Pubblicato il 11/09/2009 01:54:00
Reperto 74 perché, come Franco Buffoni ci racconta in premessa, era stato scritto nel 1974 e, dopo il rifiuto da parte di un editore, era stato messo da parte dall’autore, che ce lo ripropone ora, in versione “alleggerita”. Quel che è racchiuso in questo volumetto potrebbe a mio avviso, e a pieno titolo, essere considerato la Combray gallaratese di Franco Buffoni, ve lo ritroviamo fanciullino a muovere i primi passi nel giardino di casa, che è facile immaginare coi colori e le brezze delle Prealpi, e seguiamo la crescita del piccino, tra scuola e vacanze, e notiamo crescere, maturare e palesarsi nel protagonista il desiderio di conoscere il volto dell’amore, e dopo averlo conosciuto poterlo sentire suo e una volta sentito suo andarlo a raccontare a tutti. Ma a ciò vi è un grosso limite, l’amore acquista diritto di cittadinanza solo se lecito, solo se il giovane Franco racconta di avventure con le ragazzine che lo circondano, grazie al suo bel visino e al fatto che è un po’ più sveglio degli altri. Suppongo che già Franco senta in sé un notevole fermento, capisce che in sé vi è un seme che, una volta sbocciato, darà alla luce un fiore sconosciuto, per certi versi misterioso, per altri inviso, ma sente che vi è un qualcosa che lo renderà unico nella moltitudine dei suoi amici con cui trascorre il tempo. Così seguiamo il piccolo Franco corteggiare con un certo successo le sue amichette, le accompagna dalla scuola e riesce anche con qualche timido approccio, qualcuno lo accusa di essere effeminato, ma il lasciapassare dell’avere la fidanzata gli permette di passare oltre i commenti malevoli, ma non ha effetto quando il giovane guarda dentro di sé, sa che da qualche parte c’è un confine che non potrà passare come i suoi coetanei, e dovrà volgere i suoi passi verso un'altra strada. L’altra strada gli si presenta nel corso delle vacanze estive, si chiama Alberto, ha i colori preziosi dell’oro, del sole, della vita. E il Franco diventa adulto, non subito, no, dapprima non capisce, sente che Alberto è un amico speciale, come il giovane Proust quando intravede Gilberte sente che non sa che cosa gli succede, il perché dello sguardo che ella gli rivolge,ma dentro, in qualche angolo, riconosce benissimo perché tanto turbamento davanti ad un gesto osceno di una bimba. Franco capisce che è attratto dagli uomini, ha anche fugaci esperienze, ma non riesce ancora a sovrapporre l’affetto che lo lega ad Alberto col fare sesso con un maschio, è una percezione che gli arriverà pian piano, con una parabola comune a tanti “Franco” del mondo: l’amico diventa il migliore amico, poi l’unico e poi si capisce che questo unico amico incarna l’Amore; ma si sa il mondo è imperfetto e se andava bene corteggiare e dichiararsi innamorato di una ragazzina, essere innamorati di un altro maschietto non è affare così semplice; tuttavia Franco confessa il suo immenso amore ad Alberto, il quale però non lo condivide, ma non vuole perdere l’amicizia di Franco, il quale soffre e si dispera; il padre sempre più autoritario quasi tenta di impedirgli di vedere l’amico, reo, agli occhi del genitore, di avere traviato il piccolo. Franco però cresce e alla fine gli si aprono gli occhi, Alberto gli appare banale, la sua vita gli si profila davanti, le sue letture cambiano, non ascolta più le canzonette, ora preferisce Chopin, gli studi lo portano lontano da casa, la sua vita ha inizio.
La lettura di questo breve testo è assai gradevole, ha l’immediatezza e la freschezza di una scrittura non eccessivamente modellata o cesellata, appare al lettore come una descrizione di sensazioni, così come il protagonista le ha vissute, usando spesso un linguaggio vagamente familiare, come il vezzo, assai varesotto, di porre l’articolo prima dei nomi propri. Dalla lettura di questo libro si può non solo immaginare, ma quasi vedere la vita del giovane Franco, e con lui milioni di altri giovani di tutte le epoche scoprire quel dono bellissimo che è l’amore e non poterlo urlare al mondo come sarebbe più giusto; la repressione della società già esercita il suo nefasto influsso sui cuori e sulle menti infantili, e riesce, in alcuni casi (non in questo, per fortuna) a creare dei traumi e delle paure tremende, iniettando negli omosessuali stessi il letale virus dell’omofobia. Pensiamo a quanti misteriosi suicidi adolescenziali appaiono sui giornali, i quali invece che dai brutti voti sono causati dall’omofobia presente in tutti gli ambienti, a cominciare dalla famiglia sino alla scuola, ambienti che anziché far crescere e formare i giovani, cominciano ben presto a discriminarli e a farli vivere nell’angoscia. Oltre al “Reperto 74” costituiscono il libro altri 5 brevi racconti, dalla tematica giovanile o di formazione, scritti con uno stile un po’ più maturo, rispetto al primo racconto, ma che di esso hanno il gusto un po’ acerbo dei primi sentimenti, del fresco, giovanile sentire e tinti delle luci dell’aurora di una vita che l’autore si accingeva a vivere e portare in pieno sole. Sono certo che la lettura di questo libro potrà far rivivere a molti momenti quasi dimenticati e ad altri farà capire molte cose, e per tutti sarà lettura assai gradevole, come il fermarsi un attimo a sfogliare un vecchio album di fotografie, magari un po’ sbiadite ma nelle quali non è difficile scorgere le persone che siamo diventati.
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