STELLE DI CARTA E STRENNE DI NATALE
(poesia, libri, arte, musica, cinema, teatro, viaggi, vacanze)
(prima parte)
“Stanotte” ( GioMa 1965)
Stanotte le stelle sembrano più belle
brillano di più
cercando in cielo si scorge un volo
si sente un canto
sono angeli in coro che nella notte buia
annunciano ‘Alleluja!’
danzar sembra vederle per come son contente
sembrano fiammelle
stanotte i cuori divengono più buoni e
nel cielo azzurro d’un azzurro cupo
la luna brilla a consolar le genti
affinché s’amino di più
stanotte …
Trascorrere le vacanze di Natale nella pace quotidiana in seno alla famiglia, nella casa addobbata a festa, prostrarsi davanti al Presepe di sughero o di carta o bearsi alla luce delle candeline accese sull’albero, come ho appena fatto io nel riproporvi una filastrocca natalizia significa vivere i ricordi o, se preferite, rivivere i momenti più belli dell’infanzia, assaporando i deliziosi piatti della cucina casareccia e i gustosi dolci della tradizione, pur sempre da condividere con gli altri. Con tutti coloro che conservano certi ricordi ed anche, con quanti non ne hanno o li hanno persi nel corso della loro esistenza; o che li hanno dovuti abbandonare a causa della mostruosità delle guerre, degli incombenti terremoti, delle fughe da tutto e da tutti. Ed anche con i tanti diseredati degli affetti più cari e che trovano rifugio nella solitudine, o chi si chiude nella triste dimensione d’uno spirito asociale.
«Di là dalle idee, di là da ciò che è giusto e ingiusto, c’è un luogo. Incontriamoci là» (Mawlānā Jalāl al-Dīn Rūmī – Poeta persiano)
Ancor più Natale vuol dire il rinnovarsi dello ‘spirito guida’ della nostra esistenza, altrimenti per quale ragionevole motivo siamo chiamati a continuare a vivere in questo isolato universo? Se non per essere affrancati dalla solitudine e cercare nell’incontro con gli altri un motivo di sopravvivenza reciproca. Trovo alquanto inutile sollevarci da questa vicendevole incombenza se la caducità della nostra vita annulla con un solo colpo di spugna tutto ciò che di buono e di bello abbiamo saputo preservare e, quant’altro abbiamo ricreato a immagine e somiglianza di ciò che d’immenso ci è consegnato seppure temporaneamente. Dovremmo ricordarci più spesso che non tutto ci è dato gratuitamente, che ogni cosa, nel bene e nel male ha un costo, finanche l’effimera ‘bellezza’ che pure rincorriamo, ha un suo valore intrinseco, e quindi un prezzo talvolta eccessivo, sovrabbondante, smisurato, e che non va sprecato inutilmente.
Per quanto oggi, va detto, ci troviamo davanti a una svolta epocale che segna il passo con ciò che, in certo qual modo, confermava una certezza antica come il Natale e le tradizioni in genere, tutto è rimesso in discussione dalle scelte, analizzate e valutate da centri specializzati altamente tecnologicizzati, che nella spinta ad andare avanti, pur trovano un momento d’arresto, quasi di sgomento di fronte al nuovo che incombe, lasciando ampi spazi a quell’atavica ‘paura’ che occupa gli anfratti più reconditi della nostra anima e di quei nostri sentimenti che sono l’essenza del vivere quotidiano e che ci permettono di riconoscere negli altri noi stessi, e di accoglierli fraternamente con gesti di sostegno e solidarietà.
Gesti questi che a volte richiedono una ferma volontà di condivisione di quel poco che abbiamo e che pure talvolta va sperperato per negligenza, quanto addirittura negato per ignavia o avidità di accumulo e di possesso. Liberiamoci quindi da tutto questo e andiamo incontro agli altri accelerando l’avanzata di un futuro di ‘pace’ nel segno della ‘misericordia’, con quell’amore e quella bellezza che vorremmo riservata a noi stessi ...
