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Anatomia del Rispetto

Argomento: Filosofia

Saggio di Franca Colozzo (Biografia)

Proposta di Franca Colozzo »

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Pubblicato il 07/02/2017 19:30:22



Il termine “rispetto” deriva dal latino: respectus, da respicere guardare indietro. Sta a significare un atteggiamento che nasce dalla cognizione della valenza di persone o cose; esprime un sentimento verso il mondo esterno ed anche interiore. Non rappresenta un momento di nostalgia verso il passato, ma bensì il superamento delle soglie di incomprensione del presente. Il dubbio legittimo, la pausa di riflessione su ciò che ci circonda, l’autocritica e la ricerca della verità sono alla base dei rapporti umani.
Parola spesso abusata e a volte distorta dalle interpretazioni della nostra società che tutto travolge, il rispetto mostra tante differenti accezioni: dal rispetto verso i genitori, i fanciulli, gli insegnanti, le donne, gli anziani, i deboli e gli emarginati e verso l’autorità, soprattutto quando la stessa venga percepita come portatrice di equanimi valori, ecc.
Il rispetto, che è la base dei rapporti umani, rappresenta una pausa di riflessione, un volgersi indietro alla ricerca dei valori essenziali che fanno dell’uomo un animale diverso dagli altri su questa Terra.
Si parte da noi stessi, dalla nostra interiorità, scandagliando i nostri sentimenti e le nostre emozioni. A parer mio, vuol significare prima di tutto un atteggiamento di tutela verso l’ambiente. In primis verso il mondo che ci ospita e che va tutelato in quanto un unicum irripetibile per la vita del genere umano e non solo.
Estenderei anche al nostro mondo interiore il rispetto con un’accezione più intimistica. Spesso non ci amiamo e lo si coglie nell’osservare le manifestazioni autolesionistiche cui, a volte, siamo avvezzi. Proprio questo deficit di amore verso noi stessi provoca, di rimando, una mancanza di comprensione del nostro prossimo.
Non amando noi stessi, come potremmo mai amare gli altri?
Da questo presupposto nascono tutte le incomprensioni che si riversano anche nei rapporti di coppia. Le tante vessazioni nei riguardi delle donne, che spesso portano ad efferati omicidi, sono determinate da uno squilibrio interiore e dall’idea che si possa trattare il proprio partner alla stregua di un oggetto da possedere e dominare. Così il perverso gioco della schiavitù, che si materializza in tante forme subdole, sfocia sovente in delitti purtroppo all’ordine del giorno in Italia.
A farne le spese sono soprattutto le donne, apparentemente più deboli e volutamente inserite da secoli in ingranaggi sociali di subalternità rispetto agli uomini.
Oggi che le regole del gioco sono cambiate, il disorientamento del sesso forte conduce ad una crescente crisi identitaria che sfocia il più delle volte in violenza sulle donne.
Si accentua sempre più il suddetto fenomeno sia per sacche di ignoranza crescenti sia per l’inadeguatezza del maschio a confrontarsi in maniera civile con l’altro sesso. Crea ulteriore conflitto, poi, il successo raggiunto sempre più frequentemente dalle donne con conseguenze disastrose sul senso di autostima dell’uomo. L’indebolimento della psiche maschile di fronte alle nuove sfide di questa nostra era tecnologica porta a frustrazioni che, in soggetti fragili, scatenano azioni incontrollabili e violenze aberranti.
Il rispetto quindi nei confronti della donna, non più oggetto ma soggetto attivo nella società, è da inculcare fin dalle prime fasi sello sviluppo cognitivo ed emozionale del bambino/a, perseguendo un sistema di pari opportunità che va instaurato fin dall’infanzia.
Estendendo il discorso a tutte le componenti sociali, si ravvisa nella nostra società schizofrenica che macina valori o pretende di imporre il rispetto in maniera artificiosa per chi conta politicamente o economicamente, ci si avvede come sia sempre più difficile oggi portare rispetto agli emarginati, poveri o migranti.
