:: Pagina iniziale | Autenticati | Registrati | Tutti gli autori | Biografie | Ricerca | Altri siti ::  :: Chi siamo | Contatti ::
:: Poesia | Aforismi | Prosa/Narrativa | Pensieri | Articoli | Saggi | Eventi | Autori proposti | 4 mani  ::
:: Poesia della settimana | Recensioni | Interviste | Libri liberi [eBook] | I libri vagabondi [book crossing] ::  :: Commenti dei lettori ::
 

Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

Sei nella sezione Proposta_Articolo
gli ultimi 15 titoli pubblicati in questa sezione
gestisci le tue pubblicazioni »

Pagina aperta 3521 volte, esclusa la tua visita
Ultima visita il Sun Nov 17 09:08:31 UTC+0100 2024
Moderatore »
se ti autentichi puoi inserire un segnalibro in questa pagina

La villa di Arcore

Argomento: Politica

Articolo di (tratto da www.rioneventesimo.it) 

Proposta di Giuseppe Brenna »

« indietro | stampa | invia ad un amico »
# 1 commenti: Leggi | Commenta » | commenta con il testo a fronte »




Pubblicato il 18/04/2011 11:55:00

Roma, domenica 30 agosto del 1970, via Puccini n.9.
Il marchese Camillo Casati Stampa di Soncino, quarantatré anni, abbatte con un fucile da caccia la moglie Anna Fallarino, quarantun anni, e lo studente Massimo Minorenti, venticinque anni, suo amante; quindi si suicida.
Chi dei due coniugi è morto per ultimo?
Da un respiro dipende la destinazione dell’eredità (i giornali dell’epoca parlano di quattrocento miliardi di lire; per farci un’idea, una Fiat 128 si porta a casa con 970mila lire…) che comprende anche una sontuosa villa in Brianza, presso Arcore.
Se per ultima fosse morta Anna Fallarino, sua sorella e i genitori erediterebbero la loro parte.
Se per ultimo fosse morto invece il marchese, erediterebbe tutto la marchesina Annamaria, nata nel 1951 dal primo matrimonio con Letizia Izzo.
La sorella di Anna Fallarino è una buona conoscente di un giovane avvocato, Cesare Previti ; a lui l’incarico di patrocinare gli interessi dei Fallarino.
Le perizie medico-legali stabiliscono che l’ultimo a morire è stato il marchese, e di conseguenza tutto andrà alla giovane figlia Annamaria.
Ma Previti non esce per questo di scena. "Benché disponga del mandato per la tutela dei Fallarino", si propone alla marchesina Annamaria, che ne accetta l’assistenza legale.
C’è un problema però: Annamaria ha diciannove anni, quindi, per la legge dell’epoca, è minorenne.
Il Tribunale dei minori l’affida, lei consenziente, a un vecchio amico dei Casati, l’avvocato Giorgio Bergamasco, senatore liberale. Bergamasco tutore, Previti pro-tutore.

Sarà la sua rovina.

Sconvolta dalla tragedia, braccata dai giornalisti, Annamaria lascia l’Italia (vivrà stabilmente a Brasilia). Il 26 giugno 1971 il tutore Bergamasco, buon tributarista, presenta all’Ufficio delle imposte la denuncia di successione, inventario analitico dei beni ereditati dalla marchesina minorenne: valore dichiarato, compresi liquidi, titoli azionari, mobili e gioielli, 2 miliardi 403 milioni; che si riducono a un miliardo 965 milioni tolti i debiti, le tasse e le imposte da pagare. Compiuti i ventun anni il 22 maggio 1972, l’ereditiera è libera ormai di occuparsi delle proprie cosa da sé; ma per la difficoltà obiettiva di amministrare il patrimonio in Italia da Brasilia, crede di trovare una soluzione nominando il 27 settembre 1972 procuratore generale, "rimossa ogni limitazione di mandato", l’ex-tutore Bergamasco. L’ex-pro tutore Previti resta suo avvocato. Gli si rivolge nell’autunno del 1973 incaricandolo di vendere la villa di Arcore, "con espressa esclusione degli arredi, della pinacoteca, della biblioteca e delle circostanti proprietà terriere". Il compratore è presto trovato.

