Per tre anni di scuole medie l’appello era una litania, un laico rosario con il quale cominciava la mattinata.
Durante i tre anni il solito elenco e nessuna bocciatura o ingresso di nuovi alunni.
Allora eccoli di nuovo in rigido ordine alfabetico, per non dimenticare nessuno.
Io ero prima dei fratelli, dopo le lunghe leve del Bechi..
Abbati - Il compagno di banco di due anni su tre. Andavo a casa sua per la lezione, ma anche nel suo cortile a giocare a pallone. Per porte due saracinesche all’inizio della strada condominiale che nessuno rivendicava, l’ideale le tirarci le pallonate. E poi ai pratini della stazione con le porte costituite da giacchetti, o meglio se capitava da un tronco di un albero… o entrambi. Un palo un albero, l’altro il giacchetto.
Una volta mi tagliai un ginocchio su quei pratini grazie ad un fondo di bottiglia rotto nascosto tra l’erba. Suo padre mi portò al pronto soccorso prima di riaccompagnarmi a casa.
Acori - Abitava vicino a me ma non nella stessa strada, era altissima e filiforme, una specie di “ombra della sera” etrusca, mi ricordava la cantante Marisa Sannia….
“C’è una casa bianca che…”
Allegri - Faceva onore al suo cognome, la faccia cicciottella da bambina ma già molto sviluppata, diciamo.
A volte credo mi prendesse un po’ in giro, altre era invece molto carina con me. Come un fratello più piccolo.
Bechi - Alto e magro, seduto nel banco dietro a quello mio e dell’Abbati. Era nel banco da solo perché aveva bisogno di molto spazio, anche per il suo modo di stare non parallelo tra la sedia e il banco che lo faceva stare di sguincio con aria assente e disincantata.
Con i suoi jeans a zampa di elefante e gli immancabili stivaletti numero quarantadue.
Fratelli Berti – Uno per l’altro, i ripetenti. Uno di un anno, l’altro di due. Si erano affezionati. Erano i più adulti della classe, al banco sempre insieme.
Più saggio Rocco, il maggiore, più incline allo scherzo Claudio del quale si ricorda la canzoncina sulla Selmi.
Bozzi – Giocava con me nella squadra di calcio dei Ferrovieri, o meglio lui giocava, mentre io mi allenavo e basta. Ero là giusto per fare numero nelle partitelle al termine degli allenamenti quando da una parte giocavano gli attaccanti e i centrocampisti, dall’altra i difensori titolari la domenica. Così l’azione si svolgeva in prevalenza in una metà campo.
Nell’altra s’intessevano conversazioni che s’interrompevano con l’arrivo della palla.
Cerri – Un tipetto dispettoso, non lo ricordo bene, ma aveva la passione di mettersi sempre davanti quando facevamo le foto ogni anno, o sdraiato o seduto.
Corsi – Una bambina molto tranquilla e riservata, purtroppo morì l’anno dopo la fine delle medie in un incidente col motorino. Non seppi nulla perché alla fine del triennio non rimasi in contatto con nessuno.
Di Meglio – Aveva il nome più lungo della classe Di Meglio Cardone Andrea Giuseppe, ed era preso in giro per quello. La canzoncina diceva, ricordando un ritornello di una pubblicità: “La mattina il pomeriggio a colazione…dimegliocardone!”
D’Ottavio – Un biondo rosso con la pelle bianco latte che diventava rossissimo in faccia quando era interrogato, o quando era impegnato in un’attività sportiva come in palestra o nella corsa, che facevamo nel cortile della scuola sul rettilineo di fianco alla nostra aula.
Dreina – Imponente come una matrona, solo quando aveva i capelli sciolti, era meno evidente la sua mole.
Fiorentini – Al primo banco, davanti alla cattedra, ma per niente secchiona. Di lei mi ricordo che a una festa in casa, durante i balli lenti, rifiutò di ballare con il Bozzi per ballare con me. Che voleva dire? Forse era chiaro, ma non per me.
Comunque ricordo benissimo i suoi capelli a caschetto di quel pomeriggio e i tre minuti di quel ballo.
Franchi – Beh, l’amore delle medie. Sarà stato per il nome, Mari, si con la “i” semplice, oppure per lo sguardo a volte imbronciato e misterioso, i capelli neri e gli occhi castani, il suo essere minuta. Non facevo altro che girarmi dietro, anche se ero al secondo banco della prima fila e lei al penultimo della terza, accanto alla Selmi.
Ricordo che mi regalò un pezzo di stoffa plastificata per foderare un portacarte che costruimmo nelle ore di applicazioni tecniche.
Il portacarte l’ho tenuto fino alla metà degli anni duemila ed è andato perduto in un trasloco.
Era nero con fiori rosa e bianchi e foglie verdi.
Giannotti – Compagna di banco il primo anno. Rossiccia e lentigginosa… il secondo anno, migliorò e il terzo era tra le più adulte. Durante l’ultimo anno era vestita, a scuola, come se dovesse andare in ufficio: camicetta, gonna, tacco medio.
In una foto accanto alla Paladini, d’italiano, sembrava un’insegnante.
Mannina – La bionda della classe, che sembrava svampita. Il suo aspetto la classificava come la maggiorata, in più bionda con i capelli sotto le spalle e la zazzera alla Raffaella Carrà … nell’immaginario doveva essere per forza scemetta. Ma non lo era!
Come Jessica Rabbit, chi l’aveva disegnata l’aveva fatta così.
Marchi – Un fascino sorridente. Sarà stato per quel dente leggermente inclinato che dava al sorriso un fascino particolare, i capelli di media lunghezza neri e mossi. In terza era diventata una ragazza elegante.
Un fascino alla Claudia Cardinale.
Mori – Biondo cestista che giocava nel Don Bosco, lo incontravo, a volte quando andavo alla palestra dei Salesiani a fare pallavolo, dopo aver rinunciato al calcio.
E il calcio, volentieri, a me.
Parini – L’amicizia delle medie, insieme alla Tresconi erano nel banco davanti a me e l’Abbati, e c’era davvero un bel rapporto di amicizia, tutto racchiuso durante le ore scolastiche, ma molto complice.
Si collaborava molto.
Selmi – La compagna di banco della Franchi, per questo la vedevo molto, quando mi giravo per la Mari. Aveva degli occhiali da sole che dovevano essere o Rayban o Lozza e una mole notevole specie se confrontata con la Mari.
Tommasi – Abitava alla fine del viale di casa mia, suo fratello capitò in classe con il mio e cosa importante, fu a casa sua che la Fiorentini m’invitò a ballare.
Solo per quello meriterebbe un encomio.
Tresconi – Come per la Parini era l’amica della scuola, dall’aspetto più riservato rispetto alla Parini, abitava sul viale Carducci in una palazzina indipendente. Esperta di matematica e inglese nel lavoro di gruppo.
Zerri – Faceva coppia di banco con la Dreina. Erano le sagge della classe, mai impreparate. Un po’ sgobbona anche, ma forse sembrava soltanto.
Anche oggi l’appello è fatto, non manca nessuno, ora si può cominciare la giornata!
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