Furino era un calciatore della Juventus, non era elegante come Bettega né geometrico, nei passaggi, come Capello. Non era leggendario come Zoff, né bello come Cabrini, e neanche arcigno come Gentile. Non era poi alto e biondo come Morini, non urlava come Tardelli, e non aveva l'eleganza di Scirea. Poi, neanche segnava, come faceva invece Cuccureddu.
Si faceva un culo per tutti e mai la gioia di un gol, non era il suo mestiere.
Quando quasi tutti i suoi compagni erano convocati in nazionale, lui era quasi il solo che non lo era e rimaneva ad allenarsi da solo o con i ragazzini.
La vita da mediano! Certo a Oriali, come canta Ligabue, lo portò ad anche a essere un campione del mondo. Lui no!
Era il meno considerato in una squadra di campioni. E lui campione non lo era.
Era il più sporco alla fine delle partite, i pantaloncini subito macchiati di verde o di fango, i pochi capelli subito sconvolti dalla corsa incessante e la maglietta in disordine.
Una volta, però, accade l'imponderabile. Riuscì a segnare!
E allora le sue fatiche furono premiate in un modo "che era follia sperar". Ed anche lui ebbe la gioia di essere protagonista, e non un semplice portatore di acqua per la gloria altrui...
E si accorse, quel giorno, di non avere un modo di esultare, ognuno ha il suo; lui si trovò impreparato come non lo era in campo.
Non aveva messaggi da mandare sotto la maglietta, non usava al tempo, e poi il messaggio sarebbe stato troppo vecchio, avrebbe dovuto aspettare anni.
Capita di non essere preparati a esultare, così lui lo fece girando felice per il campo, agitando le mani in modo incerto, mettendosele davanti alla faccia, insomma un po' di tutto quello che aveva visto fare agli altri.
Era lui di solito ad abbracciare i compagni goleador, quella volta lo cercarono loro!
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