(clicca per ingrandire) Villa San Martino ad Arcore, vista parziale del parco
In una telefonata a Brasilia, Previti annunzia trionfante, e confidando nell’esultanza della marchesina, il nome dell’acquirente, il magnate Silvio Berlusconi: il prezzo? Un affarone.
Magari più per chi compra, che per chi vende: 500 milioni per una villa settecentesca di 3 mila 500 metri quadri, completa, in difformità dall’incarico, di pinacoteca con tele del Quattrocento e del Cinquecento, di biblioteca con diecimila volumi antichi e d’un parco immenso. Valutazione stimata intorno ai dieci miliardi di allora.
Un raggiro; tanto più che Berlusconi dilazionerà il pagamento negli anni, e le tasse continua a pagarle la marchesina.

Vediamo perchè (è dura da seguire...).
Il 4 maggio 1977 è costituita a Roma l’Immobiliare Idra, della galassia berlusconiana. Entrano nel collegio sindacale Umberto Previti e, sino al 28 giugno 1979, il figlio Cesare. Alla Immobiliare Idra sarà intestata la villa di Arcore. "Previti è sì l’avvocato di fiducia della venditrice marchesina Casati Stampa, ma, al tempo stesso, e all’insaputa della sua assistita, ha diretti interessi nel gruppo berlusconiano". L’atto pubblico di vendita innanzi a notaio è sottoscritto sei anni dopo la cessione, il 2 ottobre 1980. Rappresenta Annamaria, parte venditrice, il procuratore generale Bergamasco; rappresenta l’Immobiliare Idra, parte acquirente, il suo amministratore unico, Giovanni Dal Santo, commercialista prestanome.
Infatti, Il 21 marzo 1979, primo giorno di primavera, avviene un’operazione che ha per protagonista Dal Santo. La società Coriasco, controllata dalla fiduciaria Saf su mandato di Luigi Foscale (zio di SB, forse quello che gli portava Playboy dagli Staes?), attua un aumento di capitale di 2 miliardi di lire. La transazione avviene, anche questa volta, «franco valuta»: quel giorno è Dal Santo che, con una telefonata, dà ordine alla Saf di sottoscrivere l’aumento di capitale e fa pervenire alla fiduciaria (come risulta dagli appunti rintracciati nella sede della Saf) 2 miliardi in contanti, che poi vengono versati alla Cariplo e alla Banca Popolare di Novara, in cambio di due assegni circolari per 2 miliardi. La Saf li gira alla Coriasco, che così ufficialmente ha aumentato il suo capitale attraverso l’ingresso di due assegni, anche se in realtà l’operazione è avvenuta per contanti: Dal Santo, il primo giorno di primavera del 1979, attraverso Coriasco ha riciclato 2 miliardi di lire di cui si ignora la provenienza .
Il 29 giugno 1979 nelle Holding entrano 6 miliardi, per l’aumento di capitale delle Holding 1-6. Arrivano da due fonti: 4,8 miliardi da un soggetto non identificato; e 1,2 miliardi dalla Fiduciaria Padana (una società riconducibile al gruppo Berlusconi) che li riceve da Fininvest Roma in cambio di tre società fiduciariamente gestite da Riccardo Maltempo (un prestanome che lavorava in un’officina meccanica) e rappresentate da Giovanni Dal Santo.
Il 4 ottobre 1979 scatta l’operazione Ponte: arrivano 11 miliardi alle Holding 7-17, come prestito obbligazionario. I soldi partono dalla Ponte srl, passano per Saf, Holding 7-17, Fininvest, Italiana Centro Ingrosso srl, e con cinque giroconti ritornano alla società Ponte, rappresentata da Enrico Porrà, un invalido di 75 anni colpito da ictus.