Con "Quell'amore che move il sole e l'altre stelle" (Dante)
¶ «Eppure.. nulla è mai come sembra e nulla accade per caso. A volte la vita è migliore di quanto non sembri, a volte no.» … scrive Stefano Pavesio nella sua opera d'esordio ‘Come foglie al vento’ - EEE editore, l’ e-book fantasy presente su tutti i webstore. www.edizioniesordienti.com. Leggiamone insieme una breve sinossi: “Cinque ragazzi, residenti in anonimi e sonnolenti paesini delle colline astigiane, vedranno le loro vite sfiorate da eventi sempre più funesti, fino a diventarne parte loro stessi, scoprendo, forse senza nemmeno accorgersene, che il male non può che generare altro male e che tutto quel che accade non sempre è dettato da una personale volontà, ma accade semplicemente perché deve accadere, perché, al di là delle scelte soggettive, ci sono delle forze che guidano gli avvenimenti secondo uno schema prestabilito di ampio respiro, che porterà le loro esistenze negli anni 80-90 a intrecciarsi con vicissitudini legate agli anni della seconda guerra mondiale e alle vite di persone solo all’apparenza completamente slegate dalle loro. Ogni azione, per quanto piccola o insignificante possa apparire, ne scatena altre, talora quasi impercettibili, talora dirompenti.”
Dal redazionale di presentazione al libro: “Esiste un filo conduttore che regola il trascorrere di ogni vita, un filo che si srotola da una matassa che non conosce limiti spaziali e temporali, un filo sottile, quasi invisibile, ma resistente, indistruttibile, un filo che avvolgerà intorno a sé differenti esistenze trascinandole inesorabilmente verso un unico punto di confluenza, pur lasciando loro l’illusione di poter disporre delle proprie decisioni, un filo che avvolgerà allo stesso modo gioia e dolore, vita e morte, violenza e amore, legandoli insieme indissolubilmente. Un filo che, al di là dei mondi concreti e reali noti a tutti, lambirà sfere meno considerabili dalle menti più razionali, come quelle che sembrano donare una volontà malvagia a un borgo abbandonato e al bosco che lo circonda o come quelle che chiamano in gioco la presenza delle maschere o che sembrano suggerire un gatto albino come un’occulta presenza latrice di sventura.” «Non sempre tutto quel che accade è comprensibile. Non tutto quel che accade è accettabile, tuttavia nulla, nulla accade per caso.» (Pavesio)
Colgo l’occasione del Natale per segnalare qui di seguito le molte sfaccettature del ‘nuovo che ci viene incontro’ e che, in qualche modo, annuncia evidenti passi in avanti in letteratura come in poesia e in musica, nei libri, nel cinema e nel teatro, come pure nelle diverse opportunità di viaggio e delle vacanze.
¶ Di grande interesse l’iniziativa editoriale di Anterem Edizioni titolata “Opera Prima”, una ‘collana di poesia’ dedicata ad autori inediti in volume e sostenuta criticamente ed economicamente da un Consiglio Editoriale formato da note personalità della critica letteraria e della filosofia, oltre che da poeti e artisti. Tale Comitato è affiancato da un Consiglio dei garanti costituito da Eugenio Borgna, Umberto Galimberti, Vincenzo Vitiello. La collana (fondata nel 2003) viene pubblicata in coedizione da Anterem e Cierre Grafica è diretta da Flavio Ermini.
L’intento è far sì che la pubblicazione apra all’autore la possibilità di entrare in contatto con i settori intellettualmente più vivaci del mondo letterario, filosofico e artistico. Tale gesto editoriale ha un’ambizione: non far ricadere i costi editoriali e di distribuzione sull’autore. A questo proposito la Direzione, il Consiglio editoriale e il Consiglio dei garanti mettono a disposizione la loro esperienza gratuitamente. I tre organismi hanno il duplice compito di garantire la qualità delle scelte editoriali e di sostenere totalmente il costo della pubblicazione.
