Si alza ogni mattina alle sei, e già ha odore di caffelatte
E di uova fritte in tegamino
Se ne sta a fumare tra i capelli sontuosi e spettinati
Che cadono come fiotti
Neri verso il centro del petto, i cerchi del fumo
Attorno alla bocca come gli anelli di Saturno nel cielo.
E’ giovane, la pelle levigata di ciottolo fluviale, spesso canta.
Vagano da una gronda all’altro le rondini come suorine dentro un chiostro
Che garriscono preghiere tra le colonnine tortili come serpenti tentatori.
E poi ci pensano i bambini a dissipare il colore del sonno
Con grida cristalline e pianti purché qualcuno li consoli,
Con una parola cara, un toccare d’amore.
Emerge anche l’albero dal vaso di terracotta
Mostrando i rametti fioriti
E quel suo fare inconsistente che comincia a crescere
Ed alzarsi ineluttabilmente verso l’alto senza sapere
Perché e come affrontarlo.
I fiori sono odorosi, bianchi, ma appena li porta via il vento,
E’ come non fossero mai esistiti,
Poiché tanto piccolo è il loro peso da innamorare il nulla.
La signora del quarto piano scuote le coperte
Con quei tonfi gravi che fanno nell’aria le stoffe damascate
E le lascia a ciondolare dalla ringhiera
Ancora odorose di notte e dell’intimo dei corpi
Come sipari sulla scena oblunga del cortile:
Un motore incatenato al palo di ferro rugginoso,
Il bianco squallore del cemento,
I colombi che fanno flap ansiosamente con l’ali,
Una vasca piena d’acqua piovana che per me prepara
Un’interruzione di questo tempo, qui.
C’erano i pesci rossi, l’amica d’infanzia bionda e bianca come la luce,
Che rideva dentro lo specchio dell’acqua,
Tra ciuffi tremanti di capelvenere,
Mentre con le mani sperimentava la fuga dei corpi scintillanti,
L’inabissarsi del desiderio, il frantumarsi di un volto tenero.
Maggio 2013
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