Il simbolismo francese, la Generazione del ’27, l’avanguardismo ispanoamericano, furono le strade principali su cui la poesia pura fece il proprio ingresso nelle isole delle Antille. Ma ciò che rende questi poeti dominicani autori di grandissimo interesse è il loro essere la punta di un iceberg, un apice ricettivo capace di accogliere tutto quello che, da Poe e Baudelaire, fino a Verlaine, Mallarmé e Valéry, a Jimenez ed i suoi discepoli, e poi Huidobro, era stato pensato, teorizzato, discusso, scritto e diffuso. La poesia pura non è soltanto una nuova estetica letteraria, originale, spiazzante, distruttiva, è una forma di pensiero poetico che, come un discorso tramandato da bocca a bocca, da generazione in generazione su scala mondiale, è infine approdato agli angoli più caldi dell’oceano; essa consiste in un’eredità sacra, rivelatrice, frutto delle più grandi menti del passato; un cammino eternamente e auspicalmente percorribile.
Un movimento poetico dell’arte per l’arte, dove la poesia, per sua natura indecifrabile, rimanda ad un occulto infinito, ad un’altra realtà inconoscibile con pienezza da parte dell’uomo, del poeta, ciononostante capace di stregarlo. Una poesia che maschera dietro l’apparente semplicità dello stile un’acuta ricercatezza formale, che esalta la musicalità del linguaggio, come dichiara Verlaine nella sua Art poétique; o che sottolinea l’importanza di crearne uno nuovo, autonomo, basato sul suggerimento musicale dato da un’idea, racchiusa nella parola stessa, astrazione di una realtà concreta atta a produrre un effetto nel componimento e delle sensazioni nel lettore (Mallarmé). O ancora, come teorizza Valéry, una poesia espressa nel suo stato puro, primordiale, nella quale l’effetto puro si realizza mediante un processo selettivo - depuratore finalizzato ad eliminare tutti gli elementi prosaici, superflui; con Huidobro infine il rigore poetico, l’ansia d’infinito, e il tentativo di creare mondi autonomi, si condensano nel suo creazionismo, dove: ‘La primera condición del poeta es crear, la segunda crear, y la tercera crear’.[1]
La mia dimestichezza con la lingua spagnola, la conoscenza diretta della Repubblica Dominicana, oltre che un vivo interesse per una certa poesia – la quale attraverso un cammino tutt’altro che prestabilito mi ha condotto proprio qui – sono stati gli elementi fondamentali ai quali si deve la nascita di questo libro che per la prima volta affronta autori inediti in Italia. E che vuole testimoniare la ricchezza letteraria di un paese.
Ho voluto condurre questa antologia attraverso un percorso che iniziasse con due poeti fondamentali del simbolismo francese, e con quelle poesie che considero fra le più rappresentative della loro produzione. Oltre a Baudelaire e Verlaine quindi ho tradotto un esponente della Generazione del ’27 spagnola, Gerardo Diego, e un poeta cubano, Regino Pedroso, per infine soffermarmi sulla poesia sorprendida dominicana.
[1] Da una celebre conferenza tenuta a Buenos Aires nel 1916.
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