Pubblicato il 15/12/2007
L’appuntamento con lui era fissato al porticciolo di Ognina per le 5.40. Alla fine di Luglio il suo risveglio è previsto a quell’ora. Giusto il tempo per non concedersi qualche ora in più di sonno neppure la domenica. Ma per carpirne i risvolti del suo risveglio i sacrifici non sono mai troppi. Il tempo di un caffè e via a prendere “Emilia”, la storica canoa blu mare. Una biposto che Carmine ha avuto in dono per il suo 49° compleanno. Le operazioni di fissaggio dell’imbarcazione sull’auto iniziano a liberare un po’ di agitazione tra l’equipaggio per la paura di non giungere in tempo a cogliere il risveglio dell’amico sole. Partiamo. Alle 5.30 del mattino Catania ha un altro volto, un altro profumo, un altro sapore. Non travolti da suoni inquietanti di clacson, nè dal rombo di auto in accelerazione, Catania appare più nostra. Appartiene di più al nostro immaginario di città vivibile e amica. E’ diverso il suo colore. Un azzurro sfocato è adagiato sulle case alla nostra destra, poste proprio sotto la circonvallazione che ci sta conducendo al luogo dell’appuntamento. Non c’è comunque tempo per fermarsi. Al contrario l’ansia si fa spazio quando ci sembra di cogliere una luminosità insolita tra i palazzi che impediscono al nostro sguardo di cogliere la distesa blu che dà verso est. Ci assalgono alcune domande: “Forse non ha atteso il nostro arrivo? Può avere vanificato il nostro sacrificio?” Abbiamo l’impressione di correre all’ospedale per assistere alla nascita di una creatura a noi cara e la sensazione di non riuscire ad arrivare in tempo per fissare per sempre nelle nostre menti la sacralità di quel momento. Certi passaggi della vita sono così. Non serve che qualcuno te li racconti, li descriva minuziosamente. Devi esserci. Ed eternare nei file del tuo cuore certe immagini, certi suoni ed emozioni legate inscindibilmente a quell’istante. L’arrivo al porticciolo di Ognina placa le nostre preoccupazioni. Il sole è ancora in arrivo. Ci affrettiamo a mettere in acqua “Emilia” e cercare la posizione più adatta per accogliere i bagliori del nostro amico. Inizio a ripetere meccanicamente alcuni movimenti ritmici con le pagaie in uno stato di appagamento stordito da una bellezza che peraltro non ha ancora raggiunto il suo compimento. Qualche remata e la voce del capitano mi avverte “Eccolo”. Tra noi e lui sembravano essere cadute barriere, confini e distanze. La foschia del mattino incornicia una bellezza senza paragoni. Noi, Emilia, il mare e – in fondo ma incredibilmente vicino – lui. Il sole dell’alba. Il suo giallo ancora tenue, negli spazi senza barriere del nostro immaginario, si paragona ad un bambino. “non è ancora l’uomo di domani ma di esso ne porta impressi i segni di forza e di coraggio”. Mentre la sua sagoma cresce e inonda di luce nuova la nostra giornata ed i nostri animi di naviganti, penso che quello fermo di fronte a me è il luogo di appuntamento per tutte le bellezze del mondo. Tutte espresse in pienezza in quel solo istante. I suoi colori sono caldi, così come lo è il suo raggio che, rifrangendosi sull’acqua, arriva fino a noi. Sfiora Emilia e si arrampica sui nostri corpi ancora intorpiditi dal sonno. Poi trapassa le nostre corazze di carne e scivola per i nostri cuori, lambendo le profondità delle nostre anime innamorate della sua bellezza. Tutto è bello. Ripensando quell’attimo ci rendiamo conto di avere intravisto qualcosa della bellezza che, con ogni certezza, sperimenteremo in Paradiso. Mentre i movimenti della mia pagaia continuano ad alternarsi con incertezza sulle acque del mare che si sono fatte sempre più profonde, penso che la bellezza è un segno tangibile dell’amore di Dio tra gli uomini. A noi sta solo l’abilità di coglierla e farla assaporare ad altri uomini che sfiorano le nostre esistenze anche solo per un istante.
Non si è più gli stessi quando si è incontrata veramente la bellezza. Si è visto qualcosa di Dio e la vita cambia. È più innamorata, più sensibile, più rigogliosa di vita. Dentro, nelle proprie profondità, qualcosa inizia a danzare come un derviscio. A suonare come un violino della filarmonica di Vienna. Qualcosa cambia e acquista volume.
Poi direzioniamo Emilia verso Ovest e puntiamo dritto senza più voltarci. Ma la luminosità del nostro amico sole ci supera, ci sovrasta e ci accompagna lungo i 15 Km del nostro tragitto a cavallo del mare. Nessuna fotografia può dire qualcosa di abbastanza vicino a ciò che io e l’altro membro dell’equipaggio abbiamo carpito in quell’istante: la racconterò così “l’iniziale giallo tenue che si trasformò in luce arancione e planò sull’acqua increspata trasformandosi poi in colori indecifrabili di luminosità senza paragoni. Il tutto caldo e palpitante di vita”. Così si presentò il nostro amico sole in quella mattina in cui Catania, alle nostre spalle, tardava a prendere il passo. Iniziando la traversata il capitano Carmine mi disse “se lo vedi nascere … senti che quel giorno è un po’ più tuo. Il sole ti appartiene di più”. Ora, mentre il suo declino si fa largo di fronte a me oltre il promontorio che da a Ovest, colgo la verità di queste parole ma già penso che domani sarà di nuovo tra noi a dispensare nuovi semi della sua bellezza.
La stessa che si è stampata in me per sempre.
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