L’iniziativa costituisce un vero e proprio evento. Non è frequente, infatti, la costituzione di un gruppo di intellettuali che produce e promuove, in modo assolutamente disinteressato, una collana di poesia dedicata ad autori inediti. Così come è raro in questi anni un impegno editoriale nei confronti dei nuovi poeti. “Opera Prima” si avvale della preziosa collaborazione del sito www.poesia2punto0.com - www.anteremedizioni.it/opera_prima_7
¶ Tra gli eventi che hanno segnato quest’anno che sta per trascorrere sono di un certo rilievo sia la produzione letteraria de larecherche.it con il richiamo all’attenzione sulla pubblicazione on-line dell’e-Book n. 204 della collana “Libri liberi” in occasione del 145° anniversario della nascita di Marcel Proust, intitolato “TRENI”: Linee e coincidenze proustiane; a cura di Giuliano Brenna e Roberto Maggiani e realizzazioni grafiche di Lisa Merletti. Si rammenta inoltre che “Libri Liberi” consta di più di 200 volumi scaricabili gratuitamente in formato pdf, epub e mobi (Kindle) direttamente dal sito www.larecherche.it/librolibero_ebook.asp?Id=208.
Ben 55 sono gli autori, ‘I Ferrovieri’, intervenuti coi loro scritti originali tutti degni di essere letti; mentre il Viaggiatore/i, caro lettore/i, sei Tu al quale va l’augurio di una felice lettura.
Inoltre l'invito a partecipare al contest poetico-letterario "Il giardino di Babuk - Proust in Italie" a partecipazione aperta e gratuita il cui bando è possibile scaricare sul sito medesimo.
¶“Muovimenti – segnali da un mondo viandante” – Antologia della e sulla migrazione è una pubblicazione di Terra d’ulivi edizioni di Elio Scarciglia – curatori: Bartolomeo Bellanova, Pina Piccolo, Lucia Cupertino, Gassid Mohammed. www.lamacchinasognante.com. L’antologia nasce dal lavoro di oltre sei mesi svolto dai curatori, fondatori insieme ad altri amici del contenitore on line di scritture dal mondo che hanno sentito la necessità di raccogliere segnali provenienti dai movimenti che coinvolgono ogni anno sessanta milioni di persone, attori di migrazioni spinti da guerre, persecuzioni etniche, fame, desertificazione o semplicemente per realizzare il proprio progetto di vita, famiglia, lavoro o studio.
La dimensione della migrazione è, quindi, una caratteristica primaria, ontologica, dell’esistenza. Chi può pensare che un continente abbia un padrone come se fosse un latifondo? E soprattutto chi può decretare che i padroni sono coloro che lo abitano e non anche chi, nel corso delle sue migrazioni, lo va ad abitare, come è accaduto per lungo tempo all’arrivo in Europa di molti dei nostri antenati? Che forse non sono gli europei discendenti da popoli arrivati dall’Asia e dall’Africa, dall’Egitto, dalla Persia, dalla Turchia, dalle steppe russe degli Urali?
Nota: Il ricavato della vendita di ogni libro, dedotti i costi dell’editore, verrà interamente devoluto all’associazione non profit “Amal for Education” per creare un ponte ideale con i bambini e i ragazzi siriani devastati da cinque anni di guerra civile. http://www.edizioniterradulivi.it/muovi-menti-segnali-d…/131
¶ Ed eccoci davanti a una sorta di ‘stravagante vaghezza di vivere’ che pure trova nella ‘poesia’ così detta la ragione d’ogni propria esistenza letteraria … è questa una definizione che ben si attaglia al nostro comune amico Carlos Sanchez che per l’occasione ci ha inviato una significativa poesia dell’argentino Raúl Gustavo Aguirre (1927 – 1983):
“Il Poeta Perduto”
Oggi ho incontrato per strada un vecchio amico che scriveva poemi, delicati, modesti e raggianti poemi. E l'amico mi raccontò che in un altro tempo la poesia fu un'indagine del suo essere che la poesia fu un bel momento della sua vita che poi si sposò, ebbe figli, e ora lottava duramente per il pane dei suoi e non scriveva più poemi perché ormai non aveva bisogno di scriverli. E io gli dissi che mi sembrava molto bene: vivi nel poema vero che è vivere con quelli, per quelli che ami. E il mio amico andò via, il suo viso triste e le sue spalle curve, e io pensai che ognuno ha diritto a vivere come può, ma un sentimento mi diceva in fondo che in lui c’era qualcosa di sconfitto che se uno ha combattuto per scuotere la polvere dalle parole e lo splendore delle parole gli brucia fino al midollo, non può più tornare indietro perché allora i vampiri avanzano e perfino Rimbaud, se dobbiamo credere a sua sorella, comprese nella sua agonia che bisogna morire lottando per il poema di sempre.
