Pubblicato il 03/07/2013 23:18:59
Sprofonderà l’odore acre dei tigli nella notte di pioggia. Sarà vano il tempo della gioia, la sua furia, quel suo morso di fulmine che schianta. Rimane appena aperta l’indolenza, il ricordo di un gesto, d’una sillaba, ma come d’un volo lento d’uccelli fra vapori di nebbia. E ancora attendi, non so che cosa, mia sperduta; forse un’ora che decida, che richiami il principio o la fine: uguale sorte, ormai. Qui nero il fumo degli incendi secca ancora la gola. Se lo puoi, dimentica quel sapore di zolfo e la paura. Le parole ci stancano, risalgono da un’acqua lapidata; forse il cuore ci resta, forse il cuore.
(da "Giorno per giorno", Mondadori, 1947, vedi https://plus.google.com/105526232309342080663/posts)
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