[ Intervista a cura di Maria Musik ]
*
Ho incontrato Antonello De Sanctis su myspace dove mi sono allocata, senza merito alcuno, per seguire i progressi di un amico cantautore. Sin dai primi scambi, ho avuto l’impressione di trovarmi di fronte ad un uomo portatore di belle emozioni, sentimenti e valori e, almeno per la sua storia personale ed artistica, particolarmente attento alle persone. Mi è piaciuto per la sua passione, per la coscienza della propria professionalità abbinata ad una giusta dose di umiltà e per la sua autoironia (deliziosa la complice competizione con la giovanissima figlia, scrittrice emergente). Nasce da questo casuale incontro l’intervista che segue e che spero vi farà conoscere meglio l’autore delle parole di canzoni che hanno attraversano gli anni di tutti noi, giovani e, ancor di più, adulti e dei due libri: “
Non ho mai scritto per Celentano”, No Reply, Collana Velvet, 2007, e “
Oltre l’orizzonte”,
No Reply, Collana Velvet, 2010, quest’ultimo è il suo nuovo romanzo.
DOMANDA. Cominciamo con una domanda d’obbligo per permettere a chi leggerà l’intervista di contestualizzare le tue risposte. Potresti, in breve, tracciare la tua biografia/storia?
RISPOSTA. Sono nato a Rieti e, fino ai quattro anni, mi hanno tirato su i nonni. Quella cittadina rugginosa, il Velino che scorreva sotto casa e che guardavo per ore, mi hanno insegnato la riflessione e l’introspezione. La curiosità ce l’avevo già del mio. A quasi cinque anni sono tornato a Roma dai miei genitori, ho iniziato la scuola e ho studiato con passione fino a quando, verso i quindici, hanno fatto irruzione nella mia vita la musica – il rock si prese l’anima della mia generazione – e le ragazze. E così la scuola è passata in secondo piano. Per tre anni ho lavorato in commedie musicali di Garinei e Giovannini, poi ho cantato in club privati, ho fatto l’assicuratore, il disoccupato, il direttore di un ristorante… Nei primi 70 ho sostenuto un provino come cantante alla Rca e lì mi hanno consigliato di appendere l’ugola al chiodo e di provare a scrivere dei testi. Ho ottenuto un buon successo nell’intero decennio ma negli 80, per irrequietezza e voglia di nuove esperienze, ho abbandonato la penna e mi sono dedicato al sociale. Nei 90 ho ripreso a fare il paroliere per fame e recuperata voglia di dire e adesso scrivo libri. È un mestiere che mi appassiona e penso sia l’ultimo cambio di rotta di questa mia vita incasinata, fatta di craniate e qualche soddisfazione, ogni tanto.
DOMANDA. Leggendo la tua biografia si evince un legame indissolubile con la parola. Cosa ha significato per te, quando è avvenuto il “primo incontro”? È un rapporto nato per caso o volutamente costruito e perseguito nel tempo?
RISPOSTA. Ho iniziato ad amare la duttilità delle parole da quando ho apprezzato la rotondità delle vocali e delle consonanti a fronte dell’impalato ripetersi delle aste. Sono le parole che hanno cercato me, non trovandomi in molti casi.
DOMANDA. Parliamo di Antonello De Sanctis come paroliere. Quando hai cominciato?
RISPOSTA. Correva il 1971 quando scrissi “Padre davvero”, il mio primo testo di un certo rilievo. Il brano fu affidato all’intensità di una quasi debuttante Mia Martini e suscitò grande scalpore perché scalfiva il perbenismo di facciata che ancora imperava in quegli anni. Mimì ed io avemmo l’onore delle prime pagine di molti quotidiani. Incassammo apprezzamenti e critiche, la censura della RAI e sfiorammo addirittura un’interrogazione parlamentare. Il tempo ci ha reso giustizia, mi pare.
DOMANDA. In genere sono i cantanti e/o i musicisti a cercare te o ti proponi a quelli che pensi potrebbero meglio interpretare i tuoi testi? Quali sono i testi più importanti della tua carriera? Quali hai amato di più e quali ti hanno portato maggior successo?
RISPOSTA. In genere sono i cantanti a cercarmi. Tra i testi che ho amato di più, oltre al citato “Padre davvero”, sceglierei “Col tempo imparerò” sempre interpretato da Mimì e uscito postumo e “In te”, canzone interpretata da Nek nel Sanremo del 93. Anche questa suscitò reazioni a non finire perché i media vollero interpretarla come un brano reazionario e antiabortista. Maggiore successo commerciale hanno riscontrato “Anima mia” dei Cugini di Campagna, “Bella dentro” di Paolo Frescura, “Tu mi rubi l’anima” dei Collage, “Figli di chi” di Mietta, “Laura non c’è” e “Lascia che io sia” di Nek e molti altri che non sto a ricordarti per brevità.
DOMANDA. Qualche rimpianto od occasione mancata?
RISPOSTA. Occasioni mancate, quante ne vuoi. Rimpianti nessuno. Ho sempre provato ad andare avanti rispettando la mia natura, con l’obiettivo di non farmi stritolare dalle logiche di qualsivoglia sistema. Ho provato a essere un uomo libero, insomma.
DOMANDA. Sempre rispetto all’attività di paroliere, qual è il sogno nel cassetto di Antonello De Sanctis?