“El Poeta perdido”
Hoy encontré en la calle a un viejo amigo que escribía poemas, delicados, modestos y radiantes poemas. Y me contó el amigo que en otro tiempo fue la poesía una indagación de su ser, que fue la poesía un hermoso momento de su vida, que después se casó, tuvo hijos, y ahora peleaba duramente por el pan de los suyos y no escribía más poemas porque ya no necesitaba escribirlos. Y yo le dije me parece muy bien: vives en el poema verdadero que es vivir con aquellos, por aquellos que amas. Y mi amigo se fue, su rostro triste y sus espaldas encorvadas, y yo pensé que cada uno tiene derecho a vivir como puede, pero en el fondo un sentimiento me decía que en él había algo vencido, que si uno peleó por sacudirle el polvo a las palabras y el resplandor de las palabras le quemó hasta los tuétanos, ya no se puede ir para atrás porque entonces los vampiros avanzan y hasta Rimbaud, si hemos de creer a su hermana, comprendió en su agonía que hay que morir peleando por el poema de siempre.
Di carlos Sanchez vanno qui citate almeno le sue due raccolte: “La poesia, le nuvole e l’aglio” (collana “I Poeti di Smerilliana”, ed. Lìbrati, Ascoli Piceno, 2009), “Ricordati che non sai ricordare” (ed. Lìbrati, Ascoli Piceno, 2010), dai quali è tratta la selezione apparsa su larecherche.it nella sezione ‘saggi’.
«La poesia è uno dei più bei soprannomi che diamo alla vita» – (Jacques Prevert)
¶ C’è una poesia che scorre silenziosa lungo il crinale della sofferenza, talvolta solo interiore, perché insormontabile è il dolore che l’ha causata. È allora che questa si mostra a noi come una forza ctonia, allorché la ragione oscura della sopravvivenza richiede un atto di forte solidarietà che la contenga. Ben lo sa il poeta la cui emotività afferra gli spasimi dei sentimenti assopiti nel dolore, quello stesso che, in certo qual modo, esplode nell’anima prima di addivenire verso, parola lirica e canto, prima d'essere preghiera, ancor prima di farsi pianto, cui alcun fiume può contenere le lacrime sparse … è indubbiamente questo il contenuto dell’opera poetica di ‘Nel bosco senza radici’ – la raccolta di Amina Narimi, (Terra d’Ulivi Editore 2015) recensita in ‘saggi’ su questa stessa rivista:
“Eppure tutto è ancora oscuro mentre segreto ci plasma e ci àncora un volto nuovo, nuova la spinta ad amare un attimo prima di nascere un istante prima di dimenticare …”
“..tra la crisalide e la rosa ricomposta c’è un dono che si sporge dalle labbra, danzando per minuscole fiammelle da un punto di paura allo splendore.”
Amina Narimi, ancor prima d’essere poeta è una tessitrice di trame che d’un arcano sembiante portano il segreto. Un lontano afflato confidenziale che la restituisce alla natura genitrice di quell’eredità ancestrale, mai venuta meno, che ha attraversato deserti, valicato montagne, navigato fiumi scorsi a cercare l’immensità di quel mare che un giorno, forse troverà, ma solo quando l’incoffessato e profondo amore per la vita, si tacerà dal ridestare i fantasmi del creato, nei suoi versi.
Il passaggio dalla poesia alla musica e al canto è qui doveroso perché sono entrambe espressioni della vita che scorre, di quel valicare ‘i confini’ del nostro essere quotidiano nell’incontro con lo spirito eterno che ci guida.
«Esistono luoghi in musica dove i confini sono indefiniti, dove le definizioni sono obsolete e per questo inutili.» (Fred Ho)
Per quanto ritengo che la ‘musica’ possa ancora oggi far parlare di sé nelle espressioni della sperimentazione e creatività artistica del Jazz in tutte le sue combinazioni: dal classic al free, dal cool all’ethnic, dal bee-bop alle avanguardie post-moderne e ultramoderne che vanno esplorando ambienti e spazi fin qui inusitati, sia in a-solo che in gruppo e che fanno ormai da ‘soundtrack’ ai momenti più esaltanti del nostro vivere.