Porrà risulta essere il titolare di altre sei o sette società, tra cui la Palina srl, una società fondata il 19 ottobre 1979 da lui e da Adriana Maranelli, una colf emiliana: altri prestanome... Porrà, quando c’è da firmare qualche documento, va dal notaio su una carrozzella spinta dai consulenti Fininvest.... Maranelli invece, contattata nel 2000 dai giornalisti del settimanale L’Espresso, ha dichiarato: «Fu la signora Itala Pala, presso cui ero a servizio, a chiedermi di firmare quelle carte nello studio del suo amico, il ragionier Marzorati, un consulente di Berlusconi. Mi dissero che non c’era niente di illecito e mi pagarono per farlo».
Presso l’abitazione della signora Pala erano domiciliate molte società, tra cui, appunto, la Ponte e la Palina (in onore alla padrona di casa?). Proprio la Palina il 19 dicembre 1979 è al centro di una delle operazioni più misteriose e ricche della storia berlusconiana. Quel giorno infatti Palina versa 27,68 miliardi di lire (oggi sarebbero circa 70 milioni di euro) alla Saf, che li trasferisce alle Holding 1-5 e 18-23, che li passano alla Finivest, che li paracaduta alla Milano 3 srl, che li restituisce alla Palina.
Un giro completo, e apparentemente vizioso. Con quale scopo? Anche in questo caso, è un circolo contabile chiuso. Rispetto ad altre operazioni circolari (quella del 7 dicembre 1978, quella della Ponte...), l’operazione Palina ha però una particolarità: abbiamo a disposizione qualche informazione in più. Sappiamo che i 27,68 miliardi dati alla Palina dalla Milano 3 risultano essere il pagamento di 2 mila azioni della Cantieri Riuniti Milanesi, amministrata da Marcello Dell’Utri. Una bella cifra, se si pensa che quelle stesse azioni erano state pagate dalla Palina, poche settimane prima, soltanto 4,26 miliardi: in pochi giorni, una gigantesca plusvalenza fatta in casa.
Le azioni erano state acquisite in parte (400 mila azioni) dall’Unione Fiduciaria, in parte (800 mila azioni) da una fiduciaria di nome Siraf, in parte (altre 800 mila azioni) da Annamaria Casati Stampa, la marchesina che aveva venduto, grazie ai buoni uffici di Cesare Previti, appunto la villa San Martino di Arcore e grandi terreni a Cusago. Proprio per quei terreni, la marchesina era stata pagata con le azioni della Cantieri Riuniti e, quando aveva chiesto di essere liquidata, nel novembre 1979, Palina le aveva pagato 1,7 miliardi di lire e poi aveva girato quelle azioni, insieme alle altre acquisite dalla Siraf e (per 860 milioni) dall’Unione Fiduciaria, alla Milano 3, realizzando una prodigiosa moltiplicazione del loro valore, almeno sulla carta.
Non ci sono sicurezze su chi ci sia dietro la Siraf, né dietro l’Unione Fiduciaria, società delle Banche Popolari. Si sa soltanto che i fissati bollati siglati da Giorgio Bergamasco, il tutore della marchesina Casati Stampa, fanno riferimento a passaggi d’azioni per 2,56 miliardi: la somma di quanto pagato ufficialmente alla marchesina più quanto dato all’Unione Fiduciaria. Ciò apre un’ipotesi: se anche le azioni vendute dall’Unione Fiduciaria fossero della marchesina, il pagamento reale dei terreni di Cusago sarebbe un po’ meno giugulatorio di quello che appare, perché ci sarebbe un’aggiunta di «nero». L’alternativa è che Anna Maria Casati Stampa, nelle mani del tutore ufficiale Giorgio Bergamasco e del tutore di fatto Cesare Previti, sia stata truffata. Come accadrà con la Villa di Arcore, pagata soltanto 500 milioni: a meno che anche qui non ci fosse una consistente parte in nero .
La villa settecentesca già residenza dei conti Giulini e dei marchesi Casati Stampa è così indicata nel rogito: "Casa d’abitazione con circostanti fabbriche rurali e terreni a varia destinazione".