RISPOSTA. Quel mestiere mi ha dato molto e molto ha tolto alla mia voglia di spaziare al di là dei limiti di una metrica e di precisi obiettivi commerciali. Ho una grande voglia di togliermi da questa gabbia e provare l’ebbrezza di un viaggio solitario, così scrivo libri e mi prendo i rischi che questa mia scelta comporta considerando la perdurante crisi dell’editoria libraria.
DOMANDA. Quando e perché hai cominciato a pensarti come scrittore?
RISPOSTA. È la mia naturale vocazione credo e penso sia arrivato il momento di darle spazio, anche perché scrivere un romanzo è terapeutico e mi riappacifica con me stesso.
DOMANDA. Quali sono i generi letterari che preferisci?
RISPOSTA. Quelli che mi arrivano dentro, di qualsiasi tipo essi siano. Sono molti i libri che abbandono prima della decima pagina, molti altri invece mi coinvolgono al punto che li rileggo cento volte.
DOMANDA. Quali sono i tuoi autori preferiti? Fra i poeti chi prediligi?
RISPOSTA. Amo Hemingway e Bukowski. Tra i poeti, Prévert e Neruda.
DOMANDA. Quale rapporto tra poesia e musica?
RISPOSTA. La poesia è. Vive in perfetta autonomia e basta a se stessa. I testi delle canzoni sono vincolati da molti condizionamenti, ma non li considero poesie minori. Sono poesia popolare, diciamo, nel senso più nobile di questa accezione.
DOMANDA. Perché “Non ho (hai) mai scritto per Celentano”?
RISPOSTA. Non mi è mai capitato di incontrarlo, sinceramente. Non mi ha mai cercato né io ho mai cercato lui. Del resto, Adriano si è sempre circondato di autori e compositori di talento e le nostre distanze non hanno certamente nuociuto alla sua pluriennale carriera.
DOMANDA. Parlaci del tuo ultimo libro “
Oltre l’orizzonte”,
No Reply, Collana Velvet, un romanzo. Ci sono componenti autobiografiche?
RISPOSTA. Il romanzo ha molto di autobiografico. Parlo di tre figli che si riuniscono intorno alla madre, affetta da un grave tumore ai polmoni, per aiutarla a combattere la malattia e affido al personaggio di Matteo le mie emozioni. Emozioni che ho provato sulla pelle perché Marta, la protagonista della storia, era mia madre.
DOMANDA. Nei nostri precedenti scambi mi hai segnalato la decisione di destinare parte dei proventi alla ricerca sul cancro. La tua scelta da cosa è motivata? Puoi illustrarci il tuo pensiero sul fenomeno di abbinare l’adesione a campagne umanitarie alla pubblicazione di un libro piuttosto che di un CD o ad uno spettacolo?
RISPOSTA. La risposta alla tua domanda sta in quello che ti ho accennato prima. Hai ragione, un libro non ha lo stesso appeal di un CD o di uno spettacolo ed è forse meno vendibile. Ma ha una sua particolare dignità e poi ho voluto seguire una strada solitaria, senza che nessuno mi dicesse “Accelera” o “Frena”. Ora il romanzo è affidato alla gente e la gente risponde quando è chiamata a sostenere una buona causa. E poi è un gran bel libro, lasciamelo dire. Per sgomberare il terreno da qualsiasi dubbio di una bieca operazione promozionale, voglio chiarire una cosa: da questo lavoro, alla fine, né io né l’editore trarremo utili. La ricerca forse sì, se saranno in molti a leggermi.
DOMANDA. Ci siamo incontrati su myspace, la tua campagna di diffusione viaggia molto su Internet. È una scelta che dipende dal considerare questo mezzo come il più efficace per fare marketing o ci sono altri motivi?
RISPOSTA. Pubblico con un piccolo editore e non mi chiamo Umberto Eco. Internet è una grande strada da seguire, con tutte le incognite che si porta dietro. Ma io ci credo ed è per questo che affido in gran parte al web la diffusione di Oltre l’orizzonte seguendo personalmente i miei contatti. Mi sostengono tre mie amiche – Antonella, Erica e Marta – che hanno creato una pagina su face book intitolata al romanzo. Sono molto presente lì e, libro o non libro, amo approfondire le mie nuove conoscenze virtuali. "La vita, amico, è l'arte dell'incontro" ebbe a dire il grande Vinicius De Moraes.
DOMANDA. Hai visitato il nostro sito www.larecherche.it. Come lo giudichi? Cosa vorresti dire agli autori, più o meno affermati, che a vario titolo lo “abitano”?
RISPOSTA. Sono innamorato del vostro sito. Sa di libertà e adoro la vostra battaglia a favore degli editori e degli scrittori “invisibili”. Agli autori affermati faccio il mio in bocca al lupo, ai meno conosciuti dico di insistere, affinarsi, scavare nei luoghi più sconosciuti delle loro anime e insistere, insistere, insistere.
DOMANDA. Quali progetti per il futuro?
RISPOSTA. Scrivere ancora romanzi, con l’obiettivo di stabilire con i lettori le stesse consonanze che si sono create con gli oltre venti milioni di amici, sparsi nel mondo, che hanno amato le mie canzoni.
*
Grazie.