Dolci pendii dei tetti!
Rosei taluni come dei guanciali
su cui le diafane nubi
abbiano impresse le tenere gote;
altri sanguigni come torchi
di tramonti e d'aurore,
come ceppi per le serali
decapitazioni del sole;
altri nerastri come letti
della funebre notte;
altri madreperlacei come
se la chiocciola della luna
v'abbia lasciata la sua scìa luminosa.
Vecchie vele tignose
conciate dal sole e dall'intemperie,
in secca in un canale senza uscita,
valanghe immobili di neve nell'inverno,
lividi sgocciolatoi
del pianto tedioso
della pioggia autunnale,
logori asciugatoi
dei crepuscoli violetti.
Con le loro ventarole di latta,
con i loro galletti inverniciati
che montano la guardia giorno e notte,
con le indorate baionette
inastate dei parafulmini,
coi loro bianchi e grigi campanili
che sbucan qua e là sottili,
paracarri di mistici confini:
incombono i bigi tetti.
Una verde speranza d'edera
s'ostina su una gronda;
un glicine dispone lungo un muro
la sua solitaria uva gioconda.
Alla sera, sui tegoli rossi,
a due a due come suore,
fanno la loro scalza passeggiata
le colombe soffuse di pallore;
mentre sopra i leggii degli abbaini
i gatti scorticano l'acrobatica
musica delle stelle
con i loro epilettici violini.
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