In particolare, davanti al problema migratorio, la stessa Europa cosiddetta “democratica” non sa quale politica attuare: eleva muri o scarica su altre nazioni, quali l’Italia, il dramma delle morti per naufragio in mare di poveri derelitti in fuga da guerre e fame. Non è certo questa la soluzione del dilemma di cosa fare della marea umana in aumento esponenziale.
Molti di loro, scampati alla guerra in Siria, vengono relegati in campi profughi, ghettizzati o sfruttati, in Turchia.
Parlare di rispetto allo stato attuale sembra una profanazione, come se si fosse persa la cognizione della nostra umanità: divisioni etnico-religiose sembrano portarci indietro nel tempo, presupposto questo per focolai sempre nuovi di guerre e differenze razziali.
“Rispetta il prossimo tuo come te stesso” è uno dei comandamenti meno attuati allo stato pratico.
Aggregazioni nazionalistiche oltranziste e ortodossie religiose inducono a distorsioni e difficoltà ad accettare il diverso.
“Rispetto” è dunque un termine di ampia accezione che prende avvio dall’autostima e dalla consapevolezza di sé. Dalla coscienza della propria sfera individuale si può raggiungere la sfera universale della società in cui viviamo.
E’ forse colpa delle nuove tecnologie il diaframma che ci separa dai nostri simili? Probabilmente sì per la nostra incapacità a confrontarci con i nuovi potenti strumenti messi a nostra disposizione: siamo capaci di connetterci virtualmente con gli altri, ma non concretamente nella realtà.
La nostra società tecnologica macina velocemente sentimenti ed emozioni che, in passato, contavano sicuramente di più in un tessuto di rapporti sociali strettamente connessi. Oggi la rete ci collega al mondo, ma solo in maniera virtuale. Altro è stabilire relazioni con il prossimo, frequentandolo e stringendogli la mano.
Non per questo le potenzialità di Internet sono da sottovalutare; anzi, se correlate ad un equilibrato uso delle nuove tecnologie, rappresentano uno strumento estremamente valido, capace di ampliare la sfera delle nostre conoscenze. Soffermarsi di quando in quando ad osservare il mondo in cui viviamo piuttosto che stare incollati tutto il giorno sul cellulare o sull’iPad serve a nutrire la nostra anima per non ridurci a dei robot e per evitare che, forse un giorno non lontano, il computer sia in grado di controllarci.
“Chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo” sono queste le domande che dovremmo porci per condividere gioie ed amarezze con i nostri compagni di viaggio.
Il rispetto reciproco è la chiave per alleviare le ansie e le preoccupazioni che ci assillano in questi tempi difficili in cui imperversano ovunque focolai di guerra e sperequazioni sociali.
Attraverso il rispetto delle istituzioni, partendo da quelle basilari costituite dalla scuola e dalla famiglia, si potrà costruire man mano un mondo migliore in cui la “persona” rappresenti un elemento di forza e non di debolezza, come allo stato attuale dominato da prevaricazioni e ingiustizie di ogni genere. Sembra che l’uomo, inserito negli ingranaggi della massificazione commerciale in un contesto di alienata globalizzazione, sia divenuto schiavo dei mass media e della pubblicità perdendo i suoi connotati autentici di umanesimo.
Ecco perché la scienza disgiunta dalle discipline umanistiche, che sono state alla base delle società greco-romana e rinascimentale, appare oggi disumanizzata e sterile.
Un tempo per Umanesimo si intendeva un insieme complesso in cui le Scienze avevano un ruolo importante. Non esisteva la dicotomia tra la sfera umanistica e quella scientifica: basti pensare alle invenzioni e scoperte del passato ed alle sofisticate tecniche architettoniche adoperate ad es. dal Brunelleschi, da Michelangelo, ecc.
Far sì che spirito e materia formino in insieme armonico, elemento base della filosofia orientale, significherebbe condurre l’uomo verso un equilibrio interiore e verso una maggiore comprensione di sé e del mondo in cui vive.


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