¶ È questo il senso dell’eclatante Sade Farida Mangiaracina, talentuosa interprete e compositrice che, già giovanissima, vanta grandi collaborazioni e tournée internazionali, della quale è da poco uscito il suo primo album per piano solo "La Terra dei Ciclopi", special guest Luca Aquino, per la Inner Circle Music - etichetta discografica statunitense guidata da Greg Osby. "La Terra dei Ciclopi" nasce dall'amore incondizionato di Sade per la sua terra, la Sicilia: ognuno dei dieci brani è una fotografia che ne ritrae luoghi e persone, una popolazione dai tratti differenti, nordafricani ma anche nordeuropei, «padroni di una terra martoriata, che tutto dà e tutto prende». Un lavoro lirico, pieno di emozione ed atmosfere evocative, rese ancora più profonde dal grande talento pianistico di Sade e dal suo interplay nei brani "Ballarò" e "Sugnu tutta pi tia" con Luca Aquino, impegnato con tromba e flicorno.
Ma leggiamo insieme la recensione apparsa su Musica Jazz in occasione del ‘Festival Bari in Jazz’, firmata da Alceste Ayroldi:
"Sade Mangiaracina scompone la tradizione sicula incastonata in "Ciuri Ciuri": il tema in vista viene frammentato con un incedere ritmico sfavillante, che sostiene l’energica improvvisazione tenuta a bada dal gioco ostinato della mano sinistra. Il fraseggio della Mangiaracina gioca sulle sfumature che mettono pace tra i costrutti della classica, gli imperiosi dettami del dialetto musicale siciliano e il pianismo jazz moderno che tiene a mente il migliore passato. La cantabilità dei brani ne rende ancor più appetitosa l’esecuzione: perfetta per dizione e vigoria, così come in "La fuddia di Archimede", tra forte e piano, note che si scavalcano lasciando sempre respirare la vermiglia melodia.
Il lirismo di "My Sicily" sottolinea la purezza compositiva della pianista, rimarcando anche le sue frasi dense di ponderatezza e di misura, attente alle nuances di una dedica appassionata." "Avere avuto la possibilità di collaborare per questo disco con la "Inner Circle Music", è un onore immenso, ha rilasciato Sade Mangiaracinain una recente intervista. E' stato lo stesso Greg Osby a propormi di far uscire l'album con la sua etichetta, dopo averlo ascoltato: per me è stato come un sogno. Nel disco ci sono due brani in cui ho il piacere di avere come ospite un amico fraterno e musicista straordinario, una punta di diamante nel panorama della musica Europea: Luca Aquino! Qualche anno fa avevo avuto il piacere enorme di suonare nel suo disco "aQustico" e, visto che adoro il suo suono, non vedevo l'ora di avere un'altra occasione per registrare insieme a lui...e così è stato proprio con questo mio album.”
¶ La musica esistenziale riflette dello scorrere del tempo nelle riflessioni del nuovo lavoro in trio del pianista Sam Mortellaro che abbiamo apprezzato in "Robotic delusions” disco (Auand piano series AU3013, distr. Goodfellas/Believe), tre musicisti per dieci tracce e una sola voce narrante. In uno stile che sa mettere in discussione il passato seminando qua e là elementi contemporanei, "Robotic delusions” sembra essere l’amalgama musicale del trio capace di generare l’allucinazione robotica del titolo: un morbido e acceso gioco di squadra che non può essere replicato da alcun algoritmo o macchinario. E anche in questo lavoro d’insieme si scorge una riflessione: la volontà di «incoraggiare l'umanità a continuare sempre fra gli alti e bassi, nel dolce-amaro dell'imperfezione e nella tenerezza dell'accontentarsi ma, soprattutto, nel proseguire sempre nonostante il mistero più grande di tutti i tempi ci rincorra da sempre. Mi riferisco al senso della vita, quello vero. La verità che non conosciamo e che nessuno può pretendere di dimostrare tramite prove oggettive. Perlomeno non ancora».
