Pubblicato il 06/06/2013 21:09:06
Non si può soffocare a lungo un amore. Lo si può ritardare questo sì per vari comodi o per estreme deludenti sensazioni ma alla fine trionfa. Lo si può nascondere con violenza per anni o con indifferenza lo si può pietosamente subire e soffrire in silenzio ma alla fine trionfa. E’ un plagio istintuale rapace che ci assale serenamente ci opprime. Così accadde a noi tanti anni fa. Dopo il fulmine cercammo storditi umanamente il sereno il refrigerio del distacco sperammo a lungo con passione nella morte dell’altro adducendo l’imprevedibile trincerandoci ostili a combatterlo armati di nuove prove e insormontabili difficoltà. Ma l’ultimo appuntamento sarà inesorabile più delle nostre vili paure. Come tanti anni fa riaccadrà.
Quando sarò morto e dopo un mese appena come denso muco color calce e cemento mi colerà il cervello dagli occhi se mi si prende per la testa (l’ho visto fare a un mio cane disseppellito per amore o per strapparlo ai vermi) per favore non dite niente ma che solo si immagini la mia vita come io l’ho goduta in compagnia dell’odio e del vino. Per un verme una lumaca avrei dato la vita: tante ne ho salvate quando ero presente sciorinando senza vergogna l’etichetta della pazzia con l’ansia favolosa di donare. Per favore non dite niente.
Non ti credo ma c’è chi giura che esisti, forse non ti so cercare o rassegnarmi a cadere e tu giochi a nasconderti non ti fai trovare, sembriamo due strani innamorati ma io ti sento qui alle mie spalle, a volte mi sento toccare.
Quad. XIX, 12
(tratto da "Canzoniere della morte", a cura di Maria Corti, Einaudi, 1999, http://www.nazioneindiana.com/2013/06/04/i-poeti-appartati-salvatore-toma/)
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