Strappato dal sonno, forse per sbaglio, ma non un sonno tranquillo, cosa era stato?
Una vertigine come un’anestesia, le immagini che corrono rapide impedendo di renderne chiara l’appartenenza, poi colori e tutto che intorno gira con voci sospese, distorte, irriconoscibili pure sapendo a chi attribuirle.
Quanto è durato quel frastuono di rumori e colori?
Ora però pian piano svanisce, ecco arrivare il nevischio che subito comincia a diradarsi. Gli occhi ancora non si aprono, non per mancanza di volontà ma contro di essa: pesantissime palpebre. Ancora per poco, però, la volontà ha lentamente la meglio, ma è difficile.
Sono su una superficie bianca e liscia, dove sono finito?
La faccia rivolta di lato e la mano che tocca la superficie che vedo ma non sento, provo a muoverla ma nulla, ancora non risponde.
Sì, ora sì, però non si alza, resta anche lei cosciente ma non animata. L’altro braccio non lo vedo e lo sento poco, dietro di me, forse per quello. Non vederlo non aiuta!
Ecco, pian piano comincio a sentire anche lui. Un breve censimento, un appello delle parti del corpo, chi sento e chi no. Mancano le gambe, le sento ma non le muovo, aspettiamo che rispondano, mandiamoli qualche messaggio.
Gli occhi sempre pesanti ma apribili decisamente meglio e con maggior leggerezza, un timido tentativo di rialzare la testa ma… meglio rimanere ancora sdraiati.
Ora il braccio vicino alla testa si muove, la mano si articola e l’altro comincia ad attivarsi; le gambe pure, ecco ora sono sul binario conosciuto. C’è solo da aspettare, lo so. La natura deve fare il suo corso!
Stavolta lo svenimento mi ha fatto cadere nella vasca da bagno con una fortuna innegabile: era vuota.
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