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Lo Splendido (favola)

di Glauco Ballantini
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Pubblicato il 24/10/2014 09:14:41

C'era una volta un cigno, era chiamato "lo Splendido"; un po' perché era uno degli esemplari più belli, effettivamente, della zona e un po' per ironia perché poi, via, negli atteggiamenti e nei modi... se la tirava!

I cigni erano i volatili più belli e imponenti di quella zona del Necktar, il fiume che bagna la città di Tubinga, e lui, pertanto, sentendosi il più bello tra i cigni aveva facilmente fatto le somme!
Il migliore dei migliori.

Si sentiva il re indiscusso di quella parte di fiume, di tutto il tratto che tagliava in due l'amena cittadina.

C'è un vantaggio, certo, a essere cigni, ma non bisogna approfittarne perché gli svantaggi sono in agguato. E il nemico era... un ponte.

Tutti i cigni ci passavano sotto; era il modo più semplice per passare da una parte all'altra del fiume che divideva. Scavalcarlo era faticoso e passarci attraverso pericoloso.

Non era un ponte piccolo, nel suo interno ci passava l'arteria principale del traffico urbano e due ampi marciapiedi, dove passavano, specie nel pomeriggio, molte persone.

 

Ma lui era "lo Splendido" e la saggezza non faceva parte delle sue qualità.

 

Così azzardò l'impresa che lo avrebbe reso ancora più orgoglioso di se stesso, e avrebbe zittito anche le battutine ironiche che si facevano sul suo conto: grande, grosso e...

E un pomeriggio come gli altri, ma forse con più rabbia in corpo, per certe battute che erano fatte tra i cigni e tra gli altri uccelli del Neckar, decise che era il giorno giusto.

Bhe, insomma, la rabbia lo accecò non poco nel decidere che sarebbe passato attraverso il ponte e che avrebbe anche attraversato la strada per poi planare dall'altra parte.

Lo disse prima di allontanarsi dalla dozzina di cigni che sostavano, stanchi e indolenti, sotto il ponte, godendone la frescura.

 

Fece un breve volo risalendo il fiume per prendere lo slancio, e via.

Il ponte si avvicinava rapidamente, occorreva essere accorti, rallentare mettendo le ali più perpendicolari, ma solo all'ultimo, alla fine, per rendere l'atterraggio più spettacolare. E così fu.
Stupendo era al massimo, diede anche due battiti d'ali a vuoto, tanto per non passare inosservato a tutti, ma proprio a tutti.

Saltò giù dal parapetto e dondolante si diresse verso il bordo del marciapiede, poi, cominciò ad attraversare. Aveva messo in conto la confusione che avrebbe creato, ma non così. Gente che lo fotografava, gente che cercava di cacciarlo più in la specie dalla carreggiata. Auto impazienti che suonavano, ma era il prezzo della gloria.

 

Ora si trattava di discendere.

Infilò il collo tra le sbarre del parapetto, ma restò, evidentemente, bloccato dal resto del corpo, che non ci passava. Tornò leggermente indietro, fece un passo laterale e ci riprovò: niente da fare, anche tra queste altre due sbarre non passava.

 

Perché non gli venne in mente di cercare di conquistare nuovamente il bordo della spalletta portandosi indietro e fare un salto non si sa.

Fatto sta che presto si trovò incastrato tra le sbarre. Ora si che era disperato! La testa e il collo penzoloni sul Necktar, il resto del corpo sul ponte. Se gli umani lo impensierivano dietro di lui, non da meno gli altri cigni e pennuti minori che si portarono dall'altra parte del ponte per godersi lo spettacolo di Slendido incastrato. Era una situazione che, oltre l'imbarazzo, era potenzialmente pericolosa.


E in questo vuoto artificiale, giungendo a corsa dall'orizzonte di una riva del fiume, si avvicina a tutta velocità un ragazzone con un gran pacco sotto il braccio, che evidentemente ha fretta di consegnare da qualche parte di là del ponte. Senza batter ciglio, e senza perdere il ritmo, molla il pacco per terra, afferra il pennuto, lo lancia nel vuoto oltre la spalletta, torna ad afferrare il pacco e prosegue la sua corsa.

 

Lo splendido era salvo, non altrettanto la sua fama che fu irrimediabilmente distrutta.
Così terminò il suo regno!

Dopo qualche tempo andò via dal ponte sul Necktar per andare a stare in un posto meno in vista del fiume e di lui, si persero le tracce.

 

Rimase comunque nel vocabolario dei cigni del ponte.

Quando qualcuno esagerava, erano soliti dirgli: "Non fare lo Splendido!"


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