Leggiamo cio’ che scrive Giovanni Ruggeri in “Gli affari del Presidente” (uno dei pochi libri che né il Cavaliere né altri abbiano MAI querelato....)

Il 2 ottobre 1980, a quasi sette anni dall’effettiva cessione dei beni, viene sottoscritto il rogito per la villa di Arcore e circostanti terreni. Ancora sotto la sapiente regia dell’avvocato Previti nel versatile ruolo di legale di fiducia della lontana "cedente" Annamaria Casati Stampa e di sodale affaristico dell’acquirente" Berlusconi-Fininvest, viene stipulato l’atto di compravendita repertato al n° 36110 del notaio milanese Guido Roveda.
"La signora Annamaria Casati Stampa di Soncino in Donà Dalle Rose [rappresentata dal procuratore senatore Giorgio Bergamasco] vende alla Società Immobiliare Idra srl [rappresentata dal signor Giovanni Dal Santo, amministratore unico della società] che acquista" la villa di Arcore e i circostanti possedimenti terrieri (oltre 200 mila mq); "Il prezzo della presente vendita è stato convenuto in complessive lire 500 milioni che la parte venditrice dichiara di aver prima d’ora ricevuto dalla parte acquirente alla quale rilascia corrispondente quietanza" - firmato: Giorgio Bergamasco (procuratore, a nome della "venditrice") e Giovanni Dal Santo (amministratore, per conto della "acquirente").
La valutazione di 500 milioni di lire "già pagate" per la tenuta e la principesca villa di Arcore è un macroscopico imbroglio, anche sotto l’aspetto del danno all’Erario. Infatti, subito dopo, la Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde riterrà la villa di Arcore una garanzia congrua per erogare un finanziamento di 7 miliardi e 300 milioni (fideiussione dell’Immobiliare Idra in favore della Cantieri Riuniti Milanesi), mentre il Monte dei Paschi di Siena, con quella stessa garanzia, accorderà un ulteriore finanziamento di 680 milioni alla Immobiliare Idra. Del resto, secondo una conoscente della marchesina Casati, "la somma di 500 milioni è il valore della sola Via Crucis del Luini in 14 quadri che pendevano nella quadreria della villa accanto a un Tintoretto e a un Tiepolo..." . Nel bilancio 1980 della Immobiliare Idra si leggerà che la società ha acquistato "una villa con parco, di notevole valore e prestigio, sita in Arcore, al prezzo storico di mezzo miliardo".
La "acquirente" Immobiliare Idra srl era stata costituita a Roma nel maggio 1977, e nel suo collegio sindacale figuravano sia Umberto Previti, sia Cesare Previti; il 28 giugno 1979, nel collegio sindacale della società era rimasto solo Previti senior - il dimissionario Previti junior, il mese successivo, sarebbe stato impegnato nella prima parte del berlusconiano "miracolo italiano" avente per oggetto i cespiti più ghiotti del patrimonio Casati Stampa situati a Cusago e di proprietà della sua assistita.
L’atto notarile del 2 ottobre 1980, che sancisce ufficialmente l’acquisizione di una parte del patrimonio Casati Stampa di Arcore da parte del gruppo Fininvest (villa e tenuta delle quali, come si è visto, Berlusconi già dispone di fatto e personalmente da circa sette anni), è stato preceduto di pochi giorni da una provvidenziale "coincidenza": il 12 settembre, infatti, il Comune di Arcore aveva deliberato la destinazione urbanistica di una parte dei terreni oggetto della compravendita.
Con questa sfacciata "transazione", il poliedrico avvocato Previti arriva a eguagliare i più mirabolanti sortilegi di matrice berlusconiana: aliena una parte del patrimonio della sua assistita Annamaria Casati in favore di una società Fininvest nella quale è parte suo padre e nella quale è stato parte lui stesso.
Ma il 2 ottobre 1980, il notaio Guido Roveda autentica anche un secondo atto di compravendita: riguarda tutti i superstiti possedimenti terrieri di Arcore dei Casati Stampa non compresi nel primo rogito, che vengono ceduti sottoforma di "permuta" a una società del gruppo Fininvest, la Immobiliare Briantea srl (rappresentata dall’amministratore unico Giovanni Bottino - un prestanome residente a Milano 2).
