Panim - un incontro (*)
Mi dico che non posso contenere il cielo. La notte è così grande con tutto il suo nero. Nel giorno si prende forma, nonostante mi sembri impossibile che delle alghe possano muoversi, parlare, discutere, arrabbiarsi, amarsi – oh questo in modi così buffi! Ci si può entrare dentro da varie aperture, volendo, con diversi suoni .
Comunque. Comunque qualsiasi cosa sia, il fatto è che bisogna andare, da qualche parte si deve andare. Se si sa questo si sa che stare fermi in realtà è come andare. Non è tanto il pensiero che conta qui, quanto piuttosto l’incastro. Infatti tutto è come racchiuso in un contenitore, come quando metti dei sassetti o dei vetrini in una scatola e poi scuoti, per sentire che rumore fa. Solo che c’è anche una parte liquida - da noi - e se si scuote si fa dei danni all’insieme. Poi c’è il fatto del tempo. Lo so, tu non lo vedi, ma c’è lo stesso, ce l’abbiamo addosso, sì perché il corpo cambia, e in peggio, nel senso che diventa più debole e più molle, con le pieghe. Per le cose accade più o meno lo stesso, anche se certe durano moltissimo, come i sassi. Ah, una cosa importante è che a un certo punto – ma non si sa quando - si smette. Cioè uno che prima c’era non c’è più. Come quando si gioca a nascondino: scompare. Solo che il corpo puzza e bisogna toglierlo, metterlo via, in delle scatole di legno che vengono infilate nella terra, ma adesso si fa di meno questo, perché di terra non ce n’è più molta a disposizione, allora va bene anche infilarli in degli spazi dentro ai muri. Ma secondo me è meno bello, sembra più scomodo. Comunque non è che uno prima di smettere ha solo respirato o fatto cose a caso come gli pareva. Beh qualcuno sì, ma la maggior parte hanno dovuto fare certe cose - si chiamano qui "lavori" - per poter per esempio avere una casa o dei vestiti o il mangiare, allora uno fa delle cose e gli vengono dati dei soldi. Prima non si chiamavano proprio "soldi" ma era all’incirca lo stesso. Un’altra cosa buffa sono le guerre: della gente ammazza altra gente, o butta giù case e paesi per avere più soldi. O più pezzi di terra, ma anche solo per comandare più degli altri, o perché quello in cui crede sia creduto anche da tutti gli altri. Ma è più che altro per sentirsi importanti che lo si fa. Questa cosa, di credere, si vede dalle chiese, che si chiamano in vari modi a seconda dei posti e delle lingue, comunque servono tutte per andarci e fare dei gesti speciali tutti insieme, o anche dire insieme delle parole speciali - così Dio - adesso ti dico chi è - ascolta più volentieri. Dio è come un uomo o una donna, anche se è diverso, e ha tantissimi nomi ma non si vede, anche se c’è e sa tutto di tutto. Ma non può fare niente, solo guardare. Dopo che uno ha smesso, ha a che fare con lui o lei. Ma in realtà c'è chi dice che sia un po’ diverso da noi e questo lo sapremo solo dopo, appunto. Queste sono solo alcune cose da sapere se stai qui da noi. A poco a poco le conoscerai tutte. Stai attento al fuoco perché brucia, e all’acqua perché sembra che ci puoi respirare ma invece se ci vai tutto dentro non puoi. Inoltre non ti consiglio di stare in città perché è sporca, fa rumore e puzza - non come chi smette ma quasi - ma piuttosto di andare a stare in un bosco che è pieno di alberi e ci sono gli uccelli che fanno bei suoni. Però se in città il pericolo sono certi uomini, nel bosco ci sono bestie feroci, e in ogni caso devi stare molto attento. Prova un po’ qui un po’ là, e solo dopo scegli.
Adesso ti saluto, io abito qui. No, non è tutta mia questa grande casa con il parco, ognuno ha la sua stanza e in questo parco possiamo venire a passeggiare. Ma certi non possono. Io sono di quelli che hanno il permesso.
Ma aspetta ancora un momento! Lo senti? Il suono del vento voglio dire. Ti voglio confidare un segreto prima che tu te ne vada, so che non lo dirai a nessuno, sei diverso, tu, da tutti quelli intorno a me. Mi assomigli talmente che mi sembra di stare davanti a uno specchio, eppure tu sei così distante, non parli. Ascolti solo. Ma come ascolti! Il tuo viso è una luce dove sono accolte tutte le parole, anche quelle non dette, quelle che non si saprebbero mai dire. E' il viso che si vorrebbe avere di fronte dall'alba al tramonto, e oltre, perché è come l'acqua che prende la forma che le dai, e trema e oscilla a ogni minima vibrazione, a ogni palpitare . Dove abiti tu io non posso venire, lo so, ma quando smetto ti verrò a trovare, perché allora anche tu sarai tornato, e staremo sempre insieme, vero? No, non parlare, lo so che non puoi, cosa credi? Lo capisco il perché. Tu sai già tutto.
Anche il segreto del vento. E allora hai sentito cosa ci ha chiesto. Di tacere, perché nessuno, nessuno potrebbe capire.
Torna, così parliamo ancora, è bello parlare con te, sento che mi capisci. Ascoltiamo ancora un poco il vento. Ma ora vai.
* " “Panim” è un termine ebraico che significa “volto”. Nell’Antico Testamento “Panim” indica in genere il Volto di Dio, un volto da ricercare (“…cercate il mio Volto…” dice il Samo 27) ma anche un volto che irradia pace e benedizione (“il Signore rivolga verso di te il suo volto e ti dia la pace!" Nm 6, 26). Questo nome evoca il desiderio di essere ricercatori dell’Assoluto, della verità divina, che però va sempre coniugato con “il volto dell’altro” - secondo la celebre espressione del filosofo Levinàs - cioè un sapere attento all’uomo che, proprio in virtù di quel Volto paterno, è mio fratello."
Ho preso questa definizione da un sito che mi ha colpito, www.issrpesaro.it/. E' un sito religioso. A me interessa soprattutto il concetto di "volto" come ricerca dell'altro da sé, (e dell'Altro, vedi Lévinas ), come via d'uscita da una solitudine dolorosa, patologica nel senso di "pathos" - non in un senso colpevolizzante o definitorio. Nel raccontino ho voluto evidenziare una ricerca sofferta di senso, anche all'interno di un malessere esistenziale.
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