C’è di più, il nuovo lavoro di Sam Mortellaro è guidato da un’idea precisa che segue il cammino della vita di ognuno: «È una voce che, nonostante possa imbattersi in narrazioni onirico-realistiche forse anche un po’ leopardiane, non fa mai trapelare la sconfitta, l’abbandono al proprio destino e la rassegnazione. A tratti, sensazioni eroiche, di gioia, di speranza e di luce in un buio pesto riemergeranno sempre». Un cammino positivo e determinato che si fa strada sinuoso attraverso il pianoforte del leader, con Angelo Minacapilli al basso e Francesco Alessi alla batteria. È il tempo a diventare concetto fondamentale, non solo nelle infinite forme che assume, da ‘Vanitas’ a ‘Good For You’, ma soprattutto nella capacità dei componenti di abitarlo e renderlo fluido con il proprio interplay.
«Credo che il tempo – spiega Mortellaro –, inteso come musica in atto, sia un flusso che scorre continuamente in divenire, mai iniziato né finito e che continui sempre a scorrere anche quando stiamo in silenzio. Bisognerebbe riuscire a cavalcarne l’onda senza inciamparvi, in questo modo riusciremmo a percepire ogni suo frammento. Ci renderemmo conto che il tempo è in realtà indefinito e che bisogna fluire semplicemente al suo interno, con disinvoltura».
¶ Colgo qui l’occasione per tornare a parlare di Fabio Giachino, un virtuoso del piano-jazz che abbiamo già avuto modo di conoscere durante la presentazione del suo pimo album "Balancing dreams" (Tosky Records). La sua presenza sulla scena del Jazz contemporaneo ne fa uno dei pochi italiani fortunati che si sono aggiudicati il riconoscimento del pubblico internazionale. Mentre aspettiamo il suo nuovo album godiamoci il trailer di "North Clouds" featuring Fabrizio Bosso su www.youtube.com e cerchiamo di approfondire alcuni aspetti del suo background musicale, in questa intervista che ho scambiato con lui alla fine di un concerto-live in cui egli esplicita le sue possibili ‘vie di fuga’ dentro e fuori del Jazz:
«Fabio Giachino: Per me è un grande banco di prova: in "Balancing dreams" sono faccia a faccia con la parte più nascosta di me. La sfida risiede nella necessità e nella capacità di lasciarla fluire completamente.
Prendendo spunto da questa ammissione ho chiesto a Fabio in che cosa consiste la sua idea di Jazz?:
FG: L’idea è la libertà, immensa, difficile da raggiungere e allo stesso tempo da gestire. Per quanto mi riguarda è l’apice artistico al quale ciascuno nel suo piccolo dovrebbe ambire, e il jazz in quanto musica improvvisata, ce ne offre la piena possibilità.
Perché un ‘pianista-jazz’ sente sorgere improvvisa la necessità di esibirsi in a-solo, ciò non contraddice l’essenza stessa del Jazz?:
FG: Il pianoforte è uno strumento meraviglioso e assolutamente autosufficiente, la sfida per me risiede proprio nel riuscire a dominarne le potenzialità e non far sentire l’esigenza di altri strumenti intorno a me. Sia ben chiaro che amo suonare insieme ad altri strumenti in contesti più ampi e la sinergia che scaturisce dall’incontro di più musicisti è unica ed irripetibile. Quando si è soli entrano in gioco altre dinamiche, è un dialogo con la propria essenza nel quale si cerca di essere il più sinceri possibile… se con gli altri a volte è facile mascherare o addirittura mentire, quando ci si trova faccia a faccia con se stessi è impossibile.
Dopo le molteplici esperienze fatte con altri artisti ‘in-section’ e con molti e diversi strumenti, con quali il tuo ‘piano’ si è trovato a colloquiare meglio, hai delle tue preferenze?:
FG: Sicuramente la ‘mia Band’ è la situazione che prediligo (Davide Liberti: contrabbasso, Ruben Bellavia: batteria). Con loro si è presentato da subito un feeling unico che con il tempo è diventato qualcosa di solido, una certezza direi! Ho avuto la fortuna di incontrare musicisti straordinari e di esibirmi con loro, tra tutti mi sento di citare in particolare D.Liebman e M.Giammarco con i quali personalmente mi sono trovato estremamente bene ed a mio agio.
