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L’ultimo poeta guerriero - Andrea Zanzotto -

Argomento: Letteratura

Articolo di Stefania Parmeggiani 

Proposta di Loredana Savelli »

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Pubblicato il 18/10/2011 15:14:41

Maestro della poesia italiana del secondo Novecento, antifascista, attivo nella Resistenza veneta tra le file di Giustizia e libertà, candidato al Nobel nel 2008, intellettuale che vedeva nella poesia "la prima figura dell'impegno", Andrea Zanzotto non ha mai interrotto la sua riflessione sul mondo, sulle violenze della Storia, sulla società e sulla politica. Scriveva e il suo linguaggio, a volte difficile, affondava nella realtà e nei grandi interrogativi della società occidentale per poi librarsi e trasformarsi in un messaggio di speranza, in una lode alla realtà e alla libertà.

Non era una scelta, ma una vocazione. Cantilene, filastrocche, strofette avevano esercitato su di lui, fin dall'infanzia a Pieve di Soligno, un'attrazione fatale. "Non in quanto cantate - spiegò - ma in quanto pronunciate o anche semplicemente dette. Ascoltavo il canto interno del linguaggio". E ne restava affascinato nonostante il padre Giovanni Zanzotto, disegnatore e pittore, avesse cercato di educare il figlio prima alle immagini e poi alla musica. La sua vocazione, il suo talento era quello per la parola. Lo inseguì nei suoi studi: infatti, nonostante la scelta delle magistrali per le difficili condizioni economiche della famiglia, da privatista conseguì anche il diploma al liceo classico di Treviso. Nel '39 si iscrisse alla facoltà di Lettere dell'Università di Padova e scoprì Baudelaire e Rimbaud, rimase affascinato dal tedesco che cominciò a studiare fino a leggere in lingua originale, Hölderlin, Goethe e Heine. Fu un apprendistato anche alla vita perchè in quegli anni scoprì che nonostante il Regime molti studenti agivano in modo autonomo e a volte in aperto contrasto. Fu così che nel '42 tenne una "presentazione" di Montale dove interpretò il suo pessimismo in chiave politica ed etica.

Allo scoppio della guerra fu dichiarato rivedibile dal servizio militare per insufficienza toracica e per una forte asma allergica salvandosi dalla chiamata alle armi della classe '21, destinata alla campagna di Russia e di Grecia. In seguito rifiutò di rispondere al reclutamento di volontari organizzati dal Fascio e pubblicò sul numero dieci di Signum, una rivista solo all'apparenza vicino al regime, la prosa Adagio. Partecipò alla Resistenza nelle file di Giustizia e Libertà occupandosi di stampa e propaganda del movimento.

Dopo la guerra e un periodo in Svizzera e in Francia si dedicò all'insegnamento. Nel 1951 la svolta che lo consacrerà definitivamente alla poesia: l'anno precedente aveva partecipato al premio San Babila per la sezione inedita con un gruppo di componimenti che confluirono nella sua prima raccolta: Dietro il paesaggio, legata a una personale forma di elegia, un vivo senso della campagna veneta e a tarde suggestioni ermetiste. Nella raccolte successive,Vocativo (1957) e IX Ecloghe (1962), la poetica di Zanzotto ha una svolta: viene introdotto un io autobiografico pieno di ansie e interrogativi ma c'è anche uno spostamento formale con una lingua simile al sogno, che imita i meccanismi dell'incoscio e si avvicina alla neoavanguardia. Il mondo, tutto intorno a lui sta cambiando: l'Italia è ormai immersa in una nuova realtà industriale e consumistica che a Zanzotto, poeta e intellettuale impegnato, sembra invadente e nevrotizzante.

Nel '68 un'ulteriore svolta. Esce infatti La beltà, considerata dalla critica uno dei maggiori risultati della poesia italiana della seconda metà del XX secolo: gli oggetti esterni, il paesaggio e la natura sono ancora presenti ma appiattiti perchè la realtà esterna è ora distrutta dalla società dei consumi. Tutto è posto in crisi e in discussione e in questo vertice l'unico appiglio è il linguaggio che diventa rarefatto, ammasso di fonemi e balbettii. E' il linguaggio dei bambini, fermo a uno stadio di semincoscienza.

D'altronde in tutta la sua ricerca poetica, anche nelle tappe intermedie in lingua veneta, punto costante è il linguaggio che muta e si deforma ma sempre per riflettere sulla realtà e sull'individuo, soggetto di riflessioni filosofiche ed esistenziali. Al centro, fino al recentissimo Conglomerati, il silenzio della Natura e le violenze della Storia, l'ordine e il disordine. Accanto alla sua produzione poetica, vastissima e ripercorribile attraverso l'antologia che Mondadori gli dedica negli Oscar, il suo impegno civile. Un esempio è In questo progresso scorsoio, conversazione con Marzio Breda pubblicato da Garzanti tre anni fa, in cui il poeta alza la voce per denunciare la fragilità del nostro sistema e delle azioni dei suoi protagonisti. Un ragionamento da poeta-guerriero che toccava tutto ciò che nella sua vita gli era stato caro: il paesaggio, la politica, le utopie, la storia e la fede. Un ritratto dell'Italia, l'ultimo, drammaticamente attuale: "E' un paese dominato da una volgarità fatua e rissosa, inserito senza troppa coerenza e convinzione tra un'Europa invecchiante e le esplosioni demografiche vicine. Come dire che siamo sospesi tra un mare di catarro e un mare di sperma".


(da Repubblica del 18-10-11, sito Internet http://www.repubblica.it/persone/2011/10/18/news/addio_a_andrea_zanzotto_ultimo_poeta_guerriero-23436671/?ref=HRERO-1)



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