Nel documento è scritto infatti che "il senatore Bergamasco, nella sua veste di procuratore generale di Annamaria Casati, cede alla Immobiliare Briantea srl tutti i residui beni posseduti dai Casati Stampa a Arcore: circa 70 ettari di terreni agricoli, parte dei quali consistenti in poderi a coltura intensiva e per il resto in appezzamenti seminativi, prati, boschi e pascoli, comprese le cascine e tutti i fabbricati rurali sovrastanti". Come già l’anno prima per i beni di Cusago, anche in questo caso la transazione non avviene per denaro, bensì attraverso un "permuta" truffaldina: in cambio dei possedimenti terrieri, infatti, la Immobiliare Briantea srl "trasferisce a titolo di permuta alla signora Annamaria Casati Stampa di Soncino in Donà Dalle Rose numero 55.000 azioni del valore nominale di lire 1.000 ciascuna, della Infrastrutture Immobiliari spa, con sede a Milano, via Rovani 2 [...]. I beni permutati hanno il complessivo valore di lire 250 milioni. Egualmente le 55.000 azioni della Infrastrutture Immobiliari spa hanno il valore di lire 250 milioni, per cui non si fa luogo ad alcun conguaglio". Poiché il capitale sociale della Infrastrutture Immobiliari spa è di 400 milioni, l’importo di 250 milioni attribuiti alla transazione equivale al 62,5. per cento del capitale della società "acquirente"; ma la vittima del raggiro, la "cedente" e ignara Annamaria Casati, non acquisisce affatto la maggioranza della Infrastrutture Immobiliari spa: gli artefici del raggiro attribuiscono infatti alle 55.000 azioni un valore equivalente al 13,75 per cento del capitale sociale - in pratica, azioni senza mercato di una società sconosciuta e inattiva vengono valutate dagli stessi interessati quattro volte e mezzo il loro valore nominale...
Artefice-regista della sconcertante operazione è come sempre l’avvocato Previti: grazie a lui, infatti, i superstiti e ingenti beni terrieri di Arcore della sua assistita vengono in pratica regalati in cambio del simbolico importo di 250 milioni (cioè 357 lire al metro quadro), somma non già in denaro bensì sottoforma di cartacee "azioni" della vacua e oscura Infrastrutture Immobiliari spa, azioni del tutto prive di valore certo e che saranno anzi fonte di grane per la vittima del raggiro; beneficiaria del "regalo" è una società del gruppo Fininvest, gruppo del quale l’avvocato Previti è parte. La società Infrastrutture Immobiliari era stata costituita a Roma il 30 dicembre 1977, e nel 19781a Fininvest Roma ne aveva assunto il controllo. Nel 1980, poco prima della "operazione permuta" a danno di Annamaria Casati, il capitale sociale era stato portato a 400 milioni, e il solito Luigi Restelli ne era stato nominato amministratore unico.
Subito dopo la "casa di abitazione" pagata mezzo miliardo a rate sarà ritenuta dalla Cariplo garanzia congrua per un finanziamento di 7 miliardi 300 milioni (fidejussione dell’Immobiliare Idra in favore della Cantieri Riuniti Milanesi: da Berlusconi a Berlusconi) e dal Monte dei Paschi di Siena per un ulteriore finanziamento di 680 milioni all’Immobiliare Idra.
L’orfana, tra l’altro, chiese al Cavaliere di darle almeno il dipinto raffigurante la madre (la casa fu venduta ammobiliata) e sua Emittenza gentilmente accondiscese. Purtroppo, ad oggi, il dipinto è dove stava 30 anni fa.
La somma stabilita da Previti per far rilevare al suo importante cliente la villa in questione - già di per sè irrisoria se rapportata al vero valore dell’immobile - non è quindi mai stata pagata alla sventurata orfana Casati, in quanto il suo avvocato e pro-tutore Cesare Previti, al tempo stesso avvocato dell’acquirente SB, la convinse che l’importo non le venisse versato ma che fosse utilizzato per pagare le tasse di successione....
La ragazza ci ha creduto ed ha quindi ceduto la villa.
Verificare se in effetti l’acquirente SB abbia realmente versato quella tassa di successione è quasi surreale (oltretutto la tassa di successione non esiste più...)

Conclusione : la villa in questione SB l’ha avuta praticamente gratis.


 



« indietro | stampa | invia ad un amico »
# 1 commenti: Leggi | Commenta » | commenta con il testo a fronte »

I testi, le immagini o i video pubblicati in questa pagina, laddove non facciano parte dei contenuti o del layout grafico gestiti direttamente da LaRecherche.it, sono da considerarsi pubblicati direttamente dall'autore Giuseppe Brenna, dunque senza un filtro diretto della Redazione, che comunque esercita un controllo, ma qualcosa può sfuggire, pertanto, qualora si ravvisassero attribuzioni non corrette di Opere o violazioni del diritto d'autore si invita a contattare direttamente la Redazione a questa e-mail: redazione@larecherche.it, indicando chiaramente la questione e riportando il collegamento a questa medesima pagina. Si ringrazia per la collaborazione.