Quale futuro vedi per il Jazz in Italia?:
FG:Io sono ottimista! Il livello dei musicisti è alto, noto parecchia progettualità soprattutto tra i musicisti più giovani che creano gruppi e formazioni stabili, questo è bene. Le uniche consistenti difficoltà si riscontrano negli spazi, soprattutto nella gestione… troppo spesso le programmazioni preferiscono situazioni commerciali a progetti realmente ricchi di spessore artistico o innovativi, viene confusa la celebrità con la qualità e questo è male. Vedremo gli sviluppi dove ci porteranno.
Dall’esterno, quale futuro vedi sulla scena jazzistica di Fabio Giachino, pensi davvero di strabiliarci?:
FG: Ah ahah!, spero di si, ma mi accontento anche di regalarvi un paio di ore piacevoli senza troppi pensieri e preoccupazioni.
Tutto questo può sembrare poco, quanto basta però se si pensa che durante il concerto-live al quale ho assistito Fabio Giachino, pur avendo dichiaratamente espresso la sua vicinanza al pubblico presente, non ha potuto nascondere quell’implicita ‘timidezza’ che il piano-solo richiede nel rapporto a-due, quasi fosse di fronte a un ‘Pas de deux’ che nella danza crea un isola dal resto del balletto classico e destinata a ballerini virtuosisticamente più dotati, (solitamente i solisti o i primi ballerini), che si sfidano l’un l’altro per la palma della migliore interpretazione di se stessi, cone in questo caso, Fabio Giachino e la sua musica.»
www.fabiogiachino.
com www.toskyrecords.com
Ufficio Stampa: Fiorenza Gherardi De Candei
fiorenzagherardi@gmail.com
¶ Nella volontà di creare la ‘storia’, a voler dire di lasciare in essa il segno di una rinnovata musica fatta da grandi musicisti (che se non lo sono, lo saranno indubbiamente in futuro), i due protagonisti della scena musicale jazz Davide Belcastro e Giorgio Lovecchio ideatori della Tosky Records, la giovane etichetta indipendente specializzata in Jazz & Music Libraries, proseguono nella loro peculiare volontà di raggiungere un buon livello del Jazz in Italia e non solo. La loro più recente produzione infatti trova un certo riscontro nel panorama jazzistico con artisti di calibro internazionale che sono gli interpreti eccezionali degli album di questa tornata: “They say it’s Spring” di Marco Acquarelli Quartet featuring Alice Ricciardi; “For Life” con Dario Germani, Stefano Preziosi, Luigi Del Prete featuring Max Ionata; “The G-Session” di e con Luigi Masciari, Roberto Giaquinto, Aaron Parks, featuring Oona Rea (voce) impegnata in vocalizzi nel brano “Echoes”.
Di quest’ultimo in particolare va detto che la chitarra di Masciari occupa uno spazio quantomeno smagliante di effetti, lanciandosi in virtuosismi esuberanti che non lasciano spazio a dubbi sulla sua autenticità di leader del gruppo, per quanto il suono in alcuni brani risulti fin troppo metallico all’ascolto, quasi di ‘voce solista’ che canti ‘a cappella’ in un sottovuoto senza dimensione, ciò per quanto il rhodes piano di Aaron Parks cerchi invano di colmarlo. Sempre all’altezza delle sue capacità Roberto Giaquinto impegnato alle percussioni, affronta ogni brano con sapienza d’alchimista, centellinando i suoi interventi con discrezione d’accompagnamento. Strepitoso il bonus-track “Don’t touch my cords” contenuto nell’album, in cui ‘finalmente’ il gruppo s’avventura in quell’amalgama melodico-espressiva che distingue ogni session che si rispetti.
