Nonostante l’incuria e la solitudine,
L’albero del mandarino non ha dimenticato di accendere
La sua cupola verde di fiammelle.
I rami dei fichi hanno già piccoli frutti destinati
Alla luce estiva ed alla festa degli uccelli golosi.
Strano che anche il futuro sia per noi un ricordo.
Già le rose canine anneriscono il sentiero
Con macchie rotonde e vacillanti.
Già alle dieci del giorno i frammenti di noi stessi
Si sono sparpagliati sulla tappezzeria di un vecchio divano.
Ascolta Mozart, concerto n. 23, ovvero le parole non dette
Che però stavano tutte dentro il petto
E aspettavano una primavera ideale per sbocciare.
Solo che mi hai lasciata al buio,
Solo che mi hai staccato la lingua con un morso.
Solo che il passato pesa come una pietra
Con la sua durezza silenziosa.
E tu conosci Vinteuil? Piaceva tanto a Proust
La ricerca del tempo perduto, quello che
Immaginiamo stipato tra queste mura.
Quando le finestre contro la siepe verde
Facevano da specchio
Al movimento dei corpi
Nella luce intima della casa.
Quando starsene seduti sui gradini
Era il piacere di sentirsi semplicemente vivi
Come lucertole immobili nel sole.
Così ti ricordi di tutto, ancora?
Adesso con le spalle contro il muro
Sappiamo quanto è duro
Guardarsi con quello sguardo obliquo
In cui il presente entra pensieroso nel tempo del tempo.
C’è ancora quella pianta che ha gli stessi anni del nostro amore
C’era tanto vento che ci stormiva già sulla testa,
E la notte la guardammo come una figlia in difficoltà.
Così pensiamo. Così asciughiamo i cuori umidi.
Che vuoi, le cose andate non sempre cadono via.
Girano nella testa trascinate dalla nostalgia.
Non dimenticare di riascoltare
Il concerto numero 23 di Mozart.
Specialmente l’andante.
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