Non è proprio un pensiero bensì un frammento, un breve bagliore tra i tanti che popolano 'Lettere a Milena' Mondadori 1999, l'epistolario tra Franz Kafka e la boema Milena Jesenská Pollak, valente e giovane giornalista, scrittrice e traduttrice dei suoi primi racconti.
La corrispondenza parte dopo un breve incontro a Praga e la manifestazione, da parte di Milena, del desiderio di tradurre le opere brevi di Kafka.
Comincia così dal 1920 questo scambio di lettere tenere e profonde, a tratti rarefatte, strazianti e contraddittorie che raccontano la parabola ascendente di sentimenti, paure, memorie, trepidazioni, affinità fino alla discesa angosciosa indotta dall'accavallarsi delle lettere, dagli equivoci per le difficoltà di corretta comprensione dovuta al differimento.
Le lettere contenute nel carteggio sono soltanto quelle di Kafka mentre quelle di Milena sono andate perdute cosicché possono solo essere immaginate o ricavate dalle immagini e pensieri dello scrittore ceco.
Eccone alcune :
...non so scrivere niente, mi aggiro soltanto tra le righe, alla luce dei tuoi occhi, al respiro delle tue labbra, come in una bella giornata felice...
...la donna che amo è una colonna di fuoco che passa sopra la terra. Or
a mi tiene racchiuso. Ma non i racchiusi essa conduce, bensì i veggenti
Poi nella fase 'discendente' le lettere si fanno più cupe e la paralisi traspare dalle parole fattesi più aspre e angosciose.
'Come se la distanza potesse cancellare il limite della persona' ha scritto Citati di questo carteggio
e Magris : '...Kafka arriva fino alla soglia dell'amore e, quando sta per aprire la porta, torna indietro'
Milena 'fu prodiga di tutto in misura incredibile: della vita, del denaro, dei sentimenti' così la descrivono gli amici. Dalle pagine dei più importanti giornali praghesi Milena si schierò a favore dei diritti delle donne e della giustizia in genere. Dopo l'occupazione da parte dell'esercito tedesco della Cecoslovacchia, Milena si unì al movimento di resistenza clandestino e aiutò molti ebrei e rifugiati politici nell'espatrio. Ella, invece, decise di restare in patria.
Nel 1939 la giornalista e traduttrice fu arrestata dalla gestapo e deportata nel campo di concentramento di Ravensbrück dove morì nel 1944
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