Dalla note introduttive all’album “For Life” – Tosky Records facciamo la conoscenza di un altro gruppo di musicisti davvero talentuosi:
“Dico d’esordio in trio per il giovane e talentuoso contrabbasso Dario Germani accompagnato dagli ottimi musicisti Stefano Preziosi al sax contralto e Luigi Del Prete alla batteria, impreziosito dalla presenza del solismo e dalla travolgente personalità del prolifico tenorsassofonista Max Ionata in alcuni brani contenuti nell’album. In “For Life” emerge chiaramente l’esigenza del trio di creare un ponte tra varie epoche musicali (..) Dal punto di vista strettamente jazzistico si denota un chiaro interesse compositivo che va dal Be-Bop, al Cool Jaz e alla forma blues di Yusef Lateef (For Life). Tuttavia i tre brani che compongono l’album pur rimanendo nelle forme tradizionali del jazz più puro, presentano caratteristiche diverse accomunate da una stessa ma originalità d’intenti.”
¶ Ma Natale è anche ‘Arte’ con l’ A maiuscola a significare l’impegno che da sempre questa Musa ha riposto nella creatività umana, ispirandosi di volta in volta alla natura, ai miti e alle leggende, alla storia e alla fiaba, ma che ci ha lasciato anche molti capolavori relegati alla religiosità dei popoli più antichi e moderni che non smetteremo mai di ammirare. Non di questo voglio parlarvi qui, sarebbe superfluo, lo hanno fatto e continuano a farlo in molti più preparati e sicuramente molto più bravi di me nel delineare i profili di una ‘storia’ che non vedrà mai fine.
Sicuramente anomalo in questo contesto, per quanto più vicino a noi, è l’invito riservatomi di un ‘evento’ artistico “I want to thank you so much for… ” che ha del provocatorio e che si presenta molto più di una mostra. “I want to thank you so much for… ” di Sylvie Renault e MesAlfie dal 16 - 31 Dicembre 2016. Ingresso libero tutti i giorni dalle 17 alle 20 allo Spazio Venenziano Via Reno 18/a Roma.
Si tratta «..di un’esperienza profonda, un viaggio sospeso tra visione e ascolto, un percorso dove pittura e musica si scelgono e si fondono insieme, accompagnando il visitatore oltre la forma, nel nucleo più intimo delle emozioni. Quelle dell’artista, svelate attraverso le tele, e quelle di ciascuno di noi, che in quel viaggio troverà nuove speranze, impronte e promesse. Cerchi, vortici, agglomerati, forme, non forme, esplosioni di colori. Questo l’universo di Sylvie Renault, Artista dei Cerchi Imperfetti, che racconta la bellezza di tutti noi perfettamente imperfetti.
“Ogni tela ci fa viaggiare lontano, in un arcobaleno di migliaia di colori, di speranze, in un’apertura verso un mondo migliore, ed è questo il messaggio di Sylvie”, spiega May Abboud, dell’Istituto Nazionale di Belle Arti di Beirut. Le opere del progetto “Im perfect Circles” sono tutte realizzate a tempo di musica, ogni gesto pittorico è pregno delle emozioni trasmesse dalle canzoni. E sarà proprio la musica a dare ritmo ai cerchi, a renderli vivi e pulsanti, durante il vernissage, quando il musicista cantautore MesAlfie eseguirà in versione acustica i brani del suo ultimo album “Hey Super”, a cui la collezione è interamente ispirata e dedicata. Nei giorni successivi, un lettore mp3 messo a disposizione per ogni tela esposta, consentirà ai visitatori di entrare in intimo contatto con l’universo emotivo dell’artista. Sylvie Renault (classe 1976) è, come ama auto-definirsi, pittrice imperfetta, donna imperfetta, artista dei 'Cerchi Imperfetti'.
Pittrice, creativa, concept designer, Art Director, è laureata all’Istituto Europeo di Design e ha partecipato, dal 1989 ad oggi, a molte collettive e personali tra Roma, Napoli, Olbia, Torino, Padova, Milano, Londra e New York. La sua produzione artistica si ispira agli studi della filosofia Sufi e agli insegnamenti del maestro Osho.
OSHO - Book of Winsdom.
'Only with the unknowable are you thrilled with the wonder of life and existence. Suddenly a song is born in your heart...
a song that cannot be contained, a song that starts overflowing, a song that starts searching others.'
'In the light of the morning as the new man arises as we dance, and we sing in the sun and the rain. In the light of the morning as thenew man arises every living thing, osho is whispering your name.'
(continua)
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