Poeti (di Torino) in 10 righe - 16. Silvia ROSA
Silvia (Giovanna) Rosa (Torino, 1976) ha pubblicato in versi: Di sole voci (LietoColle Ed., 2010, II ediz. 2012), SoloMinuscolaScrittura (La Vita Felice, 2012); Genealogia imperfetta (La Vita Felice 2014) e Tempo di riserva (Giuliano Ladolfi Ed., 2019). Ha pubblicato, inoltre, libri di racconti (Del suo essere un corpo, Montedit 2010), traduzioni (Italia Argentina ida y vuelta: incontri poetici, Versante Ripido – LaRecherche, e-book, 2017), e-book fotopoetici esaggi (Italiane d’Argentina. Storia e memorie di un secolo d’emigrazione al femminile (1860-1960), Ananke 2013).
Con il suo ultimo lavoro in versi Silvia Rosa conferma la predilezione per una poetica fondata sull’io narrante, tesa via via a superare registri intimistico-diaristici e radicarsi nell’osservazione della dinamica tra realtà e rielaborazione interiore. Una parola che accoglie la propria natura “al femminile”, visita gli snodi della propria vicenda esistenziale, ma resa asciutta e interrogativa dalla riflessione netta fino alla ruvidezza e da una versificazione fluente, precisa, sorvegliata, molto raramente (ma con buoni esiti) lirica.
Agosto, un giorno qualunque
Ti ho portato nella mia borsa
in un sacchetto di plastica bianco
orologio portafogli le chiavi di casa e dell’auto
tutto quello che oggi resta di te.
Ho contato i passi di tua figlia (avanti e
indietro freddo dopo freddo fino
all’ultima stanza numerata senza finestre),
ho raccolto tutte le sue lacrime
ma qualcuna è rimasta in attesa
dietro al vetro in cui stavi, sembravi
come a Natale quando dopo mangiato
ti addormentavi sulla poltrona un poco.
Agosto non è che un mese qualunque
e qualunque era anche questo giorno
‒ non c’è un modo migliore di andarsene,
dicono, né un tempo più giusto, forse ‒,
ma ho pensato al rumore delle presse,
alla catena di montaggio in un tonfo metallico,
allo scoppio improvviso del tuo cuore
un ingranaggio imperfetto in mezzo
alla perfezione d’acciaio delle altre macchine,
ho pensato che non si sono fermate
in questo giorno di lavoro qualunque,
mentre intorno a te una frattura profonda,
una crepa di ghiaccio ha infranto l’estate
e il sole è diventato la luce artificiale pallida
che hai visto un secondo prima che tutto
avesse una fine.
da Tempo di riserva, Ladolfi Ed., 2018, p. 47
Cammino a perdere
E l’impostura viene meno
d’aver creduto al filo teso dei giorni
d’aver creduto io rinnego
lo sguardo concavo
ad accogliere le brevi epifanie di un sì
e ogni attesa, al bandolo del tempo
chiedo venia d’aver creduto il giro
a vuoto – l’inconsistenza del pensiero
destino autentico e pena
d’aver creduto il mondo di parole
d’aver ceduto leggerezza e schiena
all’assedio del futuro e alla resa,
d’aver creduto poco che da qui al sereno
bastasse stare quieta senza sperare
in niente, un passo dopo l’altro
d’aver creduto questo andare
meta e non cammino a perdere.
da Genealogia imperfetta, La Vita Felice, 2014
sms #2
che silenzi mi si incollano addosso, a volte. non di
quelli che ripassi con le dita e si scaldano dove il
sangue preme più forte. ai miei silenzi mancano
gesti, è un esercizio a denti stretti questo
precipitare nell’ansa nuda di parole – ma tanto
dico sempre le stesse cose –, senza mani e oggetti e
uno sguardo uno da raccogliere per esserci di colpo
corpo a corpo mi assottiglio per passare la fessura
delle labbra e invece resto [muta immobile]
mi confondo col bianco sporco delle pareti dei miei
occhi e al centro, al centro nero lupo braccato
che dilata il passo tra battiti d’eco fuggendo – sto(p) –
da SoloMinuscolaScrittura, La Vita Felice, 2012
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