Pubblicato il 04/10/2013 09:40:26
Lascio questi versi come un addio inghiottito dalla nudità della memoria sapendo che il mondo non ne ha bisogno Del mio saluto con la mano che trema giù nel fondo stellato nessuno si accorge. Orizzonte precario mi appoggio alla tua acqua fredda e scavo la tua fronte di cielo oscuro
abbandonato nella nebbia fitta non so da dove vengo e dove vado assedio nevi che mi assediano in balia di neri uccelli voglio sapere chi mi separa da una terra impazzita e che fine faranno la mia Ombra oltre l'acqua la pioggia che cade nella pioggia e gli Dèi fra gli alberi
in fila accanto al freddo e al destino attendo che mi chiamino all'alba dalle pietre volti pallidi di voci arrochite
il mio nome è una linea che divide la luce dall'oscurità il mio corpo misura tra la sabbia e il cielo
(dalla raccolta "Stigmate", http://www.disp.let.uniroma1.it/kuma/poesia/Gezim_Hajdari.html)
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