche ed avvolto in questa, vengo trasportato da quattro commilitoni che mi tirano su dai vertici della coperta.
Due ripide rampe di scale, poi sono adagiato su un furgone verde per l’inizio della pellegrinazione per Piacenza sotto la supervisione del sergente maggiore Campanella, all’opposto del “Caudillo”, disincantato come pochi, un impiegato più che altro intento a piccole ruberie da niente:
“Tanto gli altri rubano di più, quindi…”
Piacenza è città dalle vie strette, e dalle molte curve! Prima tappa all’ospedale militare dove mi fanno un elettrocardiogramma e mi dimettono perché non avevano posto e comunque ero in condizioni di tornare in un’infermeria, che però in caserma non avevamo.
Si riparte così verso l’ospedale civile, dove arriviamo dopo un altro tortuoso percorso, che vedevo sdraiato dietro il furgone. Anche lì elettrocardiogramma ed elettroencefalogramma e assicurazioni che va tutto bene, a parte i denti rotti.
Per il ricovero non era possibile perché ero militare, dovevo ritornare all’ospedale militare.
Ma c’ero stato!
Comunque un altro tentativo fu fatto; di nuovo nel furgone, ospedale militare e nuovo rifiuto. Mi sembrava di essere “il malconcio” che Alberto Sordi porta in giro per gli ospedali romani e che nessuno vuole.
Dopo trattative, seguenti al secondo rifiuto, si riparte per altra destinazione, stavolta previa prenotazione, in un'altra caserma di Piacenza, dove finalmente avevano un’infermeria.
Arrivato a destinazione la prima cosa che faccio, è vomitare, tra le ire degli addetti all’infermeria e la reazione di chi mi accompagnava che provoca quasi una rissa tra di loro.
Passa una settimana, nella quale riuscii a leggere “Croniche Epafaniche” che il mi portò il Brus, e l’influenza se ne va. Per una visita di controllo sono mandato all'Ospedale Militare di Bologna, in psichiatria, con i matti veri e quelli finti che non volevano fare il servizio militare. Altro elettrocardiogramma ed elettroencefalogramma e, dopo la visita odontoiatrica, che certifica che i denti sono rotti, convalescenza a Livorno per una ventina di giorni.
All’Ospedale Militare labronico, poi, prima di rimandarmi a destinazione e dopo aver costatato la guarigione, mi dicono:
“Ci sarebbe da fare un elettroencefalogramma di controllo ma lo facciamo il martedì oggi è mercoledì, non possiamo aspettare una settimana!”
“Ti facciamo un elettrocardiogramma, tanto è uguale!” Così sei tranquillo e puoi tornare al corpo”.
Logica stringente, mi risparmiai di insistere.
“Va bene, grazie”.
Tornato a Piacenza, dopo la malattia e convalescenza, trionfale accoglienza!
“Ah, ma perché non sei rimasto a Livorno? “Non conoscevi nessuno all’Ospedale Militare che ti facesse rimanere lì?”.
“Grazie di nuovo a tutti ”.
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